Finalmente, la pittura. Senza un necessario trait d’union tra le opere, senza il famigerato “dialogo” in galleria. Da Glauco Cavaciuti Arte a Milano, fino al 30 giugno ci sono molte interessanti opere di Massimo Kaufmann col solo scopo di parlare e riflettere sulla pittura.
Accostamenti, messaggi, riletture, rimandi estetici abbondano. Solo che il gallerista e l’artista qui sono in omaggio a un disco di Frank Zappa, completamente strumentale, che nel 1981 pubblicò l’album Shut Up ‘n Play Yer Guitar, progetto seriale musicale con solo strumenti.
Gli elementi puntiformi delle opere esposte sono a tratti intersecati con i rimandi al codice Braille per i non vedenti, a volte alludono alle diverse opzioni che abbiamo di leggere la realtà. La resa cromatica è di indubbia bellezza. Kaufmann stimola il visitatore con il gioco dell’incomunicabilità, fa molte riflessioni sulle apparenze e ci regala quadri che percepiamo semplicemente come belli.
BIO – Massimo Kaufmann è nato a Milano nel 1963, dove tuttora vive e lavora. Attivo dalla fine degli anni ’80, in quella generazione di artisti nati dopo il 1960 che si impone sulla scena italiana dopo le esperienze dell’Arte Povera e della Transavanguardia. Il lavoro si colloca fin dagli esordi in quella ‘Scena Emergente’ documentata dal Museo Pecci di Prato nel 1990, nella quale una nuova generazione nata al di fuori delle ideologie che hanno caratterizzato gli anni passati attraversa i medium più disparati, dall’installazione alla pittura, dalla fotografia al video. In quegli anni espone in numerose gallerie italiane: Studio Guenzani e Studio Marconi a Milano, Lia Rumma a Napoli, Galleria Emilio Mazzoli a Modena, Gianenzo Sperone a Roma. Nel 1990 è al Museo Pecci di Prato, al PAC di Milano e alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna.
Negli anni successivi, alcuni sui lavori vengono acquisiti da numerosi musei e fondazioni.
Nel Biennio 2006-07 è docente presso le Accademie di Belle Arti di Bergamo e Brescia.
Dal 2010 collabora a Milano con l’Accademia di Brera, per la quale svolge dei seminari sull’arte contemporanea.
Nell’ultimo decennio il suo lavoro si è concentrato principalmente su una pittura astratta, nella quale l’aspetto performativo riveste un ruolo centrale. Mappe e reticoli come città che si sviluppano a dismisura in esplosioni di colore. Esso viene utilizzato come veicolo emozionale, la pittura praticata come partitura musicale, il tessuto temporale come elemento portante della creazione artistica, sono elementi che negli ultimi lavori newyorkesi si dispiegano in una rilettura astratta del paesaggio urbano e naturale.
Una sua opera, “The Golden Age”, realizzata a NY nel 2008, è stata acquisita recentemente dal Museo d’Arte Moderna di Bologna (MAMBO).
Il ciclo delle “Carte” del 2016 è composto da pagine in cui è riportato il racconto leopardiano, ma sono fogli scritti in alfabeto Braille, il codice tattile che consente a chi è privo della vista di leggere un testo. Le opere sono quindi le superfici di carta traforata che si trasformano in tavole dipinte.
Qui Kaufmann recupera la dimensione rituale dell’arte nella sua complessa simbologia e nei suoi significati multipli, stratificati, attraverso il personalissimo gesto del dipingere per creare immagini poetiche con la pienezza della sua energia.