Pensavamo di aver assistito a tutto, televisivamente parlando, ma quando un comico decaduto ha preso parola in un talk domenicale l’altro giorno ne abbiamo sentite delle belle. Nel salotto di Barbara D’Urso c’è chi protesta per i tradimenti altrui, ma anche chi ce l’ha coi chirurghi che tagliano peni (sì, avete letto bene purtroppo).
Ed ecco che, come per le elezioni in Sicilia dove trionfa Forza Italia, è subito un tuffo nel 2001, quando oggi si leggono i dati d’ascolto della tv italiana. Un programma morto e dato per spacciato come il Grande Fratello fa sfaceli. Una Domenica In posata e “vecchia guardia” è invece a rischio chiusura.
L’onda anomala che poi colpisce esperimenti riusciti e osannati fino a 10 mesi fa come quello di Mika è del tutto inspiegabile. Il cantante anglo-libanese è spassoso con quel pizzico di autocelebrativo che può infastidire, d’accordo. Ma affossarlo perché a stento supera il 7% di share, quando porta un inedito giro d’Italia in prima serata con tanto di spazio all’opera che nessuno tocca da noi, è troppo.
Il dibattito che queste incongruenze pop scatenano è ampio. Ma rivela soprattutto un impoverimento dell’educazione al bello per cui siamo famosi all’estero. Il brutto non dovrebbe essere assecondato. Mai più repack di dischi col flavour of the moment come fa in questi giorni il blasonato Tiziano Ferro. Mai più interviste compiacenti come ha fatto Maurizio Costanzo al risorto Silvio nazionale. E soprattutto, non vergogniamoci di essere la nicchia che il bello lo sostiene. Anche se non in voga.
Figlio degli anni 70, colonna del newsfeed di The Way, nasce come giornalista economico, poi prestato alla musica e infine convertito al racconto del lifestyle dei giorni nostri. Ossessionato dal tempo e dall’essere in accordo con quello che vive, cerca il buono in tutto e curiosa ovunque per riportarlo. Meridionale italiano col Nord Europa nel cuore, vive il contrappunto geografico con serenità e ironia. Moda, arte e spettacoli tv anni 80 compongono il suo brunch preferito.
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Luce della Montagna, a cura di Filippo Maggia, prodotta dalla Fondazione Brescia Musei e da Skira, è una mostra appena
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Commenti e opinioni
L’imBARBARimento tv non ci rallegra
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L’imBARBARimento tv non ci rallegra
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L’imBARBARimento tv non ci rallegra
Pensavamo di aver assistito a tutto, televisivamente parlando, ma quando un comico decaduto ha preso parola in un talk domenicale l’altro giorno ne abbiamo sentite delle belle. Nel salotto di Barbara D’Urso c’è chi protesta per i tradimenti altrui, ma anche chi ce l’ha coi chirurghi che tagliano peni (sì, avete letto bene purtroppo).
Ed ecco che, come per le elezioni in Sicilia dove trionfa Forza Italia, è subito un tuffo nel 2001, quando oggi si leggono i dati d’ascolto della tv italiana. Un programma morto e dato per spacciato come il Grande Fratello fa sfaceli. Una Domenica In posata e “vecchia guardia” è invece a rischio chiusura.
L’onda anomala che poi colpisce esperimenti riusciti e osannati fino a 10 mesi fa come quello di Mika è del tutto inspiegabile. Il cantante anglo-libanese è spassoso con quel pizzico di autocelebrativo che può infastidire, d’accordo. Ma affossarlo perché a stento supera il 7% di share, quando porta un inedito giro d’Italia in prima serata con tanto di spazio all’opera che nessuno tocca da noi, è troppo.
Il dibattito che queste incongruenze pop scatenano è ampio. Ma rivela soprattutto un impoverimento dell’educazione al bello per cui siamo famosi all’estero. Il brutto non dovrebbe essere assecondato. Mai più repack di dischi col flavour of the moment come fa in questi giorni il blasonato Tiziano Ferro. Mai più interviste compiacenti come ha fatto Maurizio Costanzo al risorto Silvio nazionale. E soprattutto, non vergogniamoci di essere la nicchia che il bello lo sostiene. Anche se non in voga.
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