Al 430 di Kings Road, nel quartiere di Chelsea, Vivienne Westwood diede una moda da indossare ai reietti della società che si facevano chiamare Punk. L’inghilterra degli anni Settanta con lei conobbe la rivoluzione stilistica più incisiva del secondo dopoguerra, più distruttiva e dirompente dei Mods o dei Beatles. Perché il Punk non solo si identificava con un’iconografia riconoscibile, ma era anche soprattutto un’attitudine alla vita. E per questo sopravvisse nei decenni alla scalata discografica fulminea dei Sex Pistols.
Con Malcolm McLaren, morto nel 2010, Westwood fondò non solo un marchio di moda, ma anche un’etica di business che dalla strada di una metropoli si replicava facilmente nel mondo. Dall’insegna “Let It Rock” al motto “Too Fast To Live, To Young To Die”, il loro store nell’area posh di Londra divenne provocatoriamente “Sex”. E lì si raggruppavano tutti i disobbedienti, una folla variopinta e a tratti autodistruttiva, che in nuce fondò le basi per tutti i movimenti giovanili di protesta dagli anni Settanta in poi.
Quando il Punk finì nel 1978, ma i suoi semi furono gettati ovunque nel corso del decennio successivo, Westwood si riprese la linea creativa del suo brand e con la collezione “pirate” nel 1981 introdusse per prima in una sfilata il concetto che oggi chiameremo “fluido”, addobbando i suoi modelli con orpelli new romantic e riferimenti pirateschi che crearono il giusto distacco col nichilismo dei punk.
Col tempo anche Westwood raggiunse miti consigli, impegnandosi personalmente per la causa ambientalista e non vendendo mai meno al suo insegnamento primario: “Gravitare sempre attorno a situazioni dove si può imparare qualcosa”.
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Commenti e opinioni
Come Vivienne Westwood ha cambiato lo stile
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Come Vivienne Westwood ha cambiato lo stile
Al 430 di Kings Road, nel quartiere di Chelsea, Vivienne Westwood diede una moda da indossare ai reietti della società che si facevano chiamare Punk. L’inghilterra degli anni Settanta con lei conobbe la rivoluzione stilistica più incisiva del secondo dopoguerra, più distruttiva e dirompente dei Mods o dei Beatles. Perché il Punk non solo si identificava con un’iconografia riconoscibile, ma era anche soprattutto un’attitudine alla vita. E per questo sopravvisse nei decenni alla scalata discografica fulminea dei Sex Pistols.
Con Malcolm McLaren, morto nel 2010, Westwood fondò non solo un marchio di moda, ma anche un’etica di business che dalla strada di una metropoli si replicava facilmente nel mondo. Dall’insegna “Let It Rock” al motto “Too Fast To Live, To Young To Die”, il loro store nell’area posh di Londra divenne provocatoriamente “Sex”. E lì si raggruppavano tutti i disobbedienti, una folla variopinta e a tratti autodistruttiva, che in nuce fondò le basi per tutti i movimenti giovanili di protesta dagli anni Settanta in poi.
Quando il Punk finì nel 1978, ma i suoi semi furono gettati ovunque nel corso del decennio successivo, Westwood si riprese la linea creativa del suo brand e con la collezione “pirate” nel 1981 introdusse per prima in una sfilata il concetto che oggi chiameremo “fluido”, addobbando i suoi modelli con orpelli new romantic e riferimenti pirateschi che crearono il giusto distacco col nichilismo dei punk.
Col tempo anche Westwood raggiunse miti consigli, impegnandosi personalmente per la causa ambientalista e non vendendo mai meno al suo insegnamento primario: “Gravitare sempre attorno a situazioni dove si può imparare qualcosa”.
Foto di apertura dalla mostra “Fashion in motion” al V&A Museum di Londra.
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admin
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