Dal 26 maggio al 24 settembre, a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni, Genus Bononiae, insieme a Fondazione Carisbo, presenta Viaggio verso l’ignoto,una mostra a cura di Claudio Cerritelli e Gisella Vismara dedicata alla figura complessa e poliedrica di Lucio Saffaro (Trieste 1929 – Bologna 1998): pittore, scrittore, poeta e matematico tra i più originali della cultura e dell’arte italiana del secondo Novecento.
I suoi studi sulla determinazione di nuovi poliedri e sull’esplorazione teorica delle possibilità offerte dalla prospettiva diverranno il perno concettuale, ontologico e simbolico del suo lavoro. Saffaro ha esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e in molte altre importanti rassegne in Italia e all’estero, ricevendo premi internazionali
Il percorso espositivo si apre con le immagini che caratterizzano il periodo degli anni Cinquanta, evocanti scenari indeterminati e surreali dominati da presenze fantasmatiche. Le figure rappresentano personaggi enigmatici che abitano luoghi misteriosi. Sono “presenze” inquiete, che si aggirano tra architetture irreali e atmosfere senza tempo; figure iconografiche come quella che ricorda una sorta di cavaliere che impugna il pennello al posto della spada, e sfida il campo delle idee terrene per innalzarsi a un livello di comprensione superiore, non necessariamente dominato dal pensiero razionale.
Nel corso degli anni Sessanta, Saffaro inizia a indagare il rapporto tra arte e scienza: i codici scientifici dialogano con gli strumenti della fantasia, le strutture matematiche sconfinano oltre le misure spazio-temporali, i ritmi costruttivi si aprono all’irrazionale. Lo specchio, il labirinto, l’infinito, sono i temi di ricerca che l’artista sviluppa in questo periodo.
I teoremi logico-prospettici sono caratterizzati da una compostezza geometrica che si avvale di molteplici elementi costruttivi: archi tangenti e movimenti ondulatori, piani concavi e convessi, strisce convergenti e intersezioni asimmetriche. Nelle opere degli anni Settanta la tensione prospettica accompagna i flussi avvolgenti del sogno, le forme simmetriche sono turbate dalle ondulazioni del desiderio, i procedimenti razionali dialogano con la dimensione del dubbio.
Dalla metà degli anni Sessanta, l’introduzione dei “poliedri” assume una rilevanza non solo di natura matematica, ma anche di carattere esistenziale; infatti, essi non sono solo frutto di calcoli matematici, ma provengono anche dalla dimensione del sogno. L’immaginario geometrico di Saffaro riflette le sfaccettature del pensiero polidimensionale, la pluralità delle fonti iconografiche e la proiezione delle forme nello spazio cosmico.
Insieme alle opere pittoriche e grafiche verrà esposta anche una selezione di cataloghi monografici e di libri realizzati da Saffaro durante la sua carriera. Completerà la rassegna una sezione composta da alcune fotografie inedite di Nino Migliori, ritrovate di recente, le quali ritraggono l’amico triestino negli anni Settanta. Verrà infine presentato il documentario Lucio Saffaro. Le forme del pensiero, realizzato nel 2014 dal regista Giosuè Boetto Cohen, con le narrazioni di amici e studiosi: Maurizio Calvesi, Flavio Caroli, Federico Carpi, Claudio Cerritelli, Bruno D’Amore, Michele Emmer, Piergiorgio Odifreddi, Riccardo Sanchini, Luigi Ferdinando Tagliavini, Walter Tega e Gisella Vismara. A questi contributi si aggiungono i preziosi film di famiglia che permettono di entrare nella dimensione intima e privata dell’autore.
Disponibile un catalogo pubblicato dalla casa editrice Bologna University Press con i contributi critici di Gisella Vismara (consulente scientifica della Fondazione Saffaro), Bruno D’Amore (critico d’arte e matematico) e di Claudio Cerritelli (già docente di storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Brera).
Lucio Saffaro (Trieste 1929-Bologna 1998) si è laureato in Fisica pura all’Università di Bologna, dove ha vissuto dal 1945. È stato pittore, scrittore, poeta e matematico. Dagli anni Sessanta si è affermato come una delle figure più originali ed inconsuete della cultura italiana, ricevendo ampi riconoscimenti in ciascuno dei campi in cui ha operato. Nel tempo, le sue opere letterarie e grafico-pittoriche sono state recensite e presentate da critici autorevoli. Rifiutando la definizione di “artista-matematico”, Saffaro ha sempre lavorato ai confini e in continuità tra l’arte e la scienza. L’artista, pur praticando una ricerca vicina ad un classicismo profondamente italiano e rinascimentale, tuttavia, non ha mai scordato le proprie origini triestine. Nelle sue opere ricorrono frequentemente le figure e le “immagini” simboliche del mare, delle onde e dell’orizzonte, tutti elementi che evocano la sua appartenenza anche ad una cultura mitteleuropea. ‘Tempo, spazio, essere e tristezza’ costituiscono i nuclei tematici costanti nell’opera di Saffaro: dai primi e poco conosciuti disegni ed olii su tela, appartenenti ad un’originale idea di “metafisica”, fino ai quadri e alle grafiche più marcatamente saffariane, dove emerge la sua ricerca perenne intorno all’enigmatico e all’ignoto.