E’ la sera della prima a Milano, al Piccolo Teatro, del ritorno in città dello spettacolo – e romanzo – di cui tutti parlano già da tempo. Tutto è già stato, tutto è già compiuto ma questo tutto ha altri mille motivi per accadere di nuovo. Perché va in scena un pezzo di storia italiana, un pezzo importante dove i destini delle persone sono stati spezzati, l’Italia stessa è stata spezzata e si è stati in una culla di macerie e disperazione, dove l’uomo era tenuto in ostaggio: la guerra. M: il figlio del secolo è un romanzo storico scritto da Antonio Scurati che narra l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Con questo romanzo Antonio Scurati ha vinto il premio Strega 2019 con 228 voti e ha dedicato la vittoria a chi ha combattuto contro il fascismo.
La storia, narrata in terza persona, inizia il 23 marzo del 1919 e termina il 3 gennaio del 1925, raccontando in forma letteraria l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Al principio di ogni capitolo vengono indicati luogo, data e il personaggio che ne è protagonista. Sempre al fine di comunicare al meglio la natura storica dell’opera, il libro è arricchito da ricorrenti fonti dell’epoca di nota autorevolezza, come il Corriere della Sera o documenti della pubblica amministrazione.
M. Il figlio del secolo viene considerato il primo romanzo sulla figura di Benito Mussolini. Il libro si apre infatti con la fondazione dei Fasci di combattimento, evento narrato attraverso gli occhi del Duce, e ripercorre gli eventi che fra il 1919 e il 1925 hanno indelebilmente segnato la storia d’Italia fino all’omicidio di Giacomo Matteotti.
A questo punto entra in scena il Teatro. Non poteva non farlo. Partendo dal romanzo di Scurati, Massimo Popolizio costruisce uno spettacolo epico ed emozionante, un thriller di cui conosciamo la fine: diciotto attori e ottanta personaggi per raccontare in scena l’ascesa di Mussolini. Vengono raccontati solo sei anni del Duce e il Teatro ci riporta indietro, a capofitto, in una storia che la maggior parte di noi non ha vissuto, ma ha studiato a scuola, ha avuto memorie parentali, racconti, film. «È una staffetta tra diciotto attori – spiega Massimo Popolizio – che, lontano da ogni retorica, porta all’attenzione del pubblico il ritmo incalzante di una scalata al potere, avvenuta in un momento di profonda debolezza di istituzioni e partiti». Così ci viene illustrata da Popolizio la drammaturgia in trentun quadri che ha tratto dal romanzo: con un montaggio incalzante, un andamento epico e una forte presa emotiva, lo spettacolo attraversa, come dicevamo poco prima, i sei anni che seguono la Grande guerra, con l’impresa di Fiume, il continuo saliscendi del paese verso la rivoluzione socialista, la reazione e il dilagare dello squadrismo, la rocambolesca Marcia su Roma (di cui nell’ottobre del ’22 ricorre il centenario) e l’inesorabile efficacia di una dottrina politica che si sottrae alle categorie di giudizio con l’azione violenta.
Protagonisti ne sono il fondatore del fascismo almeno quanto i suoi comprimari, che sentiamo esprimersi in terza e prima persona, Marinetti, D’Annunzio, Margherita Sarfatti, gli antagonisti Nicola Bombacci, Pietro Nenni e Giacomo Matteotti (colto anche nella commovente relazione epistolare con la moglie Velia), Italo Balbo, gli smobilitati della Grande guerra e tutta una nuvola di individui venuti dal basso. Ma al centro della scena è tutta la comunità nazionale, quel “paese opaco” che consentì l’instaurarsi della dittatura. Un gioco perfetto quello del racconto in prima e terza persona, che introduce in maniera pseudodocumentaristica chi era il personaggio in questione. Un gioco efficace. La scenografia è altamente funzionale, composta da pedane movibili dagli attori stessi e dai tecnici, scaloni, seggi del Parlamento. Una piazza di marmo scuro creata ed illuminata da Marco Rossi e Luigi Biondi fiorisce – nella loro cupa disgrazia – diventando strade, stanze di bordello, vie e strade, officina. Due sono gli attori che impersonificano Benito Mussolini, il regista Massimo Popolizio e Tommaso Ragno, visto da poco in due film importanti: Siccità di Paolo Virzì e Nostalgia di Mario Martone. Scelta intelligente per chi si aspettava un Duce simile con cranio rasato. Due facce di un personaggio, l’una più istrionica l’altra di uomo complesso pieno di dubbi ma egocentrico e senza clichè, disegnando la figura più intima del Figlio del Secolo. I diciotto attori dello spettacolo, in un tourbillondi entrate in scena, mascheramenti, assalti e punizioni fasciste, diventano via via glia ssassini di Matteotti, le amanti del Duce, i manifestanti socialisti, i già citati Italo Balbo, Nicolino Bombacci, Giacomo Matteotti, Pietro Nenni, il Vate Gabriele D’Annunzio, forse il vero amico/nemico del fascismo. Forse l’unico in grado di mettere in ombra Mussolini. Uno spettacolo che doveva essere fatto e, per fortuna, lo è stato.
28 settembre – 16 ottobre 2022
Durata: 180’ incluso intervallo
M Il figlio del secolo
uno spettacolo di Massimo Popolizio
tratto dal romanzo di Antonio Scurati
collaborazione alla drammaturgia Lorenzo Pavolini
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Luigi Biondi
video Riccardo Frati
suono Alessandro Saviozzi
movimenti Antonio Bertusi
assistenti alla regia Mario Scandale, Giulia Sangiorgio
con Massimo Popolizio e Tommaso Ragno e con (in ordine alfabetico) Riccardo Bocci, Gabriele Brunelli, Tommaso Cardarelli, Michele Dell’Utri, Giulia Heathfield Di Renzi/Aurora Spreafico, Raffaele Esposito, Flavio Francucci, Francesco Giordano, Diana Manea, Paolo Musio, Michele Nani, Alberto Onofrietti, Francesca Osso, Antonio Perretta, Sandra Toffolatti, Beatrice Verzotti
produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, Teatro di Roma–Teatro Nazionale, Luce Cinecittà
in collaborazione con Centro Teatrale Santacristina