Il mecenate messinese Antonio Presti è un uomo che il mondo ci invidia: da sempre ha usato le sue fortune personali, e l’acutezza dell’ingegno, per il bene comune. A Catania, dove vive, ha operato in quartieri difficili come Librino, mettendo “fiori” dentro i cannoni della violenza. Ed ora, l’ennesimo colpo di scena in una terra ancora difficile: “L’Atelier sul mare”, il suo albergo museo noto nel mondo, a Tusa, nel tratto occidentale della provincia di Messina, in Sicilia, è stato chiuso dai Nas.
Perché succede la chiusura del tuo hotel d’arte “L’Atelier sul mare”?
L’aspetto tecnico è molto discutibile: non esistono, in realtà, gravi difformità, ed i problemi tecnici sono assolutamente risolvibili. In questa stanchezza, che provo fin dagli esordi, delle mie perenni lotte tra cultura e burocrazia, in realtà oggi dico grazie, perché gli ostacoli al mio fare, messo alla prova da tale perenne disturbo, muove e commuove non solo il mio agire, ma ha creato un vortice di sostegno. Bisogna dare voce alla sommossa popolare, unita a quella degli addetti ai lavori, come pelle sensibile, e protezione, di una comunità viva. Si toglie così, l’anestesia che spesso avvolge una società civile, e le toglie coscienza.
Nel tuo caso, stai avendo reazioni fortissime di sostegno.
Come sempre, dal male nasce il bene: da questa esperienza, ho tratto un patrimonio di forza comune, un senso di appartenenza della gente, verso il mio operato, come può essere “L’Atelier sul mare”, che ha rotto gli argini della solitudine, e mi ha fatto sentire forte per l’amore ricevuto. Vale il messaggio che, “se si afferma un bene, è un bene”: in questa tautologia, c’è il senso della mia opera, ed il desiderio di veicolare sempre conoscenza, specie in momenti di dittature dell’ignoranza.
L’ordine degli architetti di Palermo, è pronto a salvare “L’Atelier sul mare”.
Si sono gentilmente offerti di provvedere a mettere a norma le porte, e quanto i NAS hanno rilevato di irregolare, ed aprire al contempo una campagna di crowdfunding per sostenere le spese. Un movimento spontaneo, capitanato dall’architetto Iano Monaco, è una testimonianza ancora più gradita, perché si dà valore non solo a me come persona, ma ai valori nei quali io mi identifico.
Sei stanco di lottare in una terra amata ma ostile?
Lotto contro l’ingratitudine, che tuttavia, per assurdo, ringrazio. La mia visione, da sempre, è quella della semina, che produce un raccolto chiamato frutto. Ringraziare l’uomo ingrato, apre l’unica via possibile: la strada della bellezza che solca il futuro.
Una delle tue ultime opere è la “Porta delle farfalle” che ha trasformato il cavalcavia di Librino a Catania.
Volevo creare bellezza in un luogo degradato, dove nessuno si fermava a dedicare amore, creando una galleria d’arte a cielo aperto, fruibile per chiunque, e che facesse bene all’anima. Ho pensato, nella diade costante tra bene e male, luce e buio, amore e odio, e così via all’infinito, che fossero i poli positivi a prevalere. Gli artisti sono stati il prezioso tramite che ha illuminato gli occhi dei bambini e delle loro madri, con la visione della luce e della bellezza dell’arte.
Mi dai un messaggio per i giovani?
Svincolarsi dall’algoritmo dei like, che rende schiavi e privi della vera essenza, e percepirsi come potenti guerrieri di luce, con in una mano i libri ed il sapere da essi derivato, e nell’altra, ben stretti, i propri sogni, con cui abbracciare il domani.