13 Ottobre 2016

Recupero di design, il Clubhouse Brera: “Smartworking in un palazzo dell’800”

Parla Laura Stecich, l’architetto che ha curato il progetto per Copernico a Milano: "Così ho rigenerato uno spazio polifunzionale".

13 Ottobre 2016

Recupero di design, il Clubhouse Brera: “Smartworking in un palazzo dell’800”

Parla Laura Stecich, l’architetto che ha curato il progetto per Copernico a Milano: "Così ho rigenerato uno spazio polifunzionale".

13 Ottobre 2016

Recupero di design, il Clubhouse Brera: “Smartworking in un palazzo dell’800”

Parla Laura Stecich, l’architetto che ha curato il progetto per Copernico a Milano: "Così ho rigenerato uno spazio polifunzionale".

Il Clubhouse Brera è il nuovissimo spazio di co-working nel centro culturale di Milano. In città si è appena conclusa la prima “Fall Design Week”, una nuova occasione in cui gli operatori del design si sono confrontati su vari temi, e grazie al programma di Copernico Where Things Happen, abbiamo visto dibattiti e una mostra che ha fatto conoscere ancora di più questo luogo modernissimo nello storico quartiere degli artisti.

Clubhouse Brera è il membership club di Copernico inaugurato a marzo 2016 all’interno dell’ex-teatro delle Erbe. Il legame con i nuovi trend di tutti i campi è forte in questa perazione. In esposizione, infatti, c’era una selezione di prodotti progettati per Cyrcus, piattaforma di e-commerce che aggrega proposte di professionisti del design.

clubhousebrera
Laura Stecich è l’architetto che ha progettato il Clubhouse Brera.

Abbiamo avuto modo di sentire Laura Stecich, l’architetto che ha curato il progetto di Clubhouse Brera, sulle possibilità che apre la riqualificazione degli spazi urbani e l’utilizzo consapevole del design.

Qual è l’importanza della riqualificazione degli spazi urbani e come si pone l’Italia nei confronti della questione?

La rielaborazione del costruito esistente costituisce una delle maggiori sfide che i professionisti del settore si trovano ad affrontare. Il Regno Unito, dove ho lavorato per dieci anni, ha adottato fin dagli anni ’40 uno strumento urbanistico volto a proteggere il cosiddetto green field, istituendo le green belts, fasce verdi protette a perimetrare le città, e quindi impedendo l’espansione incontrollata degli agglomerati urbani con ottimi risultati, testimoniati dalla continua trasformazione interna di città come Londra. Gli edifici esistenti, quando privi di particolare interesse storico, sono rapidamente adattati a nuove funzioni con interventi edilizi di diversa entità, fino alla completa demolizione e ricostruzione ex-novo.

Incredibilmente l’Italia, tra i paesi occidentali, ha il triste record del più alto consumo annuale di suolo vergine: è comune osservare nuove costruzioni, troppo spesso di qualità discutibile, aggredire i terreni circostanti le città, seguendo una logica di speculazione edilizia che non è più coerente alle più recenti dinamiche economiche; o ammirare paesaggi un tempo incontaminati rovinati dalla realizzazione di nuovi edificati non coerenti con il contesto.

Al contempo, all’interno del perimetro definito delle città, esistono edifici vuoti o sotto-utilizzati, perché non più rispondenti alle mutate esigenze lavorative o residenziali. E che, dettaglio certo non secondario, non generano redditività.

Quali sono secondo lei i progetti internazionali o nazionali che meglio rispecchiano questa filosofia?

L’High line a New York, parco urbano costruito su un viadotto ferroviario in disuso e il Tempelhofer Feld a Berlino, parco urbano nato al posto di un vecchio aeroporto.

Come la riprogettazione degli spazi può essere funzionale alle esigenze dei new workers?

Le nuove modalità lavorative richiedono spazi che rispondano in modo nuovo, efficace e rapido alle mutate esigenze: spazi tecnologicamente attrezzati, flessibili, informali, economicamente sostenibili, dove poter lavorare, interagire socialmente, apprendere, creare nuove sinergie, divertirsi, nutrirsi e rilassarsi. Il tutto nel medesimo luogo. Si presenta quindi la grande opportunità di coniugare interventi volti al recupero funzionale di questi edifici e quelli utili a migliorarne il livello di efficienza energetica. Contemporaneamente le grandi aziende possono ottimizzare i costi del real estate, offrendo ai propri collaboratori soluzioni di hotdesking e smartworking che riducono sensibilmente la necessità di uffici con superfici ampie e costose da costruire, arredare, mantenere.

clubhousebrera

Clubhouse Brera sorge all’interno dell’edificio storico che ospitò le attività del teatro delle Erbe fino ad un decennio fa. Come sono stati reinterpretati gli spazi?

L’esempio della porzione di edificio in cui è stato inserito Clubhouse Brera è un caso emblematico, al piano terreno e primo di uno splendido palazzo costruito in Foro Bonaparte nel tardo ‘800, nato come spazio teatrale riservato ai dipendenti di un’importante banca lombarda, fu in seguito aperto anche all’ampio pubblico. La prima importante fase di trasformazione e riuso l’ha convertito in ufficio open space nel 2003.

Il nostro intervento ha integrato il concetto di smartworking in uno spazio raffinato in cui 500 persone possono lavorare, relazionarsi, organizzare meeting e pranzi di lavoro, riposarsi e rinfrescarsi nelle office suites, coltivare i propri interessi grazie ai numerosi incontri organizzati regolarmente per stimolare e condividere cultura ed innovazione.

In un’unica location si sovrappongono numerose funzioni grazie all’uso flessibile, che rispecchia e risponde alle esigenze della nostra società in continua evoluzione. Cuore della struttura è il “giardino segreto”, un ampio patio che infonde luce naturale a tutti gli ambienti rendendoli ideali per lavorare.

Info su  www.clubhousebrera.com

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Francesco D'Agostino

Figlio degli anni 90, spinta digital-social di The Way, si è fatto le ossa nel patinato mondo di To Be Magazine. Per scoprire che il dandy elegant che stava impersonando necessitava di una vetrina all’altezza anche sul web. Senza cercare altrove, se l’è creata da solo. Mette passione solo in quello che gli interessa veramente. Al resto nemmeno ci pensa. Grafica, biz obsession e una giusta dose di involontaria leadership lo proiettano sempre al minuto dopo.
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