Il fotografo realizza personalmente le proprie opere attraverso un procedimento completamente manuale sviluppato sul principio di un’antica tecnica fotografica, oggi in disuso per la complessità realizzativa. Tale procedimento utilizza pigmenti naturali, carta per acquerello e acqua per l’ottenimento delle immagini.
Nato a Carrara da una famiglia di cavatori di marmo, l’artista ricorda che l’infanzia è stata ricca di osservazione: “Era grazie al processo di rimozione del superfluo che la materia prendeva forma e questo ha influenzato la mia vita”.
Sin dall’infanzia frequenta i laboratori di lavorazione del marmo, dove ha modo di vedere come nasce la scultura che Michelangelo definiva arte “che si fa per forza di levare”. E’ in questo periodo che sviluppa la concezione della fotografia come processo di rimozione del superfluo.
Nella metà degli anni ’70 del ‘900 inizia un percorso artistico che utilizza il linguaggio fotografico come strumento di ricerche legate ai temi grafici del paesaggio e delle persone.
Le sue stampe sono realizzate su una carta acquerello pesante sulla quale è stesa manualmente la gelatina e successivamente con pennello il pigmento. Non si tratta di fotografie stampate in serie su carta fotografica tradizionale ma di vere e proprie opere uniche e sempre in originale, realizzate una ad una completamente a mano dall’artista. Ogni stampa è un originale.
Stampe d’arte photo art. Le tecniche di stampa oggi in uso, sia ai sali d’argento, sia a getto d’inchiostro permettono di ottenere copie di immagini perfettamente uguali l’una all’altra in un numero di copie infinito. Tutti questi metodi producono stampe tecnicamente perfette, siano esse prodotte da pellicole analogiche, sia da file digitali.
Maurizio Paolo Grassi, sin dalle prime esperienze di stampa fotografica ha subito rilevato come la classica carta fotografica, pur fornendo immagini tecnicamente perfette non riusciva a rappresentare la “quarta dimensione” dell’immagine: la profondità necessaria nelle stampe d’arte.
Nella fotografia le prime due dimensioni riguardano il campo dell’immagine, la terza dimensione rappresenta l’attimo in cui la foto è stata catturata. La “quarta dimensione” è quella che secondo Maurizio Paolo Grassi lega la rappresentazione fotografica all’arte tridimensionale della scultura e cioè lo spessore, il rilievo dello strato di pigmento depositato sulla carta della foto d’arte.
La tecnica per stampe d’arte, in origine denominata resinopigmentipia o resinotipia è uno dei pochi procedimenti, oltre all’uso della gomma bicromata e del bromolio, che sfruttano le caratteristiche chimico-fisiche della gelatina e non la proprietà fotosensibile dei sali d’argento o di altri elementi sino allora usati.
Ciò conferisce alle immagini una profondità di toni e una permanenza nel tempo il cui limite è solo quello della durata della carta di puro cotone utilizzata quale supporto per le opere.