A Manhattan, New York, tra il Greenwich Village ad ovest e l’East Village c’è il nuovo distretto chiamato NoHo (North of Houston Street) che alle fashion victim ultimamente dà molte soddisfazioni. Come l’apertura la scorsa primavera del primo negozio senza genere, The Phluid Project.
Nella presentazione accattivante si legge: “Perché dobbiamo identificarci con una parte o l’altra? Perché non possiamo essere entrambi? Il nostro flagship store gender-free è un centro di community dove le persone possono fermarsi, fare acquisti e impegnarsi in incontri e talk”.
Evidentemente il riferimento alla paventata “società fluida” di Zygmunt Bauman (il primo libro a riguardo è del 1999) è molto evidente. Qui si comprano vestiti ma si fa anche cultura, con la diffusione dell’uguaglianza amorosa nel Nord America costruendo una presenza online fluida che aiuta le persone di tutto il mondo a esprimersi.
La designer Kristina Keenan si occupa della private label, e ha dei precedenti illustri: a NoHo un tempo vivevano Robert Mapplethorpe, Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat. Tutti e tre in qualche modo legati al concetto di “fluidità”.
COSA SI COMPRA – Un inventario in crescita di oltre 50 marchi oltre a un’offerta di private label in crescita con abbigliamento, accessori, regali e un caffè in negozio costituiscono l’offerta commerciale. C’è abbigliamento di marchi famosi come Kinfolk, Champion, Gypsy Sport, Context e Le Spec nello spazio, così come regali originali e unici di stilisti come Jeremyville. Ma The Phluid Project è anche una piattaforma per la discussione lungimirante e l’attivismo attraverso eventi settimanali e residenze di artisti.
Il primo negozio al mondo senza genere è il cuore dell’identità che vuole promuovere le etichette di genere neutrali e spingere altri marchi che non sapevano nemmeno di poter essere liberi dal genere. Sull’accessibilità dichiarata, soprattutto nel pricing, il tema è abbastanza controverso: non sono certo prezzi popolari, ma è anche la zona up-class che forse impone questo posizionamento.
Un’occasione simile non poteva sfuggire allo stilista nippo-italiano Nicola Formichetti che da qualche settimana col suo marchio NICOPANDA è arrivato al Phluid. La collaborazione offre 6 sagome senza genere lanciate il 6 dicembre con una notte di drink, balli e premi. Un passo di grande visibilità per Nicopanda che è un brand di moda e lifestyle lanciato nel 2011 da Formichetti.
Ma The Phluid Project è anche un posto dove si fanno incontri a tema con delle discussioni surreali, introspettive quanto contemporanee. Il motto è “You Do You” (Tu fai te stesso, più o meno) e questa settimana, per esempio al 684 di Broadway c’è il panel “Keep My Name Out of Your Mouth“. Che è un modo a impatto per farci capire nell’era digital come parliamo di noi stessi e come costruiamo al meglio un brand che crea aspettative per noi e la nostra promozione. A parlarne ci sono Tobin Low e Kathy Ty di Nancy, un podcast su WNYC Studios, Kathleen Tso e Vicki Ho of Banana Magazine, un media che sta esplorando l’identità sessuale degli americani di origine asiatica, e Sean Santiago di Cakeboy, il magazine queer delle nuove generazioni.
Un nuovo negozio fondato da Rob Smith sta dunque creando un nuovo modello di identificazione che nasce proprio dal rifiuto del’omologazione. In America ne parlano, e Smith, che inzialmente aveva pensato a spingere i confini di come le persone si sentono a proprio agio indossando qualcosa, ne sembra entusiasta. Anche perché il business model prevede anche espansioni in altre città e affiliazioni con found raising. “Phluid vuol dire che dovremmo sempre sfidarci ed eliminare i confini“, dice. Che la rivoluzione prosegua.