15 Marzo 2016

La street art da lotta a simbolo di ricchezza

15 Marzo 2016

La street art da lotta a simbolo di ricchezza

15 Marzo 2016

La street art da lotta a simbolo di ricchezza

La street art è sempre più controversa e genera controversie, ravvedimenti, dubbi e soprattutto scatena opinioni. Quando lo street style è diventato mainstream negli anni 80 (partendo dai muri di Nyc e Chicago), il fenomeno sembrava relegato al massimo a qualche video di Mtv, nessuno si sarebbe immaginato il livello di mania che avrebbe raggiunto.

Oggi viviamo in un mondo iper-commercializzato in cui anche i graffiti sono diventati degli affari. Se Banksy può arrivare a costare 20 milioni di dollari (ma chi si porta un pezzo di muro con un topo a casa?), Obey (aka Shepard Fairey) si è fatto strada dal design alla campagna elettorale del primo Obama, fino ad arrivare alla concessione di licenze per le t-shirt col suo marchio.

Dove sta il pensiero-contro, il sovversivismo del messaggio, il fuck-the-system con cui molti street artist della prima ora condivano le proprie opere? Forse è svanito, forse si è adattato ai tempi. L’irriverenza dei graffiti ora ispira una nuova economia, muove un turismo underground per ammirare i muri prima che si sgretolino, alimenta un voyeurismo digitale in cui gli artisti si vantano di aver fatto il colpaccio notturno.

Poi però salta alla ribalta Blu, l’artista di Bologna, che la notte prima della tentata commercializzazione dei suoi graffiti, si è preso la briga di andare a cancellarli tutti. Forse integralista, forse obbediente alla sua coerenza di artista di rottura. “Finché i ricchi e i potenti si approprieranno dei murales, Blu non farà più niente a Bologna”, pare abbia detto furioso l’artista.

BLue Bologna Street art
Blue cancella se stesso dai muri di Bologna.

Che l’establishment si avvicini a quello che sembrava fino a ieri indecoroso, è un’indicazione dello status che la street art ha raggiunto. La sfuriata di Blue era contro una fiera d’arte che voleva “preservare dalle incurie le opere di strada“. Proprio perché figlia del suo tempo, dovremmo ricordarci che la street art è caduca, fragile, vive nella memoria dei selfie digitali e poi può anche scomparire. Alcuni protagonisti vogliono la propia arte a servizio di tutti, altri la commercializzano, altri la vendono ai galleristi per far fortuna. La ricchezza però non sta nell’acquistare la street art, nel detenerla. Ma nel meccanismo riabilitativo che esercita nei luogi emarginati, nell’abbellimento estetico che colora i nostri frenetici tragitti metropolitani. E nell’essersi già presa una globale rivincita storica: non erano solo scarabocchi.

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Christian D'Antonio

Christian D'Antonio

Figlio degli anni 70, colonna del newsfeed di The Way, nasce come giornalista economico, poi prestato alla musica e infine convertito al racconto del lifestyle dei giorni nostri. Ossessionato dal tempo e dall’essere in accordo con quello che vive, cerca il buono in tutto e curiosa ovunque per riportarlo. Meridionale italiano col Nord Europa nel cuore, vive il contrappunto geografico con serenità e ironia. Moda, arte e spettacoli tv anni 80 compongono il suo brunch preferito.
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