Dopo aver prestato servizio per dodici anni, interpretato sette film e accompagnato le pellicole di James Bond verso il record del miliardo di spettatori complessivi per una singola saga cinematografica, Roger Moore lasciò il servizio segreto britannico e il ruolo di 007 con “A View To a Kill” del 1985.
Con questa pellicola, Moore divenne il James Bond con il maggior numero di film ufficiali della serie, superando anche Sean Connery, fermatosi a sei capitoli prodotti dalla coppia Saltzman & Broccoli, a cui va aggiunto “Mai dire Mai”, non inserito nella saga bondiana ufficiale.
In termini di longevità di servizio, si dovrà attendere solo il 2020 e il film “No Time to Die” per trovare un James Bond dalla carriera più ampia: Daniel Craig ha, infatti, infranto la barriera dei 12 anni di servizio di Roger Moore, attestandosi a ben 14 anni di missioni in 5 differenti film e trasformandosi nel terzo agente segreto più ‘operativo’ del franchise.
La produzione del film ebbe inizio nell’estate del 1984 e per il titolo della pellicola venne adottata una variazione di un racconto di Ian Fleming, intitolato From A View To A Kill, pubblicato nella raccolta “Solo per i tuoi occhi” e tradotto in Italia con “Paesaggio e Morte”.
L’espressione “From a view to a kill” era tratta da un verso della canzone tradizionale di caccia britannica “D’ye ken John Peel?” scritta intorno al 1824 da John Woodcock Graves in onore del suo amico John Peel, celebre cacciatore di volpi: “From a find to a check, from a check to a view / From a view to a kill in the morning” è il verso, evidentemente noto a Ian Fleming, che diede origine al titolo del racconto.
Fu l’unico caso – nella storia dei film di 007 – in cui venne adottata una trasformazione di un titolo tratto dal canone fleminghiano. Così come ‘Live and let die’, ‘You only live twice’ o ‘Diamonds are forever’, anche ‘A view to a Kill’ nasce da un gioco di parole tipico della penna di Fleming ed è traducibile con “Una panoramica su un assassinio”, “Uno sguardo su un assassinio” o anche con “Una vista mozzafiato”. Il titolo italiano “007 – Bersaglio mobile” nacque, invece, da una invenzione degli adattatori e dei distributori cinematografici italiani.
“Durante un bel Natale a casa a Los Angeles, cominciai a riflettere sulla mia vita. Avevo avuto un certo successo al cinema, ma ora mi sembrava che stessi lavorando solo per mantenere lo stile di vita di un proprietario di tre case. Non ebbi molto tempo per pensarci su troppo, perché squillò il telefono. Era ‘Cubby’ Broccoli; voleva che interpretassi ancora James Bond in ‘A View To a Kill’. A cinquantasette anni, mi sentivo un po’ avanti negli anni, ma ero ancora molto in forma e capace di ricordare le battute!” avrebbe ricordato Roger Moore, con il suo consueto humour.
Gran parte del film venne girato a San Francisco per via del coinvolgimento della Silicon Valley nella trama della pellicola, in cui svetta il villain Max Zorin, interpretato da Cristopher Walken, primo attore premio Oscar nel ruolo di un cattivo della saga di 007.
Albert R. Broccoli ebbe un incontro con l’allora sindaco di San Francisco, Dianne Feinstein, e spiegò che la trama prevedeva un incendio del municipio della metropoli statunitense, la corsa di un’autobotte dei pompieri attraverso le strade della città e una serie di pericolosi inseguimenti. L’accoglienza fu piuttosto fredda da parte dell’amministrazione, ma quando la Feinstein seppe che Bond sarebbe stato interpretato da Roger Moore, di cui era fan da sempre, concesse immediatamente tutti i permessi comunali!
Alcuni mesi prima dell’uscita del film, nell’ottobre del 1984, mentre la produzione bondiana stava completando le riprese di “A View To a Kill” nelle differenti location – Regno Unito, Islanda, Svizzera e Parigi – in tutto il mondo venne pubblicato The Wild Boys, attesissimo singolo dei Duran Duran. Le divisioni all’interno del quintetto britannico erano evidenti, nonostante un quinquennio di successi straordinari: l’attività promozionale europea del singolo venne condotta prevalentemente dal frontman Simon Le Bon e dal tastierista Nick Rhodes. Il bassista John Taylor e il chitarrista Andy Taylor erano, infatti, impegnati a New York con un nuovo progetto – Power Station – al fianco del vocalist Robert Palmer e del batterista degli Chic Tony Thompson.
Il mese successivo venne pubblicato il 33 giri Arena che raccoglieva i successi della band registrati alcuni mesi prima dal vivo in ogni angolo del mondo: l’album era parte di un progetto multimediale firmato dalla EMI, incentrato sul film The Making Of Arena, sul documentario Sing Blue Silver, su un libro fotografico di Denis O’Regan, sul gioco da tavola intitolato Into The Arena, su un videogame per la consolle ‘Commodore’ e su una serie di card collezionabili. I Duran Duran si erano ormai trasformati in un solido brand da promuovere attraverso sfrontate azioni di merchandising.
I cinque musicisti furono, naturalmente, anche i primi a ricevere l’invito da Bob Geldof alle registrazioni del singolo benefico del supergruppo Band Aid, Do They Know It’s Christmas?. In una domenica londinese di novembre prese forma qualcosa di speciale: se Bono Vox, George Michael, Phil Collins, Tony Hadley, Boy George, Sting e Simon Le Bon non avessero accettato di riunirsi tutti nello stesso studio di registrazione, non sarebbero nati progetti come lo statunitense We Are The World o il doppio spettacolo estivo Live Aid di Londra e Philadelphia.
Il singolo vendette, in pochi mesi, quattro milioni di copie e, per alcune settimane, i Duran Duran stazionarono nelle charts britanniche con ben due 45 giri, raggiungendo un picco di popolarità anche presso alcuni ambienti-rock fino ad allora solo lambiti dalla band.
Ormai assurti al ruolo di manager di loro stessi, i cinque scrissero un’altra pagina-chiave della loro parabola artistica e musicale: il bassista John Taylor, fan delle gesta di James Bond, partecipò – assieme alla sua nuova girlfriend Janine Andrews, ex Bond-girl del film “Octopussy” – al party di compleanno di Albert R. Broccoli.
Complice qualche bicchiere di troppo, il musicista si avvicinò al produttore chiedendogli, piuttosto sfrontatamente: “I film di 007 sono splendidi, ma quando ti deciderai a prendere una band seria per scrivere una colonna sonora decente?”.
Nell’arco di 48 ore, Broccoli conferì alla band l’incarico di scrivere la nuova Bond-song per “A View to a Kill”. Fu proprio John Taylor a dare la notizia ai suoi compagni di band e, per il bassista, una fantasia adolescenziale si trasformò in realtà.
Mentre la band era impegnata agli Shepperton Studios, Nick Rhodes raggiunse i suoi compagni portando in studio un nuovo sintetizzatore vintage e iniziò a suonare alcuni effetti sonori prodotti dal synth; al cantante Simon Le Bon vennero immediatamente in mente i primi versi della canzone di cui già conosceva il titolo: “Immediatamente cantai ‘meeting you with a view to a kill’. Credo che sia stato un testo semplice da scrivere perché immaginai una commistione di sesso e violenza che ben si addiceva al mood di 007”.
Le Bon, Rhodes e John Taylor si ritrovarono nell’appartamento londinese del bassista a Knightsbridge per elaborare la melodia sui tasti del pianoforte dello stesso Taylor. Il successivo contributo di John Barry, nuovamente incaricato di produrre la colonna sonora per il nuovo capitolo cinematografico di 007, fece il resto.
“Avevamo deciso di buttar giù qualcosa nel mio appartamento a Londra con John Barry – ricordò John Taylor – ma non combinammo un granché”. Secondo alcune fonti dell’epoca, la moglie di Barry dimostrò grande apprensione per lo stretto rapporto che il compositore ebbe con i cinque musicisti e con i loro consumi disinvolti di droghe e alcool. La band mostrò, invece, una grande tensione durante le registrazioni del singolo che venne consegnato alle fasi di missaggio a New York nel gennaio del 1985.
Le parti orchestrali firmate da Barry diedero al brano quell’identità divenuta elemento distintivo delle canzoni originali dei film della saga bondiana: una sezione fiati scintillante, partiture per archi sinuose e potenti, un’urgenza sonora riconoscibilissima. Ai Maison Rouge e ai CTS Studios di Londra vennero registrate le parti orchestrali che coinvolsero sessantaquattro musicisti.
“John Barry si era progressivamente trasformato nel sesto componente della band. – ebbe a ricordare Le Bon – Considerava il mio testo molto erotico e aveva timore di essere rimproverato dall’industria cinematografica!”. I ritardi accumulati per la stesura del brano determinarono un’anomalia nella produzione discografica del gruppo: A View To A Kill fu il primo singolo a marchio Duran Duran dai tempi di Careless Memories (1981) a non essere elaborato anche nella versione ‘Extended Remix’, pratica frequentissima all’epoca.
Il 45 giri, uscito a maggio nel 1985, si trasformò nell’ultima testimonianza dei Duran Duran in formazione a cinque, prima della reunion di Astronaut degli anni Duemila, e nel primo brano-tema di James Bond a raggiungere immediatamente sia la vetta della classifica statunitense che la cima di quella inglese, battendo anche il record stabilito da Live And Let Die di Paul McCartney.
“Non riuscimmo mai a pubblicare una versione estesa, come si faceva all’epoca” – ha raccontato il batterista Roger Taylor in una intervista a Christian D’Antonio – “e quindi quella canzone rimase l’unico singolo a non essere realizzato in versione mix dei Duran Duran”. La band aveva una tradizione dance molto forte nei primi anni Ottanta “ma, in qualche modo, l’orchestra e tutto il lavoro di mescolanza con gli elementi bondiani su quel brano non ci hanno permesso di farne una versione per le discoteche”.
Negli anni Ottanta era piuttosto comune per i divi del pop internazionale pubblicare i propri successi su formato mix ‘esteso’ per garantire una presenza dei brani nelle selection delle discoteche. Tra i più apprezzati remixer dell’epoca figuravano Steve Thompson e Michael Barbiero, che firmarono i singoli di Madonna e Grace Jones, solo per citarne alcune.
I due vennero chiamati per realizzare la ‘extended version’ di A View To A Kill, e lavorarono con Simon Le Bon, Nick Rhodes e Roger Taylor, che nella prima metà del 1985 stavano incidendo a Parigi un disco, poi divenuto “So Red The Rose”, unico album degli Arcadia. Le session si tennero proprio nella capitale francese ma il resto dei Duran Duran che era negli USA (John e Andy Taylor) non approvò il risultato: fino a pochi anni fa il bassista John Taylor asseriva di non aver mai ascoltato il remix. In una dichiarazione del 2014, Steve Thompson ha risolto il piccolo grande ‘mistero’ della versione ‘extended’ di A View To A Kill, pubblicando l’audio in maniera indipendente sul web, nonché le foto dei giorni di lavorazione.
Thompson era accreditato come ‘Additional Production / Mixing’, mentre il resto della band in studio, a suo dire, aveva approvato ogni suono di quella versione della canzone, che dura oltre 7 minuti. A parziale correzione di quanto asserito in passato, John Taylor ha poi dichiarato: “Non so perché ho posto il veto. Ma volevo in qualche modo mantenere la purezza dei tre minuti di quella canzone che era venuta così bene”.
A View To A Kill resta, quindi, l’unico singolo della prima formazione dei Duran Duran a non avere un remix ufficiale pubblicato, anche se le evidenze storiche confermano che la versione remix esiste.
Innumerevoli sono state, nel corso degli anni, le cover in ambito metal o hard-rock del brano dei Duran Duran: in una sorta di curioso esercizio di stile, A View To A Kill è diventato negli anni il ‘gioco’ musicale preferito di moltissime rock-band (Lostprophets, Diablo, Northern Kings, Gob, Custard). Esistono, poi, altre due riletture del brano, una firmata dalla ‘voce bondiana’ per eccellenza Shirley Bassey e pubblicata nel disco “Shirley Bassey On TV – Vol. 2” del 2010 (Blackwood Music / Tritec Music) e una in stile bossa nova incisa da Skye dei Morcheeba, apparsa sul disco “Hollywood, Mon Amour” del 2008 (K7 Records).
Per il video del singolo A View To A Kill tutta la band si ritrovò a Parigi sul finire del marzo 1985 con la troupe dei registi Godley & Creme: il duo, costituito da Kevin Godley e Lol Creme, nacque sulle ceneri dei 10CC e si specializzò nella produzione di videoclip per artisti come i Police, Herbie Hanckock, Frankie Goes To Hollywood, Ultravox e Sting, solo per citarne alcuni. Per i Duran Duran, i due avevano già diretto il bello e scandaloso video ufficiale di ‘Girls on Film’.
Nel videoclip, nessuno dei cinque Duran Duran è ripreso insieme agli altri. Andy, a un certo punto delle riprese, si barricò nel furgone della produzione e non ne uscì fin quando i manager non lo accontentarono su una cavillosa liberatoria di un contratto.
Secondo i tabloid dell’epoca, per scattare una foto di scena davanti alla Torre Eiffel, il fotografo Allan Ballard, che aveva lavorato con la band fin dagli esordi, ebbe grandi difficoltà a gestire i cinque musicisti.
Il film venne presentato a San Francisco, anche come segno di ringraziamento alla città per la collaborazione prestata alla produzione di “A View to a Kill”, e – successivamente – a Londra, alla presenza del principe Carlo e della principessa Diana. Il 22 maggio 1985, al Palace of Fine Arts di San Francisco, A View to a Kill diventò il primo film di 007 ad essere proiettato, per la prima volta, al di fuori di Londra. Il sindaco Diane Feinstein proclamò addirittura un ‘James Bond Day’ per l’occasione e l’attesa per l’evento fu davvero incredibile. Centinaia di persone si accalcarono all’entrata del cinema per applaudire le personalità e gli attori del film: i più attesi furono, però, i Duran Duran, in quel momento la band più famosa al mondo.
La star delle Charlie’s Angels, Tanya Roberts, che interpretava il ruolo della Bond-girl accanto a Roger Moore, fu costretta ad abbandonare la passerella perché “sconvolta dall’attenzione fanatica dei media e dei fan dei Duran Duran”. La serata si tenne nel giorno del compleanno di Grace Jones, interprete di May Day, assistente del villain Max Zorin, e così vennero allestiti due party contemporanei, uno per la produzione presso l’Hard Rock Cafe di San Francisco e uno per la festa di compleanno della Jones all’esclusivo Trocadero.
La ‘prima’ inglese del film si tenne in un nuovo clima di delirio generale a Leicester Square a Londra, il 12 giugno. “Sapevo che questo sarebbe stato il mio ultimo film da Bond” commentò Roger Moore, che aveva festeggiato il suo cinquantasettesimo compleanno durante le riprese del film, diventando così l’attore più anziano ad aver interpretato l’agente segreto inglese.
Per la canzone originale del film la sorte avrebbe disegnato un nuovo capitolo: l’ultima apparizione pubblica dei Duran Duran fu sul palco del Live Aid di Philadelphia, il 13 luglio 1985. Il popolare cantante statunitense Pat Boone aveva accusato i cinque di satanismo per via del verso “dance into the fire” contenuto in A View To A Kill, che aprì il live-set della band, purtroppo molto deludente. “Non ci siamo pentiti di aver fatto il Live Aid – avrebbe spiegato anni dopo il batterista Roger Taylor – perché ha cristallizzato il fatto che eravamo in quel momento tutti sullo stesso palco ma in cinque posti diversi mentalmente. Probabilmente se non l’avessimo sperimentato non ci saremmo mai sciolti”.
Foto di Michelangelo Iossa scattata da Alessia Fresca
Foto d’apertura: Duran Duran – riprese di A View to A Kill – Parigi, marzo 1985 – Foto EMI Records collezione Christian D’Antonio
Questo articolo è un’anteprima assoluta di un estratto del libro, concessa dall’autore a The Way Magazine in occasione del 35esimo anniversario di ‘A View To a Kill’ (disco e film). Il libro, edito da uscirà a novembre 2020, in concomitaana con ‘NO TIME TO DIE’, 25esimo capitolo della saga di 007.
Giornalista, scrittore e docente universitario, Michelangelo Iossa collabora – da quasi trent’anni – con alcune delle più prestigiose testate italiane: è contributor delle pagine culturali del Corriere del Mezzogiorno, storico ‘dorso’ del Corriere della Sera, e di alcune trasmissioni televisive della fascia notturna di Rai Uno (Settenote, Testimoni & Protagonisti – XX secolo, Speciale Sanremo, Mille e un Libro).