Quando c’è un’iniziativa per far emergere talenti musicali firmata Marco Biondi, la sostanza è assicurata. Lo speaker radiofonico è stata una presenza costanze nel mondo della discografia. Uno che all’apice della sua carriera poteva decretare, con umiltà ma sempre estrema competenza, i top e i flop di un’intera filiera. Davanti ai microfoni di Marco sono passati tutti i big dagli anni 90 in poi e per molti ragazzi che ascoltavano le sue “Pop News”, in epoca pre-Internet boom, era una delle voci più internazionali che avevamo in radio in Italia. Oggi Marco Biondi ha legato la sua professionalità a Showtime.it, la vetrina numero uno che mette in contatto gli organizzatori di un evento con gli artisti che lo devono realizzare. Il ventennale speaker di Radio DeeJay e Radio 105, oltre che direttore artistico di Virgin Radio fino a 4 anni fa, prende la direzione del portale che scova i talenti.
L’iscrizione al portale, completamente gratuita, è aperta a ogni tipo di figura artistica e professionale: musicisti, animatori, speaker, comici, attori, video maker, prestigiatori.
Il neo direttore, che è anche personalmente impegnato in attività di formazione di speaker radiofonici, invita gli artisti a inviare un video con un’esibizione della durata massima di 5 minuti immaginando di avere di fronte un grande pubblico virtuale, ora come ora l’unico possibile vista l’emergenza sanitaria in corso. Le migliori esibizioni inviate a info@showtime.it verranno pubblicate sul portale.
Marco, che cosa ti spinge a fare da direttore e promotore di un’iniziativa così ambiziosa?
Dare un’opportunità di visibilità da non perdere, in attesa di risalire sul palco, che è il momento che tutti aspettiamo dopo questo periodo così doloroso. Già quando ho lasciato i grossi network nel 2016 ho accettato lavori nuovi e tra queste cose seguivo artisti emergenti per mettere a servizio la mia esperienza per riuscire a farli crescere. Poi con Sorry Mom! Management di Luca Bernardoni, che vendevano le mie serate, abbiamo iniziato la collaborazione assieme su questo progetto.
La piattaforma è molto articolata. Chi ti è stato accanto nella pianificazione?
Marco Palmisano, che è il titolare di Sowntime.it con cui ho tanti punti in comune. Oggi si sente l’esigenza di fare sempre di più per gli emergenti e già in radio mi accorgevo che alcuni passaggi per la loro crescita mancavano nel sistema. Mi accorgevo già a Virgin Radio che ci arrivavano proposte di emergenti molto interessanti, ma spesso mancava la direzione. Non è detto che sia un bene avere sempre persone che dicono di sì. Magari è anche è il momento di dire che se vogliono cantare in inglese, questi ragazzi dovrebbero saperlo parlare a perfezione. Meglio provarci in italiano, se sei italiano.
Che difficoltà affrontano i giovani nella musica oggi, secondo te?
Se non hai numeri alti sui social si sa che hai poco sbocco per il successo immediato. Detto questo, emergere è sempre stato molto difficile, la discografia negli anni Novanta aveva budget molto alti, vero, ma era un momento in cui le cose funzionavano bene. E i gadget per accompagnare i lanci dei dischi venivano comunque fatti per nomi che tiravano. Ricordo per “Il Giardiniere” di Niccolò Fabi la Virgin nel 1997 fece arrivare un kit da giardiniere. Quando uscì “Lemon Tree” dei Fools Garden la Emi nel 1996 mi recapitò una pianta di limoni. Queste cose che ti fanno capire che c’era anche creatività nello spingere gli artisti. E ci sono anche dei casi che ci fanno ricordare che non bisogna essere giovane sempre a tutti i costi. Ligabue ha avuto il primo disco di successo a 30 anni, scartato da tutte le etichette, peraltro. Come sarebbe successo successivamente a Tiziano Ferro.
Tu come riconosci la qualità?
Se capita il talento con un buon lavoro della nostra squadra, sono molto entusiasta e positivo per il futuro. Abbiamo già un paio di giovani che cantano in italiano, rap e dintorni anche se sono artisti ecclettici, e mi piace sempre provarli anche in altro. Per me che sono cresciuto con David Bowie, quando vedo ragazzi che fanno musica con melodia e rap e magari producono video contemporaneamente, mi rendo conto che c’è della sostanza. Proprio per andare contro ai trend non guardiamo età, se uno è forte è forte.
Le radio vi aiuteranno?
Tutti sappiamo che la radio è cambiata molto negli ultimi anni. Ho messo in chiaro che non mi voglio occupare di promozione radiofonica. Dico ai ragazzi quello che penso: quando si parla di radio si pensa solo ai network che sono 16 ma le altre mille stazioni sono interessanti allo stesso modo. Sono radio locali e web, spesso di ascolti regionali che non vogliono scimmiottare i grandi, fanno un lavoro sincero e genuino. Se proponi qualcosa si appassionano loro stesse. Se un domani per un nostro artista arriva Rtl e Radio Deejay siamo contenti, ovviamente.
Come affronti questa avventura?
L’avventura è quello che mi interessa, hai detto bene. Abbiamo creato iniziativa, senza fare eventi e stiamo raccogliendo video live per dare visibilità. Ho un secondo progetto che posso solo accennare: ritorno in radio per un programma web locale che ha struttura grande. Perché secondo me la radio che approccia il suo territorio avrà la meglio. Sarà a Vigevano, provincia di Pavia.
Per finire, vogliamo sapere qualcosa di te, di personale. Come si svolgono le tue giornate in questi mesi?
Mi coordino molto con i ragazzi di Showtime, visto che mettiamo a disposizione iscrizione gratuita con scheda d’artista, e anche servizio di management e ufficio stampa, sto lavorando con loro e sono ottimi professionisti. Facendo smart working da quando praticamente ho lasciato Virgin Radio, non ho orario. In 4 anni l’unico mezzo di contatto che ho è la mia pagina Facebook e i contatti sono aumentati tantissimo. Anche io uso Spotify per informarmi su tutto quello che esce, ma odio quando qualcuno detta le regole di composizione dei brani. Lo scopo della musica è un altro.
Hai nostalgia dei tempi andati?
Beh, stiamo vivendo in Italia gli anni della nostalgia, non ci sono più i fenomeni globali di un tempo. Credo che ripensando agli anni Novanta a Radio Dee Jay, quello che succedeva lì dentro in un giorno succede ora in un mese. A Milano chi viene in promozione? Nemmeno i grandi artisti si permettono giri fuori dai concerti. Poi c’è un altro fattore: eravamo tutti più giovani ed è normale che la sensazione di leggerezza è quella che resta nella memoria. Da un punto di vista musicale, mi dispiace molto per le band. Non c’è nulla che esalti il loro ruolo, tutto è molto puntato sull’artista singolo, anche perché il marketing ha risolto facendo fare i featuring a tanti singoli.