Massimo Bastasi e Mauro Copeta (DJ Wawashi) sono il duo che col nome di Hard Ton nell’ambiente dei club di tutta Europa fa divertire folle di party-goers estremamente eterogenee. La loro queer machine è ovviamente una proposta che porta all’immaginario gay della prima house music di Chicago, ma la contemporaneità e le attestazioni di affetto “professionale” che stanno arrivando da affermate star, inorgogliscono. Perché un progetto partito da Venezia si sta facendo strada in tutto il mondo e inspiegabilmente il fenomeno è ancora poco conosciuto da noi. Di ritorno da Stoccarda e in preparazione per un tour in Messico, il duo house italiano ha parlato a The Way Magazine della sua parabola artistica e dei progetti.

Come descrivereste Hard Ton?
Max: Hard Ton è la disco diva XXL di questo secolo. L’Italia è conosciuta per grandi artisti. L’immagine di Hard Ton è davvero grande, il che contrasta con il nostro utilizzo esclusivamente vintage e analogico dell’elettronica.
La vostra bio dice: con i suoi 150kg, Hard Ton è l’incontro di ritmi alla Giorgio Moroder con il peso massimo della queen machine di Chicago.
Mauro: Sì, ci abbiamo messo dentro le nostre influenze per far capire da dove arriviamo. Siamo partiti nel 2008 incontrandoci online per motivi personali ma condividevamo anche l’amore per la musica. Ci siamo conosciuti di persona l’anno dopo. Pensa che io ero dj ma Max era cantante metal. Ora con gli Hard Ton fa falsetti alla Sylvester su basi dance Hi-NRG. Il passato è importante nella nostra musica, così come il modo di presentarci.

Mettete su uno show ovunque andate. Faticoso?
Maro: Siamo un duo house con dei riferimenti precisi, la maschera nasconde è vero, ma libera. Senza una maschera a volte non sarebbe possibile dare tutto quello che vogliamo in pubblico. Se ci pensi, anche i supereroi hanno un’identità creata dal costume e questo libera una parte. Alla fine Max senza trucco, sarebbe…un cantante metal.
I vosti inizi professionali sono stati semplici?
Abbiamo iniziato 8 anni fa per gioco e abbiamo fatto due o tre pezzi e li abbiamo sottoposti a delle etichette: la prima ci ha risposto nel giro di sei ore. Abbiamo fatto la prima data live a Bruxelles senza avere niente sul mercato, solo delle tracce su MySpace. Abbiamo subito capito che l’estero sarebbe stato molto più ricettivo.
Beh in effetti, il titolo dell’album è Party Hard Ton ma so che Hard Ton ha anche altri significati.
Mauro: Ton è tonnellata ha a che fare col suo fisico, ed è un rimando a dei divi house chiamati Two Tons O’ Fun, ma se togli la “t” diventa hardon, che ha a che fare con l’eccitazione, diciamo così.
Che gusti vi hanno formato?
Mauro: Per me la musica elettronica a 13 anni erano i Duran Duran e ho iniziato a studiare pianoforte perché volevo diventare Nick Rhodes. Max è ancora un cantante heavy metal, ha due band ancora ora, e si sente anche in questo progetto, porta gli acuti sparati un po’ punk. E poi se ci pensi, anche nel rock c’è il trucco: cosa sarebbero stati Kiss e David Bowie senza tutto il contorno?

Max tu sei l’immagine del duo. Cosa ti ispira?
Max: Non vogliamo rielaborare gli immaginari estetici altrui, vogliamo fare dischi nuovi perché è più divertente, quindi abbiamo un indirizzo musicale, ma anche estetico, con riferimenti alla cultura pop, artistica, al mondo queer. Ci siamo dati un indirizzo ed è anche una gabbia. Rievochiamo il mondo dei Club Kids di New York di fine anni 80, tutto è parte di un concept.
C’è un pezzo nel vostro disco che elenca tutti i padri ispiratori della vostra vita artistica.
Mauro: L’eredità a cui ci riferiamo in Queer Nation va da icone come Leigh Bowery a Walter Van Beirendonck, lo stilista belga che è venuto a vederci a Parigi nella settimana della moda. A fine live mi ha detto “hai visto i due orsetti in prima fila?”. Successivamente ci ha scritto che gli era piaciuto e ci ha invitato allo showroom.
La domanda sul successo maggiore all’estero però è inevitabile. Perché?
Mauro: Siamo molto apprezzati all’estero, non sappiamo perché suoniamo molto in Germania, Belgio o Olanda. Siamo stati a Berlino, ci hanno chiamato a Super Talent per un’audizione e Max è venuto con il costume salame cheindossa dal primo live. Mi avevano avvertito i produttori coraggiosi che ci hanno invitato: forse la performance è un po’ forte, ma è andata bene.

Che rapporto avete con la scena club italiana?
Mauro: In Italia c’è una scena club diversa, che è cambiata molto. I promoter vanno sul sicuro e prendono nomi grandi, noi lavoriamo con grandi etichette ma non siamo headliner, ma non attiriamo migliaia di persone. Magari vederci in una line-up è per effetto di una ricerca di un taglio particolare a un party. Non ci identificano come italiani fuori dai confini, questo significa che parliamo un linguaggio globale. Per farci conoscere, visto che il progetto ha preso forma da Venezia, lo vendiamo come un link al carnevale ma non ci sentiamo originari italiani in quello che facciamo.
Siete però degli alfieri di un genere, quello house italiano, che ha fatto epoca fuori dai confini.
Mauro: Certo, la disco italiana ha una grande tradizione, anche se non facciamo disco, solo incursioni nella Italo Disco e il riferimento principale nella nostra musica è al primo momento House. Erano gli anni del divertiti, pace e amore, esprimiti, vieni fuori.
Gli Hard Ton hanno un diario FB con tutti gli eventi. Questo è il loro canale YouTube.