Cita Federico Fellini, Mina e Battisti, Morricone e l’antichità culturale di peso, l’italianità a tutto tondo quando parla traspare dal suo entusiasmo. Un connubio perfetto quello tra Jack Savoretti e l’Italia, dopo che il padre l’ha fatto crescere a Londra e lui si è sempre sentito a metà ma senza pressioni. Ora la star del new fold (“ma odio l’etcihetta, non so che musica faccio ed è un bene”) si è trasferito in campagna, è diventato “l’italiano del villaggio” e si dice pronto a ritrovare l’entusiasmo da italiano che in 5 anni di routinaria tournée gli era un po’ mancato.
“What more can i do – dice alla presentazione del disco “Singing To Strangers” che esce il 15 marzo – è il singolo che avrei voluto sempre scrivere. Questo disco è stato realizzato in inglese con cuore italiano in uno studio a Roma ed è un incontro tra il fare locale e le idee che mi sono venute in mente andandomene a vivere in campagna. A Londra ero uno dei tanti, nella campagna sono diventato di colpo l’italiano del villaggio, e un po’ ci ho giovato anche. Vado in giro come Benigni quando porto i figli a scuola, bacio tutti”.
Ha un’ironia mista tra realismo italiano e freddura britannica, quando lo si ha davanti è irrinunciabile lasciarsi trasportare dal suo eloquio perfettamente naturale e in bilico tra i due mondi (e modi) di intendere la musica popolare moderna: “Ho ascoltato musica e film italiani, ho fatto vedere anche ai miei figli l’entusiasmo, puoi criticarla o meno, ma ltalia sa tributare l’accoglienza che non esiste in nessuna altra parte del mondo. L’italiano di natura è entusiasta con le persone, come interagisce, non è mai noioso, quando vedo artisti che non hanno entusiasto, eppure fanno musica, non ti cadono le braccia? Cavolo, celebrala questa musica. Fare questo disco mi ha ridato la sicureezza e voglio celebrare la musica”.
L’unico album dove non combatte è proprio questo, a suo dire: “Qui dentro c’è solo il dilemma che sente la mia generazione, l’amore di famiglia e il dovere che il lavoro ti impone per mantenerti. Io ho cercato di mettere tutto ciò in una dimensione romantica. Una sceneggiatura felliniana mi ha fatto da involucro in un disco di musica romantica. Normale che sia nato in Italia, non poteva essere altrimenti. Ed è anche un messaggio che voglio lanciare: basta spaccature, voglio che ci sia unità almeno quando si ascolta un disco”.
“Vado in giro a cantare a sconosciut” è la colonna sonora di un film che non esiste, che per Savoretti “è basato sulla storia mia, che prendo i mezzi per andare in giro a suonare, devo imparare a gestire l’amore per la vita quotidiana e pure avendo tutto questo a cas, prendo sempre la valigia e vado in giro a cantare a sconosciuti. Un concetto che è l’essenza del mio lavoro”.
Col chitarrista ha composto la canzone pensando a come spiegare il titolo dell’album, una frase che resta in mente, non c’è dubbio.
Ecco come spiega la sua genesi: “È stato un considerare la mia vita dai 16 ai 34 anni, anni in cui ho sempre guardato in là per la felicità, la soddisfazione, quello che alcuni chiamano successo. E invece la libertà l’ho trovata con l’amore stando fermo. Volevo fare un album che celebrasse la sensazione romanticismo”.
Il cantante, che non ha avuto remore a dichiarare la sua opposizione alla Brexit, dice di “sentirsi affascinato da tutto ciò che unisce. Le persone che ho amato e stimato nella mia vita sono sempre state quelle che hanno promosso l’unità e non hanno alzato i muri”.
Il disco ha anche una chicca: un testo di Bob Dylan che scherzosamente Jack definisce l’episodio meno romantico del disco: “Bob Dylan è stato avvicinato dal mio manager, che non era riuscito a farmi fare un duetto e per compensare la delusione mi ha detto: se volete abbiamo trovato una valigia di Bob con dei testi mai usati degli anni Novanta“. Uno è diventato il brano “Touchy Situation” che è una lirica che Jack racconta così “come se Dylan avesse scoperto quello che scrivevo nelle mie lettere“.
L’ha incisa al piano, su suggerimento della moglie, per non sembrare una banale cover chitarra e voce che imitava Dylan. “Il suo team me l’ha approvata, ma non mi ha risposto lui in persona“, precisa Jack.
ni volta che dico quella parola, in quel momento mi sono sentito la canzone diventata mia
Per il resto tante influenze cinematografiche: “Il cinema è entrato in questo disco, volevo studiare cinematografia, adoravo la musica e i visual de Il Laureato. Mi affascinava da come la musica andava con la visione. Da ragazzino quando vai in macchina coi genitori ti fai il film, quando faccio io stesso musica cerco di creare la colonna sonora per chi l’ascolta. In questo album in particolare, ogni canzone è una scena, avevo fisso in mente la cinematografia. Come nei film di una volta che a un certo punto c’è un occhio di bue che avvolge il performer in dialogo col pubblico, mi sono immaginato il singolo Singing To Strangers”.
Tour ad aprile in Italia e poi di nuovo il mondo: “La mia carriera è sempre in bilico tra ego e portare a casa soldi. Se penso a chi chi deve fare un mestiere che non ama, posso dichiarare di essere felice”, conclude.