I greci avevano il “Deus ex machina”, un ingegnoso marchingegno che a fine tragedia, faceva scendere la divinità dall’alto a sedare il pathos tragico. L’evento della “Vara”, da “Bara”, che si perpetua a Messina ogni 15 agosto, è una colossale processione religiosa, che nasce come rito pagano poi mutuato cattolico, e aldilà dell’afflato mistico che lo anima, offre interessanti spunti culturali, oltre a smuovere un immenso richiamo turistico.
Una monumentale macchina piramidale con alla sommità Maria “Madre Assunta”, viene portata per le vie della città tra una folla festante che arriva a 100mila persone.
The way magazine incontra per occasione Nino Di Bernardo, uno dei membri responsabili della logistica e dei rapporti con l’amministrazione comunale del “Comitato per la Vara messinese”.
Da quanto e come è nato questo incarico?
Da 18 anni. Ed é nato da un discorso che può sembrare assurdo! Io sono titolare di un negozio di tessuti all’ingrosso in via 1^ Settembre, dove culmina il percorso della Vara che compie una spettacolare virata proprio in questa via, prima di giungere in piazza Duomo. L’amministrazione comunale dell’epoca aveva deciso che da là dovesse passare il tram. Feci un voto affinché questa congiuntura non si verificasse, dato che avrebbe significato la chiusura del mio antico commercio. Sono stato esaudito e mi sono offerto spontaneamente al Comitato Vara. Non sono solo: siamo in otto di vari strati sociali, per tutelare e custodire fuori dalla politica e dalle sue beghe, un bene comunitario. I politici vanno e vengono, noi siamo ancora qui e teniamo al nostro ruolo di sensibilizzatori che tengono alta e viva la tradizione.
Mi incuriosisce l’aspetto dei tiratori: alcuni sono ex galeotti.
Alcuni sì, ma è più una leggenda metropolitana. Negli ultimi 20/30 anni risultano il 15% su 1500 tiratori. Dopo la manifestazione, consentimi di sottolinearlo, si torna disfatti, molti con qualche dito rotto, io stesso che sono un tiratore, perdo dopo tre ore di processione e relativo tiraggio della Vara, tre chili di peso!
Le corde sono particolari.
Sono gomene lunghe 110 metri di canapa lungotiglio, una fibra naturale con un carico di rottura superiore a 10 volte il peso della Vara. Praticamente è impossibile che la corda si spezzi! Un aspetto romantico: durante la guerra la tiravano le donne, per garantire e propiziarsi il ritorno dal fronte dei figli e dei mariti.
Ci sono molti uomini di fatica.
I “bastasi i portu’, facchini di porto, traduco dal siculo, ovvero persone abituate allo sforzo per il tipo di lavoro svolto. Con loro, il numero dei tiratori scende e ne bastano di meno. Anche la strada aiuta: una volta il basolato lavico, presente nelle vie cittadine fino al 1960, rendeva più agevole lo scorrimento. Oggi é scomparso: solo in via 1^ Settembre se n’è ripristinato un tratto, anche se di qualità inferiore a quello di un tempo.
La “Vara” ha attraversato tutte le dominazioni siciliane: normanni, aragonesi, spagnoli, borboni fino ai giorni nostri.
Questo testimonia l’affezione storica del pubblico alla manifestazione. Durante la dominazione spagnola, grazie alla Vara, eravamo gli unici sottomessi con il privilegio di portare la spada durante il mese agostano. Addirittura per un periodo fu vietato il rito per tema di ribellione del popolo.
Di chi è la Vara?
La Vara è del sindaco, che ne tutela a fine evento i pezzi smontati, che si conservano negli scantinati comunali. Si collega religiosamente a Maria, ma sfido chiunque a non identificarsi in questo trionfo celeste, che sollecita un post mortem in cui riabbracciarsi eternamente con i propri cari.
La Vara è democratica.
Assolutamente! In mezzo alle corde ci sono tutti gli strati sociali! Il 15 agosto siamo protagonisti e uguali, di fronte al pubblico che è insieme spettatore e attore. Batte le mani e incita alla processione, scatenando un’energia ancestrale: gli uomini, uniti, possono farcela a compiere un prodigio. E tale è se si pensa che la Vara pesa 8 tonnellate e mezzo per 13.85 metri di altezza: un’impresa titanica!
La leggenda dei giganti Mata e Grifone?
Sono collegati alla Vara e sono tante le leggende che concernono questi due giganti, ma quella accertata è che Mata è la chiesa cattolica e Grifone la chiesa ortodossa sconfitta dalla cattolica. Ad alcuni piace pensarli come genitori della città, però la diversa nazionalità rende dubbia questa interpretazione.
Definire quest’evento solo religioso è riduttivo: si spazia dalla mitologia all’antropologia culturale alla sociologia.
La Madre terra esiste con l’inizio dell’uomo e questo rappresentava la Vara: una terra da rispettare e su cui fare radici di vita. Poi il termine può affiancarsi a “Vara” da varare, come una barca, interpretazione logica pensando che Messina è città marina posizionata sullo Stretto.
Parliamo di numeri: cosa smuove quest’apparato in merito alle presenze in città?
Pensa che nel 1600 si facevano tanti eventi in colleganza, ti cito un Palio e le gare con le barche, tutto all’interno del ferragosto messinese che culminava con la Vara. Circa 100.000 mila persone, tra cui oriundi e turisti, non perdono quest’appuntamento e arrivano pure dall’America e dall’Australia. Questo crea un indotto per il turismo e il commercio, specie per le attività legate alla ristorazione.
La Vara è ….
… storia, orgoglio, senso di appartenenza, speranza di continuità. E lo dico fieramente commosso.
L’intervista è terminata e la scrittora augura che per tutti ci sia un rito da tramandare di generazione in generazione.