È un parallelismo imprescindibile: non esiste Pasqua senza il connesso uovo: dall’era pagana fino al cattolicesimo, non si può farne proprio a meno. Prima ancora che rappresentasse la preziosa fertilità, le uova di Pasqua all’origine, simboleggiavano i due emisferi del cielo e della terra che, uniti danno la vita, racchiudendo in sé i quattro elementi basilari di acqua, terra, aria, fuoco.
Se la tradizione, all’inizio, prevedeva di regalare un semplice uovo di gallina, successivamente ci si ingegna per abbellirne l’aspetto.
Così, i cristiani cominciano a bollirle assieme alle cipolle rosse, per macchiarle di rosso, che simboleggia il sangue di Cristo morto sulla croce. Da qui, attraversando il Medioevo fino ad oggi, si inizia a ragionare su colorazioni e disegni più o meno artistici, attraversando i secoli e giungendo a quello attuale.
Scivolando nel privato, chi di noi dall’asilo alle elementari, non ha portato in classe la sua dotazione di uova sode, per poi decorarle fantasiosamente, e con diversi esiti, piazzandole con orgoglio sulla tavola della Domenica pasquale, tra i complimenti di parenti ed amici?
Ovviamente il mondo dell’arte, non poteva non esprimersi a proposito, e proprio nel Medioevo, si ha il lampo di genio di occuparsi di questa simbolica rotondità, realizzandola con materiali preziosi.
Fabergé realizza nel 1883, il primo uovo opera d’arte, che prenderà il suo nome, commissionato dallo zar Alessandro III per la moglie Maria.
L’artista crea un capolavoro in oro smaltato di bianco, con all’interno un pulcino in oro: è il primo che ha la folgorante idea di inserirvi un dono.
Da questo momento, la sorpresa entra d’ufficio nella tradizione delle uova di Pasqua.
Se quello Fabergé in oro incrostato di pietre preziose, ci ha fatto stare incollati dietro le teche antiproiettile dei musei, si possono acquistare favolosi esemplari di svariati prezzi, adatti ad adornare un tavolino di casa.
Scendendo nel quotidiano, l’uovo di cioccolato si attesta vincente da più di un secolo. Ne resiste la versione artigianale alternata a quella industriale, con il vantaggio di essere per tutte le tasche, e potere, se commissionato in pasticceria, contenere un regalo scelto dal committente.
Aspetto non trascurabile di questo dono, è infatti lo zoccolo duro della sorpresa. Ricordo da bimba, la delusione cocente nello spaccare con foga la sommità di quel monte rotondo di cioccolata, e trovarmi tra le mani una macchinina! Da qui, puntualmente, scattava un’effervescente asta con i miei cugini, che avevano, neanche a dirlo, trovato catenine con cuoricini e fermacapelli!
Dopo anni di baratti più o meno riusciti e soddisfacenti, le industrie dolciarie si sono nel tempo attrezzate per seriare le sorprese in base all’età, bambini ed adulti, ed al sesso, per lui e per lei.
Allargando il raggio, l’uovo troneggia anche, in dolci pasquali di varia foggia e ingredienti, che impazzano da Nord a Sud: dalla treccia, alla “coddura”, al ciambellone, alle torte: in versione uovo sodo per le ricette salate, e in soave cioccolato per le opere dei maestri pasticceri.
È evidente che, senza questa topica sfericità, che fa da protagonista, la Pasqua non possa essere approntata e dirsi tale. Allora benvenuto, uovo, nelle nostre case!
Le foto dell’articolo si riferiscono alla collezione d’arte Maison Fabergé, una storica casa di gioielleria russa, fondata nel 1842 a San Pietroburgo da Gustav Fabergé. Il dono di uova vere, decorate con qualsiasi tipo di disegni o dediche, in segno di speranza e resurrezione, è correlato alla festa pasquale sin dal Medioevo. Il primo uovo “pasquale” di Fabergé fu commissionato all’illustre orafo della Corte imperiale russa nel 1885 dallo zar Alessandro III per la moglie, l’imperatrice Maria Fëdorovna: si trattava di un uovo d’oro rivestito in smalto bianco opaco che celava un tuorlo, anch’esso in oro, contenente a sua volta una gallinella d’oro con, al suo interno, una copia in miniatura della corona imperiale che custodiva un piccolo pendente di rubino a forma d’uovo. Questo mirabile esempio di alto virtuosismo con struttura simile alle note matrioske, oggi conservato al Museo Fabergé di San Pietroburgo e parte della collezione Vekselberg, aprirà la strada alla realizzazione di ben 52 esemplari creati da Fabergé, tra il 1885 e il 1917, in occasione della Pasqua espressamente per la corte imperiale, prima per Alessandro III poi per il figlio Nicola II, tutti caratterizzati da materiali preziosi, dall’unicità della forma e del decoro, così come dall’originalità delle sorprese in essi contenute, sorprese destinate all’Imperatrice madre o alla zarina Aleksandra.