Appena lo spettacolo è iniziato ho vissuto un momento di puro smarrimento come quando, poco più che bambino, vidi “Sei personaggi in cerca d’autore” con la regia di Zeffirelli ed Enrico Maria Salerno come protagonista. Un protagonista vecchio, ma potente. Stanco, ma vivo. Ostinato nella ricerca di un qualcosa che lo spinge ancora ad esistere, a non darsi per vinto, come De Capitani fa con Achab. Come Salerno faceva nel ricercare ostinatamente un autore che lo rappresentasse, che lo rendesse ancora vivo, come Lear cocciutamente richiede amore dalle proprie figlie. E’ questo che De Capitani fa nel suo spettacolo: cerca. Cerca lo scontro, cerca qualcosa che lo renda ancora uomo, cerca vendetta, cerca un capro espiatorio? La stessa emozione di allora qui, all’Elfo, dove un palco semivuoto ed una compagnia in prova mi hanno catapultato ad un tempo così lontano, ma vivo, fortemente vivo come non succedeva da tempo. Il Teatro e la forza di ogni attore hanno un grande potere: la riviviscenza.
Una compagnia sta mettendo in prova Re Lear con i suoi dubbi, la sua fatica, la sua voglia ma forse, per cambiare, per rinnovare, l’impresario decide di iniziare le prove di un altro spettacolo, il Moby Dick. In questo caso “Moby Dick alla prova” di Orson Welles.
Moby Dick alla prova fu messo in scena la prima volta nel 1955 al Duke of York’s Theatre di Londra. Orson Welles, oltre ad essere autore del testo, era anche regista e interprete. Welles andò in scena in prima persona per lottare personalmente con le sue balene bianche. “Fu un successo – ricorda De Capitani – Eppure al pubblico non dà né mare, né balene, né navi. Solo un palco vuoto, una compagnia di attori, se stesso in quattro ruoli: è Achab e padre Mapple, ma è anche Re Lear ed è un impresario teatrale che convince la sua compagnia ad allontanarsi da Shakespeare e a seguirlo in una nuova avventura. Soprattutto Welles al pubblico dà il suo testo, su cui ha lavorato per mesi, trovando appunto una via indiretta per affrontare la sfida di mettere in scena il romanzo: passare per Re Lear, lo spettacolo che la compagnia sta recitando ogni sera, che getta un ponte tra Melville e Shakespeare, scivolando dall’ostinazione di Lear (che la vita, atroce maestra, infine redimerà) all’ostinazione irredimibile, fino all’ultimo istante, del capitano Achab”.
Uno spettacolo forte ed intenso che cresce lentamente, dove i canti marinari sono la colonna sonora portante dello spettacolo, attori cantori guidati in scena dal musicista Mario Arcari – sopraffino musicista a lungo collaboratore di Ivano Fossati – dove non c’è una nave, non c’è timone, ma c’è una sedia da barbiere a fare da trono e allo stesso momento ponte di comando. Un non luogo dove, come dice Achab all’inizio dello spettacolo, non ci sarà mare, né navi, né balene. Ma dove le potrete immaginare con la forza del Teatro. E questo è ciò che avviene. Il mare, il Pequod, la balena bianca arrivano, ci trasportano, ci buttano in acqua, ci fanno riemergere in questa spietata lotta tra l’uomo e la natura.
Lo spettacolo è stato creato nei mesi del secondo lockdown. “Poi lo abbiamo lasciato lì perché siamo stati costretti a fermarci – ricorda De Capitani – Ho visto così il video di quello che avevamo fatto, quasi come uno spettatore, e sono rimasto stupefatto. Siamo riusciti a creare un altro mondo, interi oceani su un palcoscenico senza niente. Con pochissimi oggetti. Con una grande forza corale come i canti. Con questi teli bianchi che sono vele ma possono diventare anche balene, mare, fantasmi, orizzonte”. E conclude: “Moby-Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli – tra passato e futuro – nel respiro di ogni istante della nostra vita”.
Un gruppo di attori compatti e di talento a formare un equipaggio dove tra i tanti svetta l’Ishmael di Angelo di Genio a duettare con lo stesso De Capitani, enorme nel suo ruolo di traghettatore, titanico e caldo nell’insensato scontro fisico e personale con una balena bianca, quindi “diversa”, che cova in sé nient’altro che istinto di sopravvivenza, mentre Achab le restituisce l’odio per la vita, l’odio per sé stesso.
Uno spettacolo da vedere e farsi accompagnare nell’oceano. In scena fino al 6 febbraio 2022
MOBY DICK ALLA PROVA
di Orson Welles
Adattato – prevalentemente in versi sciolti – dal romanzo di Herman Melville
traduzione Cristina Viti
uno spettacolo di Elio De Capitani
costumi Ferdinando Bruni
maschere Marco Bonadei
musiche dal vivo Mario Arcari e Francesca Breschi
luci Michele Ceglia, suono Gianfranco Turco
con Elio De Capitani
Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa
assistente regia Alessandro Frigerio
assistente scene Roberta Monopoli
assistente costumi Elena Rossi
una coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale