Questa edizione di Altaroma sembra fondarsi sul concetto che l’abito, superfluo per la sopravvivenza, è stato trasformato dall’uomo in elemento fondamentale essendo divenuto uno dei più potenti mezzi di comunicazione dell’individuo, di identificazione e di espressione di bello attraverso i secoli.
Così le tre mostre di produzione Altaroma “VANITAS”, “Drops of ITALIAN GLAMOUR” e “A.I. PROVE TECNICHE DI TRASMISSIONE”, aperte al pubblico dal 7 al 9 luglio con orario 10:00/23:00, esprimono a pieno questo concetto.
Perfetta espressione di una commistione feconda, in un percorso che si snoda tra arte, moda, cinema e musica, “VANITAS” è il racconto che Eleonora, Emanuela e Veronica Nobile Mino ci fanno dell’evoluzione del costume e del processo di differenziazione dell’abito, quale segno esteriore discriminante e identificativo del ruolo sociale e che nel ritratto rintraccia la forma di catalogazione più attendibile.
In esposizione una selezione di ritratti a soggetto sacro e profano – di cui la collezione della famiglia di storici dell’arte ed antiquari romani, Nobile Mino, conta un significativo numero di esemplari – e di abiti ecclesiastici a dialogo con abiti della couture più sofisticata.
Tra ostensori, paramenti liturgici, agiografie da un lato e raccolte enciclopediche, miniature e curiosità dall’altro, il percorso espositivo traccia un’ipotesi di racconto per immagini, tra sacro e profano.
Le curatrici si sono ispirate al film “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore (2013), strutturando l’esposizione in forma di grande quadreria suddivisa in due distinte gallerie di ritratti, civili ed ecclesiastici, in cui i protagonisti sono sia i soggetti che gli abiti indossati.
Inoltre, una selezione di abiti ecclesiastici, pianete e dalmatiche liturgiche, in dialogo con abiti di alta moda di ispirazione sacerdotale della collezione Quinto Tinarelli e dell’archivio storico Fernanda e Raniero Gattinoni.
I ritratti sono da sempre una delle forme di catalogazione più attendibili del gusto, dello stile, dei mutamenti e dell’evoluzione dei sistemi sociali attraverso i secoli ed ancora oggi testimoniano i cambiamenti della società attraverso i mutamenti delle espressioni, delle pose, degli sguardi e dei capi indossati.
La soundtrack, appositamente studiata dalla dj e composer romana Flavia Lazzarini, contribuisce a rendere l’esperienza espositiva un momento di contemplazione.
Con “Drops of ITALIAN GLAMOUR” Altaroma racconta l’essenza dello stile italiano dal dopoguerra al XXI secolo attraverso una selezione di 40 abiti, da giorno e sera, dell’archivio Quinto Tinarelli che conta oltre seimila modelli. In esposizione capi di Valentino, Roberto Capucci, Lancetti, Andrè Laug, Renato Balestra, Rocco Barocco, Sarli, Gattinoni, agli esponenti del pret-à-porter come Emilio Pucci, Biagiotti, Armani, Versace, Krizia, Missoni, Gianfranco Ferrè, Gucci, Romeo Gigli, Dolce & Gabbana, Alberta Ferretti, Anna Molinari, Prada e Fendi.
Il meticoloso lavoro di archiviazione effettuato da Enrico Quinto e Paolo Tinarelli è stato già esposto a Rio de Janeiro, Lima, Hasselt e Londra, nell’ambito della mostra “The Glamour of Italian Fashion (1945-2014)” presso il Victoria & Albert Museum.
“Reinventare scene e costumi per ridare significato al quotidiano e trasmettere altri segnali” questo il messaggio di Clara Tosi Pamphili e Alessio de’ Navasquesorganizzatori della 14^ edizione di A.I. Artisanal Intelligence: “A.I. PROVE TECNICHE DI TRASMISSIONE”. Questa mostra promuove non solo il lavoro di giovani fashion designer e artigiani, ma anche di costumisti che si sono formati a Roma.
“Se negli anni ’70 si studiavano gli effetti cromatici della nuova tv a colori oggi si mette in discussione il concetto di bello riconosciuto abitualmente in un capo finito: la prova non è più un passaggio, ma è uno stato di perfezione perché ancora legata allo studio e alla sperimentazione.” spiegano gli organizzatori.
Il percorso della mostra si muove simultaneamente sui concetti di prova e trasmissione intesa come rappresentazione, sostenendo la teoria che l’abito è anche un costume di scena per affrontare la vita, sia nel quotidiano che nelle occasioni speciali, ed è uno dei più potenti mezzi di comunicazione.
L’opera dell’artista Isabella Ducrot apre il percorso espositivo che attraversa le fasi di preparazione, dallo studio puro sull’abito dell’artista ai tavoli di lavoro dei designer. Seguono i costumi di Farani dell’ultimo bianco e nero e del primo colore dei balletti della RAI, per arrivare al risultato finale dei costumi di Gianluca Falaschi: “L’Italiana in Algeri” e “Ciro in Babilonia”, vincitore del premio Abbiati per i costumi, realizzati dalle sartorie Farani e the One per il Rossini Opera Festival. Le scarpe di Pompei per questi lavori rappresentano il punto di contatto tra abito e costume, anticipano tendenza e trend contemporanei.
La moda diventa lo strumento che celebra l’importanza del tempo, dell’esecuzione, dell’esercizio con il lavoro di sette brand italiani e tre stranieri selezionati per le loro caratteristiche che uniscono la visione alla concretezza della capacità di realizzazione.
Per gli accessori sono state selezionate tre storie di artigianalità e design molto diverse tra loro: Wali Mohammed Barrech, Trakatan e Roberto Scarantino.
Raccontano invece sperimentazioni e reinvenzioni del concetto di sartorialità Marie Louise Vogt, Bav Tailor, Fase Factory, Alisée Yin Chen, Apnoea, Giuseppe Buccinnà e Asciari.
Roma è la città dove la moda e il costume camminano sulle stesse dinamiche creative: l’invenzione, fusa alla dimensione artigianale, è la stessa per le sartorie di moda e di costume che collaborano da sempre.
Hanno collaborato alla realizzazione di questo progetto l’Accademia di Costume & Moda, la Sartoria Farani di Luigi Piccolo e the One, entrambe sartorie teatrali, e con Pompei per le scarpe.