6 Giugno 2018

Le case chiuse nella magia del teatro, parla Sophie Lamour

La performer ha ideato “Maison Close, il giardino dei fiori proibiti” , uno spettacolo che ha già registrato il tutto esaurito. Prossima tappa a genova il 10 giugno.

6 Giugno 2018

Le case chiuse nella magia del teatro, parla Sophie Lamour

La performer ha ideato “Maison Close, il giardino dei fiori proibiti” , uno spettacolo che ha già registrato il tutto esaurito. Prossima tappa a genova il 10 giugno.

6 Giugno 2018

Le case chiuse nella magia del teatro, parla Sophie Lamour

La performer ha ideato “Maison Close, il giardino dei fiori proibiti” , uno spettacolo che ha già registrato il tutto esaurito. Prossima tappa a genova il 10 giugno.

“Quando c’erano le case chiuse”. Quante volte abbiamo sentito questa evocazione, con tutta la magia che ne deriva. Che adesso arriva sul palco di un teatro.

In scena il prossimo 10 giugno al teatro La Claque di Genova, “Maison Close, il giardino dei fiori proibiti” è uno spettacolo che ha già registrato il tutto esaurito anticipando con successo la riduzione teatrale del diario di una prostituta datato 1934 ad opera di Sophie Lamour, esperta di giapponismo e performer burlesque che si è lasciata rapire da questo diario e che tra non poche difficoltà è riuscita a portarlo in scena.

Lamour ha creato una vera Maison Close, una casa chiusa immaginaria nella quale riprendono vita i desideri proibiti di un tempo che fu.

Abbiamo chiesto a Sophie di approfondire il discorso legato al suo spettacolo e alle case chiuse.

È una storia di donne forti come lo stelo di una rosa rossa e delicate come i petali di un giglio bianco, tutte bellissime e diverse raccolte in un giardino segreto fatto di specchi, broccato e rinunce. Un giardino illuminato da candele profumate che prende vita solo di notte, lontano dallo sguardo indiscreto del resto del mondo. Prende spunto dal ritrovamento del diario di una prostituta che esercitava l’arte meretricio nel 1934 presso una casa chiusa d’alto bordo riconosciuta ovviamente dal Governo e anche dal Papato e dal Regno d’Italia, da qui prende vita un vero e proprio spaccato d’Italia dell’epoca, prima della Seconda Guerra mondiale. Vi sono tutti gli elementi e i particolari che pongono, questa volta, la prostituta non come oggetto ma come soggetto che racconta sulla propria pelle realmente quello che le stava accadendo. Il tutto avviene attraverso la lettura del diario, giorno per giorno e infatti si inizia da domenica 22 aprile 1934. La formula è quella del “caro diario”, l’unico vero amico di una prostituta. A Genova vi era veramente un brulichio di case chiuse prima della legge Merlin perché Genova è naturalmente un luogo di mare, è un porto importantissimo e strategico pertanto vi erano andirivieni di soldati, di merci, uomini politici, e uomini d’affari. C’era ad esempio la casa chiusa che si chiamava Il Lepre, la più famosa del ventennio, poi c’era Il Castagna, la più amata dagli studenti, il Sommergibile, per chi aveva pochi soldi e in fine La Suprema, la più chic della città. Maison Close è invece una casa chiusa di mia invenzione che mi ha dato l’opportunità di poter raccontare questo diario appunto in una casa immaginaria, tramite una casa immaginaria.

Cosa emerge da questo diario?

Dal diario di questa prostituta si è scoperto che le ragazze per esercitare la professione dovevano seguire un rigido regolamento, dovevano avere dei documenti specifici come il certificato abilitante alla professione, conseguito dopo un vero e proprio esame e un periodo di tirocinio gratuito e da qui si può immaginare l’esame finale, vi era poi un tacito accordo tra Curia, Stato e il tenutario della casa sancito dai Patti Lateranensi del 1929. Ogni venerdì pertanto si presentava il prete per confessare le ragazze regalando loro sempre un santino (Santa Margherita da Cortona, patrona delle prostitute pentite). Regole non solo professionali ma anche comportamentali soprattutto per quanto riguardava l’igiene, infatti ogni prostituta che esercitava in una casa riconosciuta dallo Stato e ciò comportava pagare le tasse allo Stato stesso, doveva seguire le regole istituite dal Manuale di igiene sessuale. 

Quindi queste ragazze avevano una collezione sterminata di santini…

È possibile ma bisogna tenere conto della quindicina, cioè che ogni quindici giorni le ragazze cambiavano, quindi, di fatto ogni quindi giorni in una casa c’erano ragazze sempre diverse. Poteva capitare che entrasse nel gruppo una ragazza nuova, una novella, questa veniva chiamata “piatto del giorno”.

La figura importante della maitresse invece?

La maitresse era una vera e propria donna d’affari che per il potere economico non guardava in faccia a nessuno, unico potere che aveva di conseguenza aveva tutto l’interesse a mantenere rapporti di pubbliche relazioni e anche politici, era in contatto con i fornitori e soprattutto si occupava dei corsi di aggiornamento relativi alle norme sanitarie. Una cosa interessante è che una marchetta di una casa d’alto bordo, come io mi sono immaginata studiando tutte le case d’alto bordo di una volta, valeva almeno 30/40 marchette di una casa economica. L’accordo economico era stipulato in questo modo: 50% alla maitresse per l’affitto della casa, il vitto e l’alloggio, e 50% alle ragazze con l’obbligo di acquistare, in caso di necessità, ogni cosa dalla propria maitresse, dal materiale igienico, cosmetici, profumi, lingerie, all’abbigliamento.

Invece dal punto di vista umano?

Naturalmente dal punto di vista di questa prostituta si evince tutto il dramma psicologico e sociale che vivevano queste donne, di fatto erano dei veri e propri fantasmi, esistevano solo per lo Stato quando dovevano pagare le tasse ma di fatto non avevano diritti e uscendo raramente dalle case esistevano solo nel momento in cui s’intrattenevano coi clienti. Pertanto si tratta di un dramma tutto al femminile che parte dalla propria identità di donna come corpo femminile che la perde strada facendo attraverso la professione del meretricio; tutto quello che è il piacere di essere una donna legato magari all’amore per un uomo viene visto proprio come un dramma e quindi, molto spesso, queste donne finivano per suicidarsi. E ancora, si toccano temi importanti come i controlli ginecologici effettuati tipo una catena di montaggio, tutte insieme e senza un minimo di privacy.  Drammi come la maternità negata, aborti spontanei ma anche indotti o comunque costrette ad abbandonare il proprio neonato presso gli orfanotrofi a cui comunque veniva garantito dal comune un mantenimento. Maison Close ha invitato il pubblico femminile a indossare delle scarpe rosse proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica in un momento in cui le persone possono vedere attraverso il burlesque e il teatro che io propongo, sia un momento d’intrattenimento che un momento di riflessione, infatti Maison Close è una casa chiusa ma è soprattutto una fiaba, quasi un luogo delle meraviglie in cui approdare e si viene appunto sorpresi quasi dal fatto che ci siano le cose belle che comunque una donna allora poteva desiderare, rossetti, profumi, lingerie,  tutte cose meravigliose per poi capire che in quella facciata di bellezza c’era veramente il peggio dell’umanità. Per questo ho voluto accostarlo anche alla tematica del femminicidio per dare un messaggio di stop alla violenza sulle donne importante più che mai oggi quando si parla di donne.

C’è anche un momento musicale?

Certo, c’è la presenza di canzoni tipiche ispirate alle case chiuse o alle prostitute, come ad esempio Bocca di rosa di De Andrè che a Genova non può certo mancare, oppure Il cielo in una stanza scritta da Gino Paoli dopo aver avuto un incontro con una prostituta proprio al Castagna.

Concludendo?

Come burlesque ci saranno delle metafore sull’alcol, l’uso dell’oppio e della cantaride, ci sarà un passaggio in kimono perché nel 1937 arrivò dal Giappone una delegazione di alleati di Mussolini che portò in Italia le geisha e le oiran (cortigiane), poi ci saranno anche dei riferimenti allo spionaggio dell’epoca e parlerò anche di quello che è successo a Galeazzo Ciano e poi… (sorride) penso di averti detto tutto.

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Enzo Latronico

Sceneggiatore e giornalista, laureato in Scienze dell’educazione e della formazione, Enzo Latronico è il nostro esperto del grande schermo. Ha diretto per il Ministero per i Beni e le attività culturali, il docu-movie "A memoria d'uomo" e ha sceneggiato il film “Solo di passaggio”. Autore dei libri "Ugo Pirro. Indagine su uno sceneggiatore al di sopra di ogni sospetto", “La settima arte della seduzione”, “Gli attori mangiano per finta” e “Quando c’era Maciste”. Fondatore del blog/magazine cinemascritto.wordpress.com, è un appassionato studioso della cinematografia di James Bond. – “Nel guardaroba di un uomo non dovrebbe mai mancare uno smoking”
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