Tutto quello che voleva Petronilla Naclerio era colmare il distacco. Dalle sue radici, certo, dalla Campania che l’ha resa la celebre e inventiva chef che è oggi. Ma anche il giusto allontanamento da una cucina troppo identitaria, a volte soffocante, per celebrarne una rinascita in grande stile.
Oggi per chi naviga i mari di Amalfi, o macina chilometri nel silenzio spirituale del Sentiero degli Dei, questa “corte degli Dei”, la locana del palazzo nobiliare Acampora di Agerola (Napoli), è una sosta irrinunciabile.
Sulla strada principale del comune montano dei Monti Lattari che si affaccia dal lato glamour di Positano, la corte del palazzo rivela un naturale bosco verticale come non capita di vederne spesso. Architettura seicentesca, arredi esterni minimal ma sapiente illuminazione ad hoc rendono il posto un affresco indimenticabile per gli occhi.
E il palato? Ancora meglio. Petronilla ha fermi e saldi i principi della reinterpretazione del territorio, dopo una vita di mestiere a Brescia e poi all’estero, figlia d’arte di chi coraggiosamente ha portato la cucina ittica nelle valli lombarde. Però vuole stupire e ci riesce bene. Ha dalla sua scenari e generosità del territorio. Zucca, zucchine e baccalà regnano sovrani in un turbinio di accostamenti e ritorni che ci restituiscono una tradizione filtrata dall’allegria della scoperta. E anche dei colori abbinati ai sapori, come l’impareggiabile fila di schiaffoni con zucca di stagione e Provolone del Monaco DOP fuso. Una leccornia da proteggere globalmente, o forse solo da custodire nella memoria fino al prossimo assaggio.
CENNI SUL PALAZZO – Palazzo Acampora in Agerola (sec. XVIII) è uno dei rari esempi di dimora e architettura patrizia dell’alta costiera amalfitana; residenza da oltre duecento anni degli Acampora di Corfù. Il casato degli Acampora, come testimonia il predicato di Corfù, persosi nel corso degli anni nella composizione ufficiale del cognome, affonda le sue origini nelle nobili famiglie che, durante la dominazione veneziana dell’isola greca, protrattasi sino ad oltre la metà del settecento, dominarono sull’isola stessa. Il legame con la città lagunare è altresì testimoniato da alcuni mosaici in pasta vitrea, presenti nel palazzo, provenienti da Murano e risalenti alla fine del diciannovesimo secolo, in cui si elogiano le virtù e le origini della famiglia Acampora ed in particolare del cavalier Francesco.