L’ironia non l’abbandona mai anche quando in palestra si fa una foto e scrive sul suo Instagram “l’esercizio preferito è il selfie”. Fabio Marelli è una radio personality conosciuta da tutti che non ha reticenze di mostrare al pubblico dei social il suo quotidiano. La sua fascia di presidio è su Discoradio ogni giorno (dalle 15 alle 18) e non perde occasione di ripetere che la sua vita è un sogno. Giovincello da Spinetta Marengo (Alessandria) a 13 anni si è avvicinato al microfono sognando i grandi palinsesti delle radio milanesi. A Milano ci è arrivato e ha presentato anche un Pride davanti a migliaia di persone, oltre che realizzare un altro sogno: scrivere un libro.
Oggi vogliamo che racconti a The Way Magazine la sua quotidianità appena trascorsa, quella che ha vissuto durante il lockdown. Da impeccabile professionista, è andato a lavoro ogni giorno (preferibilmente in bici) in un momento storico epocale.

Caro Fabio, sei stato una delle voci costanti della quarantena degli ascoltatori radio. Cosa ti è rimasto di più di questa esperienza?
Sicuramente un’altra esperienza importante. Nel ’94, avevo da poco iniziato a trasmettere in una radio della mia città, ci fu l’alluvione che colpì il Piemonte e il mio compito era infornare e tenere compagnia a chi aveva nella radio l’unico mezzo di compagnia. Allora si andava a pile se la luce andava via, e le persone cambiavano le batterie della loro radio per continuare ad ascoltarci. I tempi e l’emergenza sono diversi ma anche durante questa emergenza mi porto dentro l’affetto di tanti, anche nuovi, ascoltatori.
Straordinaria radio. Ancora nel 2020 cambia pelle, si adatta ma non lascia sole le persone. Ti sei mai chiesto come?
Ora con lo streaming, le app e il satellite si arriva ovunque. È stato intenso continuare a trasmettere dalla sede della radio, a Milano città, dal momento che trasmettevamo senza tecnico ma facendoci autoregia come fanno molte radio americane. Ricorderò per sempre le torce dei cellulari e le canzoni ai balconi durante i flashmob che iniziavano alle 18, e io a quell’ora uscivo dalla radio ed ero l’unico che pedalava in quella Milano dalle strade mentre le persone applaudivano e urlavano o cantavano. È un’immagine, ma anche un suono, che non si cancellerà mai dalla mia mente.


Hai mai avuto paura per te e i tuoi cari?
Certo. I miei ormai sono grandicelli. I giorni, le settimane, i mesi passavano senza poterli vedere, visto che vivono in Piemonte e le regioni italiane erano chiuse. Poi, quando ho saputo che non ce l’aveva fatta il padre di una mia amica che non ha potuto più nemmeno salutarlo un’ultima volta, beh, capisci che nessuno è davvero “immune”. Che può capitare a tutti. A te, a loro.
L’emergenza secondo te ha cambiato i rapporti tra le persone?
Credo che siamo diventati fisicamente più distanti ma forse più vicini ma che non tutti hanno affrontato l’emergenza allo stesso modo. Per farti capire, anche quando si poteva iniziare ad uscire, io e il mio compagno non abbiamo voluto comunque vedere i nostri amici inizialmente. Qualcuno questa nostra decisione, almeno inizialmente, non l’ha presa molto bene…
Come ha cambiato la radio?
Ah per me in meglio. O meglio, la radio ha saputo far fronte all’emergenza, a differenza della tv che inevitabilmente mandava in onda programmi di anni prima, restando collegata sempre in diretta agli ascoltatori. Noi, a differenza della maggior parte delle altre radio, non trasmettevamo da casa, perché per motivi tecnici questo per noi voleva dire andare in onda in “differita” registrando qualche minuto prima gli interventi da casa. Per garantire la diretta non abbiamo mai smesso, con le dovute regole da rispettare, di andare in sede. Eravamo pochissimi, tre persone in turno in tutta la sede.

Capivi in quei momenti di essere al centro di qualcosa di unico, difficile ma anche in qualche modo storico?
Era strano, non era la solita radio, ma fuori usciva ugualmente la stessa voglia di tenere compagnia a un pubblico che, anzi, si è dimostrato ancora più “connesso” grazie ai social, che nel mio caso usavo per andare live mentre ero in onda. In pratica attivavo una diretta nella diretta. La radio sa trasformarsi, ma resta sempre fedele a se stessa e alla sua missione di tenere compagnia. Quando ne hai bisogno è sempre lì.
Ora si parla di tormentoni estivi. Pensi che sia adeguato parlare di queste cose? Il pubblico ha bisogno di evasione?
Pensavo sarebbe stata dura per gli artisti che li sfornano ogni anno riuscire nell’impresa, e invece, da “Karaoke” a “Mediterranea”, il grande successo che hanno avuto questi singoli dimostra che le persone hanno voglia di normalità, una nuova normalità, ma di andare avanti come se niente fosse. Credo sia umano e credo sia stato fatto un grande sforzo da parte degli artisti, che mai come quest’anno non avranno il solito contatto “fisico” coi loro fan.
Tu come hai percepito i mutamenti della tua professione? Hai avuto attestazioni di maggiore affezione proprio per lo straordinario momento che abbiamo vissuto?
La radio è cambiata ma è rimasta fedele a se stessa. Grazie al web ora abbiamo nuovi ascoltatori che ci ascoltano da diverse parti d’Italia ma anche dall’estero, dove il segnale non arriva. In questo periodo le persone avevano bisogno di essere “ascoltate” e l’hanno fatto ascoltando la radio ma anche partecipando attivamente, dai social ai messaggi che arrivavano, non più dalle autoradio durante il lockdown, ma dalle loro abitazioni.

Sui tuoi seguitissimi social spesso ti si vede all’aperto, nella natura. Un tema molto attuale, quello di ritrovare la dimensione naturale. Cosa ti piace della natura e cosa ti piace della città?
Amo Milano, il mio obiettivo era vivere qui, perché la radio sta qui. Milano sta alla radio come Roma sta al cinema. Se vuoi che la radio diventi un lavoro e vivere di quello, devi spostarti dalla provincia. A me è successo e penso di essere stato molto fortunato. Ho trovato tra l’altro il mio compagno qui e vivo con lui da ormai oltre 12 anni e grazie anche a lui, che condivide con me la voglia di fare e uscire, anche se io devo essere stimolato a uscire dalla pigrizia, stiamo scoprendo ora, dopo le pedalate che facevamo e che continuiamo a fare, anche quanto sia bello camminare e “perdersi” per i sentieri di montagna. Il sedere ringrazia, e forse anche la prova costume.
Se dovessi dare un consiglio a un giovane che ora vuole iniziare il tuo mestiere?
Gli direi di trovare il modo di fare radio nelle piccole radio locali. Anche a Milano ci sono realtà interessanti. Si possono frequentare corsi per mettersi alla prova. Ai miei tempi avevo fatto un corso di dizione al C.T.A. Di Milano, venivo apposta da Alessandria una volta a settimana. E poi suggerisco di registrarsi, riascoltarsi, sempre e tanto. Migliorando le cose che danno fastidio e tenendo buone quelle che meglio esprimono e fanno emergere la personalità. Anche in una radio come Discoradio, dove i ritmi di conduzione sono serrati, la personalità è fondamentale. Poi, certo, serve pure un pizzico di fortuna ma crei più che altro la voglia e la costanza. Quando ti senti pronto invia una demo Rapids che in pochi minuti ti rappresenti. Se c’è trippa, i gatti arrivano.
Se dovessi dare un consiglio a un autore che ora deve scrivere una canzone pop?
Gli direi di non farsi influenzare da quel che già c’è in giro ma, un po’ come nel caso di chi vuole fare lo speaker, presentare qualcosa che lo rappresenti davvero. Non sono un discografico ma un radiofonico e tutto il resto lo ignoro, ma credo che anche in questo settore, come in tutti alla fine, se hai qualcosa da dire, se ti differenzi dagli altri ma se gli altri si riconoscono in te, c’è una speranza per tutti. Se sei bravo so o sicuro che prima o poi qualcosa succede. Magari non arrivi a Sanremo, ma l’importante è avere un obiettivo. Provare a raggiungerlo e poi magari superarlo.
Di cosa non ti stancherai mai?
Che bella domanda. Sai che subito ti risponderei che sono nato stanco…ma alla fine so che non mi stancherò mai di cercare il modo di comunicare alle persone. Di essere vero, sforzarmi sempre di essere me stesso. Anche il libro che ho scritto è stato un bel banco di prova. Trasmettere ciò che sei è un grande privilegio, se poi c’è anche un riscontro, nel mio lavoro non hai bisogno di altro.
Quest’anno è andato così. Come ti immagini il tuo 2021?
Non potrà che essere migliore del 2020.