“Famous for being famous” li bollava sin dagli anni 60 Daniel J. Boorstin. Erano comprimari della vita pubblica senza particolari meriti artistici o intellettivi che finivano sui giornali. L’autore che aveva teorizzato una cultura della celebrità spinta dai mass media e fondata sul nulla, ha visto una vasta rappresentazione reale delle sue teorie negli ultimi decenni. Con la prima edizione del Grande Fratello in Olanda negli anni 90 la voglia di apparire senza qualità aveva contagiato in men che non si dica tutto il mondo. E dopo l’inevitabile flessione di interesse, e un esercito di dimenticati dalla tv-spazzatura, tutto ci aspettavamo fuorché dover parlare ancora di reality show nel 2022.
E invece appena c’è un momento di calo di popolarità, arriva subito un nuovo reality a soccorrere naufraghi di celebrità e spettatori orfani di emozioni forti. Da noi Il Grande Fratello VIP, con la formula che accosta affamati di fama e famelici di attenzioni da riconquistare, sfiora i 4 milioni di telespettatori a puntata (ma per fortuna gli italiani sono 60 milioni, ricordiamocelo). Ed è già la sesta volta che lo si ripete (ma la formula è vecchia di 20 anni) e viene da pensare che evidentemente una generazione alla volta si rispecchia in questi meccanismi.
Certo, rispetto al 2000 di Taricone e company, oggi c’è la spinta dei social. In Italia il GFVIP è uno dei pochi programmi che proprio dal chiacchiericcio sui social media trae linfa e giovamento, sia per gli aspirational (quelli che ci vogliono entrare a tutti i costi, perché alla fine è quello che muove lo spettatore), sia che per gli osservatori/opinionisti. Basta guardare una puntata (ok, se non ce la fate, perdonatevi) per capire che in fame di fama spesso i (tantissimi) opinionisti superano i protagonisti.
Mentre in America sono messi più o meno uguale a voyeurismo: è notizia di pochi giorni fa che la famiglia più “spiata” degli States torna con The Kardashians ad aprile su Disney Plus (foto d’apertura).
A 15 anni dalla prima volta, una nuova serie offre un accesso completo alle vite di Kris, Kourtney, Kim, Khloé, Kendall e Kylie che tornano davanti alle telecamere per rivelare la verità che si cela dietro ai titoli dei giornali. Per cosa erano i titoli? Per il fatto di essere stati tutti in un reality. Dalle intense pressioni per la gestione di affari da un miliardo di dollari (patrimonio che si auto-alimenta con scandali sui media) ai momenti più divertenti del tempo libero e del rientro da scuola dei bambini (wow). La verità sotto i riflettori, insomma, paga. E il fenomeno inedito oggi è che siccome ci si sente tutti un po’ influencer, gli spettatori di questi programmi di intrattenimento (ma un balletto, un musical, no?) prendono parte alla discussione in modo “pubblico”, cercando di agganciare attraverso il web i protagonisti di queste soap orchestrate per la tv. Ma anche e soprattutto si immedesimano nei sentimenti che vedono rappresentati in televisione. Perché l’unica cosa che è rimasta uguale per tutti è proprio il “sentire”. E basta “sentire” in pubblico per guadagnare. Sì, sentimenti e soldi nella stessa frase, lo avete appena letto. È il reality, bellezza.
Commenti e opinioni
Morto un reality se ne fa un altro
L'insostenibile voglia di spiare le vite altrui alla base del successo (continuo) della tv popolare. Che si alimenta adesso anche di voglia di emulazione.
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Morto un reality se ne fa un altro
L'insostenibile voglia di spiare le vite altrui alla base del successo (continuo) della tv popolare. Che si alimenta adesso anche di voglia di emulazione.
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Morto un reality se ne fa un altro
L'insostenibile voglia di spiare le vite altrui alla base del successo (continuo) della tv popolare. Che si alimenta adesso anche di voglia di emulazione.
“Famous for being famous” li bollava sin dagli anni 60 Daniel J. Boorstin. Erano comprimari della vita pubblica senza particolari meriti artistici o intellettivi che finivano sui giornali. L’autore che aveva teorizzato una cultura della celebrità spinta dai mass media e fondata sul nulla, ha visto una vasta rappresentazione reale delle sue teorie negli ultimi decenni. Con la prima edizione del Grande Fratello in Olanda negli anni 90 la voglia di apparire senza qualità aveva contagiato in men che non si dica tutto il mondo. E dopo l’inevitabile flessione di interesse, e un esercito di dimenticati dalla tv-spazzatura, tutto ci aspettavamo fuorché dover parlare ancora di reality show nel 2022.
E invece appena c’è un momento di calo di popolarità, arriva subito un nuovo reality a soccorrere naufraghi di celebrità e spettatori orfani di emozioni forti. Da noi Il Grande Fratello VIP, con la formula che accosta affamati di fama e famelici di attenzioni da riconquistare, sfiora i 4 milioni di telespettatori a puntata (ma per fortuna gli italiani sono 60 milioni, ricordiamocelo). Ed è già la sesta volta che lo si ripete (ma la formula è vecchia di 20 anni) e viene da pensare che evidentemente una generazione alla volta si rispecchia in questi meccanismi.
Certo, rispetto al 2000 di Taricone e company, oggi c’è la spinta dei social. In Italia il GFVIP è uno dei pochi programmi che proprio dal chiacchiericcio sui social media trae linfa e giovamento, sia per gli aspirational (quelli che ci vogliono entrare a tutti i costi, perché alla fine è quello che muove lo spettatore), sia che per gli osservatori/opinionisti. Basta guardare una puntata (ok, se non ce la fate, perdonatevi) per capire che in fame di fama spesso i (tantissimi) opinionisti superano i protagonisti.
Mentre in America sono messi più o meno uguale a voyeurismo: è notizia di pochi giorni fa che la famiglia più “spiata” degli States torna con The Kardashians ad aprile su Disney Plus (foto d’apertura).
A 15 anni dalla prima volta, una nuova serie offre un accesso completo alle vite di Kris, Kourtney, Kim, Khloé, Kendall e Kylie che tornano davanti alle telecamere per rivelare la verità che si cela dietro ai titoli dei giornali. Per cosa erano i titoli? Per il fatto di essere stati tutti in un reality. Dalle intense pressioni per la gestione di affari da un miliardo di dollari (patrimonio che si auto-alimenta con scandali sui media) ai momenti più divertenti del tempo libero e del rientro da scuola dei bambini (wow). La verità sotto i riflettori, insomma, paga. E il fenomeno inedito oggi è che siccome ci si sente tutti un po’ influencer, gli spettatori di questi programmi di intrattenimento (ma un balletto, un musical, no?) prendono parte alla discussione in modo “pubblico”, cercando di agganciare attraverso il web i protagonisti di queste soap orchestrate per la tv. Ma anche e soprattutto si immedesimano nei sentimenti che vedono rappresentati in televisione. Perché l’unica cosa che è rimasta uguale per tutti è proprio il “sentire”. E basta “sentire” in pubblico per guadagnare. Sì, sentimenti e soldi nella stessa frase, lo avete appena letto. È il reality, bellezza.
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Christian D'Antonio
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