Rudy, che influenza ha avuto il Libano nella formazione del tuo immaginario estetico?
Sicuramente ha influenzato molto, ho fatto tutta l’infanzia in Libano fino all’università. Non riesco a individuare nello specifico un elemento, ma senz’altro sono parte di me l’atmosfera mediterranea, la vista costante del mare, i colori. Sopratutto quelli unici dell’alba e del tramonto libanese, che hanno contribuito molto alla mia formazione estetica.
Quando sei arrivato in Italia hai cercato di capire le similitudini tra i paesi, la mediterraneità che ci accomuna?
Assolutamente sì e ne ho trovate tante. Grazie ad esse sono riuscito ad adattarmi velocemente, a 18 anni da solo, in un paese straniero. Penso sia un istinto di sopravvivenza cercare le cose familiari quando sei fuori dalla propria comfort zone.
Che città preferisci qui in Italia? Cosa ti ha colpito?
Dal punto di vista estetico la città che mi ha colpito di più è stata Palermo. Penso che sia la mia città preferita in assoluto. La sua energia, la bellezza dei suoi palazzi ricchi ma decadenti, l’atmosfera nelle strade, il gioco di luce e penombra quando la percorri la rendono unica.
Cosa sapevi dell’architettura italiana e cosa ti ha sorpreso?
Ho scoperto l’Italia a 9 anni durante un viaggio con i miei genitori. Per me è stato un colpo di fulmine, durante quel viaggio avevo già deciso che mi ci sarei trasferito. E cosi è andata. Otto anni dopo ero a Venezia per fare l’università, un’altra città che amo e che considero casa.
Secondo te un paese con una grande tradizione ingombrante nell’arte, nell’architettura, nella cultura in generale, favorisce lo sviluppo di nuove forze innovatrici?
L’enorme patrimonio culturale italiano è indubbiamente una forza unica per quanto riguarda l’arte e la cultura. Per quanto riguarda l’architettura invece a volte rappresenta anche un handicap per la creatività. Le città italiane sono piene di capolavori accumulati durante i secoli, questo rende i progettisti di oggi a volte insicuri quando devono progettare in zone urbane. Per non parlare anche delle autorità locali che devono rilasciare i permessi. L’Italia, ma un po’ meno Milano, giustamente è rimasta un po’ più statica da questo punto di vista rispetto ad altri paesi europei.
Quali sono gli elementi che prediligi quando fai un progetto?
Avendo una formazione da architetto e non da interior designer, la mia priorità rimane sempre la corretta distribuzione degli spazi e la proporzione dei volumi. Quando una pianta funziona bene i materiali, le finiture e gli arredi diventano dei dettagli. Il nostro ruolo da professionisti è di rendere lo spazio sopratutto funzionale, mantenendo la poesia. Nell’era di Instagram purtroppo questo esercizio sta diventando sempre più raro.
Come ti dividi il lavoro con Riccardo Boccia, il tuo socio in Lit Studio?
Siamo abbastanza complementari. Ci rendiamo conto ogni giorno di più in cosa ognuno riesce a dare maggiormente rispetto all’altro. Lit, oltre a strizzare l’occhio allo slang americano, è una crasi non solo linguistica ma soprattutto culturale tra Libano e Italia, due paesi simili in molti aspetti ma diversi in altri. Anche su questo si basa la nostra partnership.
L’esperienza con Armani: che tipo di attenzioni ci vogliono per realizzare i negozi di quella portata nel mondo?
I negozi oggi più di prima devono trasmettere un messaggio. Devono innanzittutto rispecchiare il DNA del brand e l’immagine che il brand vorrebbe dare per i successivi 5 o 6 anni. Poi ovviamente, il punto vendita deve funzionare commercialmente, quindi c’è un calcolo economico che bisogna rispettare. Inoltre nel retail design il committente è un creativo e bisogna essere in grado di tradurre la sua filosofia estetica in architettura.
Cosa di quel mondo porti con te?
La velocità nel capire le necessità del cliente e tradurrle in progetto in poco tempo e in un determinato budget. La moda è un settore che va molto veloce.
La tua casa a Milano è già pubblicatissima e ammirata: come hai scelto il quartiere e cosa ti ha colpito della zona?
Chinatown é stato il quartiere che ho conosciuto per primo quando sono arrivato Milano nel 2006, lavoravo da Dordoni Architetti che ha gli uffici in quella zona. Sono rimasto subito affascinato dal mix unico del quartiere: vivaci residenti di origine cinese, disecreti intellettuali sessantotini, giovani boho della Milano bene, creativi del cinema e pubblicitá, fashionisti, recentemente attirati dalla recente apertura di showroom e fondazioni culturali)…tutto questo è Chinatown! Ho acquistato la prima casa nel 2008, poi rinnovato il mio amore per il quartiere spostandomi in questa attuale due anni fa.
Che interventi hai fatto per il posto in cui vivi?
La disposizione delle stanze è stata ristudiata completamente adattando lo spazio ai miei bisogni, ma mantenendo lo spirito della struttura di inizio secolo mixandolo con arredi contemporanei, quasi tutti disegnati su misura.
Ti piacciono i trend delle ristrutturazioni? Li segui?
Nel residenziale tendiamo sempre a seguire una linea classica, pulita semplice e fuori da tendenze. Rispetto a un negozio o a un locale pubblico la casa deve durare tutta la vita. Diamo grande valore alle richieste dei clienti, ogni progetto è la sintesi tra la nostra sensibilità e quella del cliente, siamo felici quando l’immagine finale di un appartamento riesce a diventare lo specchio di chi la abita.
Foto dei progetti: LitStudio
Foto di apertura e foto di Rudy: Laura Fantacuzzi, Maxime Galati-Fourcade
Styling di : Giulia Taglialatela