Burberry, MSGM, Volvo ed Ensurance. Ricordatevi questi marchi perché nel mese di lancio di The Way Magazine, febbraio 2016, stanno facendo cose che probabilmente avranno effetto per la comunicazione dei prossimi anni.
Ci siamo accorti della clamorosa coincidenza e ve la raccontiamo per com’è, a modo nostro, svelandovi i fatti e puntando a una riflessione condivisa, come vogliamo che queste pagine web siano. I social media diventano una (temuta?) risorsa per il marketing globale in un modo rivoluzionario.
Volvo, il brand automobilistico svedese, ha iniziato l’anno scorso di questi tempi, sfruttando la potenza dei social media durante la notte americana del Superbowl 2015 senza spendere ma facendo leva sui propri fan digitali. In poche parole, l’auto europea ha sfruttato il buzz collettivo della sterminata platea del football invitanto tutti a twittare quando c’erano gli spot dei concorrenti (pagati fino a 5 milioni di dollari per 30 secondi) con questo hashtag: #volvocontest. La lezione è stata imparata da Ensurance, casa americana di assicurazioni, che nel pre-game del 2016 qualche settimana fa ha avuto circa 2,5 milioni di tweet senza piazzare spot, ma solo lanciando un premio tra i twitter maniacs di 250mila dollari.
Quello che interessa alle aziende, dunque, è l’engagement online, più che la pubblicità mainstream e difficilmente targetizzata di uno spot tv. Non la pensa così però il brand fashion MSGM, guidato dall’italiano Massimo Giorgetti, che nell’invito alla sfilata milanese di questo mese ha fatto scrivere di non guardare i vestiti dallo schermo ma con i propri occhi. Stando a questo invito, bisognerebbe aspettare l’estate per rivelare i capi sui propri account, cioè aspettare che la collezione arrivi nei negozi. Un po’ come ha fatto Jacquemus in Francia, mandando in passerella donne in topless in modo da garantirsi un ban da Instagram.
Burberry invece ha annunciato negli stessi giorni che rivoluzionerà il suo calendario sfilate per venire incontro alle esigenze dei propri clienti. Solo due sfilate all’anno, senza stagionalità e senza differenza tra uomo e donna. I fan del marchio inglese sono globe-trotters che non sanno che farsene della differenza tra generi o temperature. Stanno sempre in giro a diverse latitudini del mondo. E soprattutto non vogliono aspettare di comprare cose che hanno visto 4 mesi prima. Quindi le collezioni del marchio andranno in distribuzione il giorno dopo averle viste in passerella. La fase pionieristica iniziata nel 2009 con Art of the Trench continua, dunque.
In qualunque modo la si veda, questa rivoluzione dei tempi svela in definitiva una sola verità: il tempo dell’era digitale non può che essere il futuro, il guardare avanti, l’abbracciare il nuovo. E chi tenta di arrestare il cambiamento, secondo noi che grazie all’apertura del digitale siamo nati, sta prendendo un grosso rischio.
Commenti e opinioni
Il tempo del digitale è solo il futuro
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Burberry, MSGM, Volvo ed Ensurance. Ricordatevi questi marchi perché nel mese di lancio di The Way Magazine, febbraio 2016, stanno facendo cose che probabilmente avranno effetto per la comunicazione dei prossimi anni.
Ci siamo accorti della clamorosa coincidenza e ve la raccontiamo per com’è, a modo nostro, svelandovi i fatti e puntando a una riflessione condivisa, come vogliamo che queste pagine web siano. I social media diventano una (temuta?) risorsa per il marketing globale in un modo rivoluzionario.
Volvo, il brand automobilistico svedese, ha iniziato l’anno scorso di questi tempi, sfruttando la potenza dei social media durante la notte americana del Superbowl 2015 senza spendere ma facendo leva sui propri fan digitali. In poche parole, l’auto europea ha sfruttato il buzz collettivo della sterminata platea del football invitanto tutti a twittare quando c’erano gli spot dei concorrenti (pagati fino a 5 milioni di dollari per 30 secondi) con questo hashtag: #volvocontest. La lezione è stata imparata da Ensurance, casa americana di assicurazioni, che nel pre-game del 2016 qualche settimana fa ha avuto circa 2,5 milioni di tweet senza piazzare spot, ma solo lanciando un premio tra i twitter maniacs di 250mila dollari.
Quello che interessa alle aziende, dunque, è l’engagement online, più che la pubblicità mainstream e difficilmente targetizzata di uno spot tv. Non la pensa così però il brand fashion MSGM, guidato dall’italiano Massimo Giorgetti, che nell’invito alla sfilata milanese di questo mese ha fatto scrivere di non guardare i vestiti dallo schermo ma con i propri occhi. Stando a questo invito, bisognerebbe aspettare l’estate per rivelare i capi sui propri account, cioè aspettare che la collezione arrivi nei negozi. Un po’ come ha fatto Jacquemus in Francia, mandando in passerella donne in topless in modo da garantirsi un ban da Instagram.
Burberry invece ha annunciato negli stessi giorni che rivoluzionerà il suo calendario sfilate per venire incontro alle esigenze dei propri clienti. Solo due sfilate all’anno, senza stagionalità e senza differenza tra uomo e donna. I fan del marchio inglese sono globe-trotters che non sanno che farsene della differenza tra generi o temperature. Stanno sempre in giro a diverse latitudini del mondo. E soprattutto non vogliono aspettare di comprare cose che hanno visto 4 mesi prima. Quindi le collezioni del marchio andranno in distribuzione il giorno dopo averle viste in passerella. La fase pionieristica iniziata nel 2009 con Art of the Trench continua, dunque.
In qualunque modo la si veda, questa rivoluzione dei tempi svela in definitiva una sola verità: il tempo dell’era digitale non può che essere il futuro, il guardare avanti, l’abbracciare il nuovo. E chi tenta di arrestare il cambiamento, secondo noi che grazie all’apertura del digitale siamo nati, sta prendendo un grosso rischio.
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Christian D'Antonio
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