Se ci fossero stati i selfie negli anni Novanta, Mario Gramegna sarebbe protagonista della più grande hall of fame della moda italiana. Quella vista però dagli occhi di chi ci lavora da dietro, incessantemente, con dedizione. Gramegna è stato hair stylist, make up artist e ora è fotografo di moda e beauty. Tutti sono passati dal suo obiettivo (o dalle sue mani), dalle top (quando erano top) alle odierne dive della tv.

E invece del periodo d’oro della Milano (e della Parigi, New York eccettera) che ha vissuto questo pilastro del fashion biz internazionale, dagli anni 80 in poi, ci sono poche testimonianze. “Non c’erano i cellulari e si badava al lavoro, nessuno ti scattava dei ricordi“, mi dice nel suo nuovo studio aperto a Milano, un’oasi di stile e quiete a due passi dal caos di Corso Buenos Aires.
Shot Studio Milano è nato per raggruppare in unico spazio differenti professionalità: fotografia, styling, hair e make-up, con altrettanti professionisti che realizzano qui shooting e poi cataloghi e redazionali. Oggi Mario Gramegna, che lo ha aperto col suo socio Lorenzo Cherubini e con i creativi Giuseppe Dicecca e Cristina Isac, mi riceve proprio nel luogo in cui crea un’identità di stile ai suoi clienti. È uno showroom per mettere a proprio agio i clienti più che studio fotografico.

Mi racconti come hai iniziato nel mondo della moda?
Sono pugliese ma ho iniziato l’attività professionale a Milano. Ero un dj trasmettevo in radio locali, suonavo in discoteca, a fine anni Settanta, passavo la dance dell’epoca. Arrivato al Nord, ho lavorato dapprima in Brianza, come apprendista in un salone. Ero solo con la mia determinazione, senza chiedere nulla a nessuno, i miei genitori erano già molto maturi all’epoca, non avevo certo le spalle coperte.
Cosa facevi in città?
All’inizio venivo a Milano per divertirmi in discoteca il sabato, poi ho lavorato da una mia amica in pieni anni 80, in un negozio di abbigliamento e accessori molto trendy, in un momento in cui c’erano le prime fashion tribes, punk, rockabilly. E poi ho fatto full immersion come parrucchiere dai Coppola, per poi passare da Pier Giuseppe Moroni, dove ho conosciuto Franca Sozzani.
Una bella occasione!
E sì, perché dall’ambiente underground di via Torino mi sono ritrovato a fare i capelli per Linda Evangelista fotografata da Patric De Marchellier per Amica. Moroni riteneva che avessi la stoffa, era prima dell’arrivo di Dolce e Gabbana, c’era Romeo Gigli, la moda italiana era ancora artigianale, davvero devo dire grazie a questi due saloni per avermi dato la possibilità di lavorare al top.
Ne avrai visti di professionisti all’epoca.
Non esistevano ancora le top. Ho lavorato come make-up e hair con i più grossi fotografi, Berry Mc Killy, Giovanni Gastel, Bert Stern, Patric De Marchellier, Andrée Carrara. Ho imparato a fare il truccatore nel percorso, mi piaceva tutto l’ambito estetico. E ora che sono ritrattista di beauty quella formazione mi serve.
Come è cambiato il mestiere da allora?
I fotografi oggi sono molto bravi nella tecnica al computer, ma la fotografia è cogliere l’attimo giusto, l’animo delle persone. Mi piace ritrarre la bellezza. Io ho imparato a usare l’obiettivo osservando gli altri. Mi sono ritrovato a essere chiamato da Christy Turlington che mi voleva come make-up, Kate Moss, Gianni Versace. Viaggiavo molto, Caraibi, Islanda, gli editoriali per i grandi servizi di Grazia, un sogno per uno giovane come me. E soprattutto nelle frenesia all’epoca non me ne rendevo conto, ero diventato indispensabile per la realizzazione degli editoriali.
E come è avvenuto il passaggio alla fotografia?
Al posto di isolarmi sul set, osservavo i grandi maestri, spesso davo consigli. Ho imparato a muovere le donne, capire cosa vuol dire avere una persona davanti all’obiettivo che mette in imbarazzo. Quando lavoro io faccio star bene, il soggetto ritratto si diverte. Non mi piaceva chi trattava male la modella per avere l’anima, quella la conquisti con la gentilezza. Ho imparato molto da Gianmarco Chieregato, un fotografo che ha lavorato sempre con le attrici tra Roma, Milano e New York. Ricordo che gli cambiavo i rullini, e gli facevo domande. Mi diceva: hai un occhio da fotografo. Così ho preso la macchina in mano, facendo dei test che hanno avuto grande successo, piacevano a tutti. Una bella rivincita rispetto a quando da piccolo mio fratello non mi faceva mai prendere la sua macchina fotografica.

Ti è cambiata la vita.
Avevo solo voglia di scattare, avevo l’esigenza della ricerca continua e dopo 16 anni e di trucco e parrucco ho avuto il rigetto. Ma ero diventato uno dei top del mestiere, e tutti mi conoscevano non come fotografo nell’ambiente. Nel 1990 sono andato a stare in America. Sono rimasto a Miami per un anno e mezzo ma non ce l’ho fatta, arrivo da Bisceglie, Puglia un paesino del mare, con gli americani devi parlare la loro lingua, confrontarti con la loro cultura, resti sempre un immigrato italiano. Alla fine non mi rimaneva nulla, facevo bellissime campagne, avevo solo amici di lavoro, quando andava bene il lavoro eri una star. Soprattutto a New York era così. Senza il calore della famiglia e di chi ti conosce davvero, è tutto inutile.

L’anno di svolta?
Il 1998. A quel punto la moda italiana è diventata internazionale. Avevo in mano 12 sfilate da solo, c’è stata la globalizzazione, son piombati a Milano gli sponsor che facevano arrivare lo staff dall’estero. Milano è diventata terra di conquista, con l’arrivo delle modelle dell’Est e non da ultima la morte di Gianni Versace…ho visto il cambio. Lì è finita un’epoca e stava arrivando il digitale, il photoshop. “Non esisteranno più pellicole” si diceva.
Cosa ti senti oggi?
Non sono un fotografo tecnico, mi sento più come Karl Lagerfeld, che è un creativo grosso di indubbio spessore. Lavoro con aziende di parrucchieri, Wella, grandi brand come la 3, ma mi ha fregato il mio nome. Siamo un Paese bigotto e chi mi ha imprigionato in quel ruolo di truccatore o parrucchiere non accetta la mia metamorfosi. Sono identificato con quel ruolo, se avessi cambiato nome forse mi accetterebbero di più. Ma Sarah Moon ha fatto lo stesso percorso, François Nars, collaboratore di Versace, oggi fa solo libri fotografici, pur arrivando dal make-up. Lo stesso Steven Meisel faceva il truccatore.
Che effetto ti fa rivedere oggi i protagonisti delle tue giornate degli anni 80?
Quando vedo Naomi Campbell che sfila ancora credo ci sia qualcosa di strano. Possibile che non esista una nuova Naomi in 25 anni? C’è qualcosa di comandato, vedo ancora servizi con Linda, Claudia Schiffer. Ho visto belle pubblicazioni, ma io le ho truccate che avevano 17 anni, ora ne hanno più di 40. Perché non c’è la ricerca? Franca Sozzani è stata una donna che ha dettato storia, i suoi lavori sono dei quadri, non te ne accorgevi all’epoca ma adesso sì. Però, non è possibile che abbia fatto lavorare solo quei quattro fotografi. Non è possibile che ho l’abbonamento a Vogue con la stessa copertina da 20 anni.

Che ricordo hai degli anni del boom del made in Italy?
Ho vissuto anni bellissimi, stiamo vivendo oggi una crisi mediatica, col digitale e con Instagram tutti vogliono fare le foto. Quando lo facevamo noi c’erano 3 agenzie con 18 dipententi. Oggi ce ne sono 30 di agenzie e tremila persone. Quel mestiere lo sapevamo fare in pochi e ora il digitale ha spappolato tutto. Instagram è importante, se lo usi per comunicare e anche per divulgare il tuo lavoro. Sono seguito e mi sono arrivati anche dei lavori attraverso il web. Credo di non essermi tirato indietro quando il mestiere è cambiato.

Come vedi il tuo futuro?
Ho voglia di lavorare con giovani attrici, professionisti, mi piace ritrarre le persone, a prescindere dalla moda. Mi ha chiamato una famiglia nobile di Torino per dei ritratti nella loro dimora storica e a 55 anni ero felice come un bambino. La nobiltà è educazione, cultura, movimento, l’ho fatto pensando alla mia strada, a quello che mi fa sentire soddisfatto. Non c’è solo la foto di moda nella mia vita. Voglio fare una mostra di ritratti di persone. Il progetto è di farlo in Puglia nel mio terreno.
Ritorno alle origini alle porte?
Beh, a volte penso: affitto i miei terreni in Puglia e faccio l’agricoltore, non voglio arrivare agli 80 anni con la macchina in mano.
Per info qui: http://www.shotstudiomilano.com