9 Giugno 2019

“L’ultimo velo di Mata Hari” lo rivelano due donne

Sophie Lamour dirige, Giorgia Foglino interpreta. Intervista alla regista che indaga sull'artista al di là dello stereotipo.

9 Giugno 2019

“L’ultimo velo di Mata Hari” lo rivelano due donne

Sophie Lamour dirige, Giorgia Foglino interpreta. Intervista alla regista che indaga sull'artista al di là dello stereotipo.

9 Giugno 2019

“L’ultimo velo di Mata Hari” lo rivelano due donne

Sophie Lamour dirige, Giorgia Foglino interpreta. Intervista alla regista che indaga sull'artista al di là dello stereotipo.

Una donna, una valigia, destinazione Parigi. Un viaggio alla scoperta della vita di una delle più affascinanti spie del Novecento: Mata Hari. In scena domenica 9 giugno dalle 21 presso La Claque di Genova, il nuovo intrigante spettacolo scritto e diretto da Sophie Lamour, “L’ultimo velo di Mata Hari”. Un personaggio mai indagato nel profondo, nella sua umanità, se non in documentari storici che ne hanno fatto emergere il lato più avventuroso e doppiogiochista; una donna che ha vissuto pericolosamente la Prima guerra mondiale pagando con la vita le conseguenze delle sue scelte politiche e di vita. Sophie Lamour, regista di questo singolare spettacolo ci offre il suo punto di vista.

Questa volta porti in scena, in uno spettacolo scritto e diretto da te, un personaggio molto conosciuto da un punto di vista quasi leggendario, potremmo dire, ma poco conosciuto per ciò che riguarda la sua vita: Mata Hari. Come mai proprio lei?

Mata hari com’era e come è rappresentata da Giorgia Foglino, in scena stasera a La Claque di Genova.

Mata Hari è l’icona della Femme Fatale, per tanto nello stereotipo molte artiste  si rifanno a questo archetipo leggendario. Nel corso del tempo è come se questa donna avesse perso il suo lato umano. Ad esempio, quando si dice a una donna “sei una Mata Hari, nel luogo comune si sottintende una donna bellissima, gelida, molto furba, una mangiatrice di uomini, una stratega pragmatica e arrivista, senza morale e senza alcun genere di rimpianti. Ma appunto un luogo comune. Mi sono interrogata sull’aspetto umano, chi era, da dove veniva, le sue vicissitudini intime familiari, i suoi legami con la terra d’origine e quale ragione l’avesse spinta ad andare a Parigi. La vita per una donna oggi nel 2019 non è semplice, figuriamoci ai tempi della Belle Epoque, che per quanto bella, nascondeva ancora immense limitazioni per il sesso debole. Lei rappresenta un ideale, una musa, una donna antesignano della libertà e dell’indipendenza femminile, anche se sicuramente come tutti, per andare avanti, ha dovuto fare delle scelte e scendere a compromessi. Quest’ anno corre il 130°anniversario della Tour Eiffel, e quest’anno è successo il tragico incendio di Notre Dame. Due simboli dell’architettura che raccontano l’anima di Parigi: quella del passato fatta di legno e pietra che protegge la gitana Esmeralda, e quella del futuro fatta di ferro e bulloni che però tradisce Mata Hari; ho scelto di raccontare Mata Hari, perché è una donna in cui storia e arte si fondono e si sublimano nella danza onirica.

Qual è l’aspetto della Hari che ti ha affascinata di più?

La dignità, la fierezza e il viaggio. Si evince da tutte le sue biografie “il cogliere l’attimo” e renderlo un’opportunità.  Ho ripercorso anno per anno la sua vita, e si capisce come questa donna fosse un incredibile camaleonte pronta a cambiare pelle in continuazione, pronta a imparare le lingue con facilità e senza alcun timore, si poneva di fronte a un obbiettivo e lo raggiungeva con chiarezza di intenti secondo la massima “il fine giustifica i mezzi”. Una donna creativa, che ha creduto in tentativi artistici ed è riuscita a imporli alle élite intellettuali del tempo. Era una donna che non aveva paura di esprimersi, aveva coraggio, era un’astuta osservatrice e non si dava mai per vinta. Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, pronta anche a mentire per regalare un sogno: il sogno della danza sacra di Shiva.

Cosa ci puoi dire del suo stile?

Non era una ballerina. Ma era intelligente. Consapevole della sua bellezza e del suo magnetismo, sapeva catturare l’attenzione. Il suo portamento regale comunicava immediatamente la sua potenza scenica. Lontana anni luce dalla danza classica, ammaliava con danze suadenti, lente e ipnotiche, abbindolando il suo pubblico, con movenze esplicite fino all’emulazione di un rapporto carnale con la divinità orientale. La sua intelligenza fu mescolare il sacro al profano con astuzia e ricercatezza.

In base al suo talento e al periodo che ha vissuto come definiresti la sua vita?

Mata Hari ha avuto una vita straordinaria. Più volte toccò il baratro della tragedia, ma a testa alta seppe rialzarsi e diventare più forte. Come un araba fenice. Dalla morte prematura della madre, all’allontanamento dal padre, al marito violento e perverso, alla perdita del suo primo figlio. Insomma una donna che in questo senso può essere sicuramente un esempio di rivalsa per molte donne.

Gli uomini della Hari invece?

Ecco gli uomini. Naturalmente nella biografia di Mata Hari si parla di molti amanti ma il mio racconto si concentra nella figura negativa del marito, ubriacone di origini scozzesi, passando per il focoso amante italiano maschilista Marinetti, finendo con l’ultimo amante russo (diremo oggi toy boy) molto più giovane di lei che nella parte finale la usò come macchina da soldi, sfruttandola e deridendola a pochi giorni dalla condanna a morte.

Cosa porti in scena di lei in particolare?

La sua anima. Sembrerebbe presuntuoso, ma è lei che parla. La mia penna è stata guidata da una forza strana. Ho compreso la sua solitudine e da lì è nato tutto. In fondo la gente la ricorda come Mata Hari, ma in fondo lei era la semplice Margharetha.

Come ti sei preparata per questo progetto?

Ho fatto molti studi approfonditi partendo dalla documentazione delle sue lettere, passando per le biografie e i romanzi. Naturalmente tutta la cinematografia a lei riferita e le dichiarazioni di chi l’aveva conosciuta e vista danzare. Ancora oggi alcuni documenti che la riguardano sono Top Secret.

In effetti è un gran personaggio, cosa ti ha lasciato dentro?

Mata Hari, mi ha lasciato la forza e la dignità tipica della donna indipendente ed emancipata che mai e poi mai abbasserebbe la testa… nemmeno di fronte al plotone d’esecuzione.

Chi ti accompagna in quest’avventura?

Un grazie particolare a Giorgia Foglino che interpreta Mata Hari, poi Deborah Carelli, Lorena Scarsi, Beatrice Cafiero, Alessandra Politi, Barbara Castellano, Loredana Orecchia, Mariangela Barcaro, Sabrina Flaccavento, Vanda Rigotti, Viviana Fortunati, Carmen Mosca e Elena Strappazzon, tutte bravissime.

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Enzo Latronico

Enzo Latronico

Sceneggiatore e giornalista, laureato in Scienze dell’educazione e della formazione, Enzo Latronico è il nostro esperto del grande schermo. Ha diretto per il Ministero per i Beni e le attività culturali, il docu-movie "A memoria d'uomo" e ha sceneggiato il film “Solo di passaggio”. Autore dei libri "Ugo Pirro. Indagine su uno sceneggiatore al di sopra di ogni sospetto", “La settima arte della seduzione”, “Gli attori mangiano per finta” e “Quando c’era Maciste”. Fondatore del blog/magazine cinemascritto.wordpress.com, è un appassionato studioso della cinematografia di James Bond. – “Nel guardaroba di un uomo non dovrebbe mai mancare uno smoking”
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