C’è voluto un produttore ed ex cantante di successo italo-canadese per riappacificare Massimo Ranieri e il suo repertorio anni Settanta. Gino Vannelli, che ha una serie di hit internazionali nel suo carnet davvero impressionanti, ha curato la produzione e gli arrangiamenti del re della canzone d’autore italiana dal sapore partenopeo e ne è uscito un disco molto ambizioso e godibile, “Qui e adesso“, che esce per Ra.Ma 2000 International/Artist First.
L’album, in deluxe edition anche personalmente autografato dal cantante, contiene 17 brani tra cui alcune perle pubblicate negli anni ’70 che non avevano trovato spazio nella promozione discografica di allora a causa degli impegni teatrali dell’artista: tra questi, “Via del Conservatorio”, “Ti Ruberei”, “Per una donna”, “Quando l’amore diventa poesia”.
Tra gli inediti, invece, troviamo anche “Quando il sogno diventa inutile” brano che il grande Charles Aznavour regalò a Ranieri pochi anni
prima di morire. “Ad Aznavour – racconta oggi – piacevano i miei cappelli, mi ha invitato al suo spettacolo, ancora non ci credevo di essere ospite su un palco con lui e Franco Battiato”.
L’inedito “Mia Ragione” è stato presentato da Ranieri da super ospite, durante la 70° edizione del Festival di Sanremo, mentre il singolo di lancio del disco in questa fase autunnale, “Siamo uguali”, versione in italiano di “We Are Brothers” di Vannelli, brano registrato in parte a Roma e in parte in Canada.
Le canzoni del disco verranno presentate durante il nuovo programma
televisivo omonimo condotto da Massimo, in onda a partire da giovedì 3
dicembre su Rai3, per quattro puntate in prima serata. “Siamo uguali” verrà eseguita live per la prima volta nella speciale e ultima puntata di Natale dello show.
In collegamento da Roma, Massimo Ranieri ci ha detto: “Vivo male questo momento di stop forzato come tutti e non sono sereno per tutte le persone che lavorano nel mondo dello spettacolo e che sono costrette a casa. Volevo fare anche un incontro live con pianoforte e voce o solamente una chitarra, ma niente si può fare, spero in futuro di poter riprendere”.
Ranieri oggi definisce “folle” aver lasciato la canzone a 24 anni per dedicarsi al teatro: “Per me è giunto il momento di riprendere quel repertorio che ho messo da parte, tra l’altro pieno di canzoni che ho amato. Se bruciasse la città, 20 anni, Erba di casa mia, erano all’altezza delle altre loro contemporanee e ancora oggi vivo su quelle canzoni. Tornando indietro mi sono messo a riascoltarle e le ho volute attualizzare, hanno una loro validità e a Canzonissima hanno avuto successo. Dopotutto nel momento in cui le ho fatte ci credevo. Voglio ridare al mio pubblico le canzoni di quel periodo con la pennellata di Gino Vannelli”.
Dal 1969 al 1974 Ranieri riconosce di aver avuto la fortuna di avere un team autoriale “che in 4 album hanno avuto un momento molto creativo. Sono anni indimenticabili e mi commuovo ancora a ripensarci”.
Negli anni Duemila, poi, il sodalizio con Mauro Pagani ha portato Ranieri in ambiti molto sofisticati: “Per me è davvero un grande produttore, ho un rapporto ventennale con lui di stima, amicizia e affetto. Non c’è nulla di preoccupante in questo temporaneo distacco, gli ho detto che avevo il desiderio di fare disco con Vannelli, volevo capire il suo mondo, le sonorità jazz e pop. E nel disco ci sono arrangiamenti meravigliosi“. Il cantante dice di aver pronto un album di inediti, con l’incisione di una perla nascosta di Domenico Modugno e un pezzo di Ivano Fossati, in programma per l’autunno 2021, prodotto da Pagani.
Intanto al momento, con la prima puntata del suo nuovo show su Rai Tre slittata per il lutto di Maradona, ci sono nuovi “incontri” professionali a tener banco: “La trasmissione è anche confidenziale ed è quello che cercavo, ho chiamato amici colleghi come Francesco De Gregori, Gianna Nannini. Renato Zero mi ha ricordato una partita di calcio dove lui arbitrava con un mantello nero e le piume, era il 1971″.
Lo showman afferma di non aver voluto rifare lo stesso show di sempre: “Dopo dieci puntate estive l’anno scorso pensavo di stare lontano dalla tv. Ecco perché abbiamo costruito uno spettacolo “non spettacolo” per Rai Tre, ho accettato l’invito di Franco Di Mare che è il neo-direttore, napoletano come me, che mi ha chiesto di lavorare con la sua idea. Così è nato il “confessorio”, il mio camerino aperto ai colleghi dove ci si racconta le vite private”.
Il Teatro Sistina senza pubblico è scelta voluta come ambientazione dello show: “Mi sono rifiutato di farlo in studio perché io sono nato lì e anche per dare al pubblico un segnale molto forte. A me sembrava pieno, devo confessare. Avevo la sensazione di sentire le presenze dei giganti che hanno calcato quelle tavole. Quel posto lo conosco come casa mia”. Gli arrangiamenti e la possibilità di portare la musica in tv per 4 settimane hanno fatto il resto: “La musica in tv grazie a Rai Tre è stato un importante fattore per far riascoltare le mie canzoni in una veste nuova, sono diventate “Vannelliane”, c’è il piano, una tromba, in omaggio a Ennio Morricone. Mi reputo fortunato per continuare a lavorare e privilegiato a presentare il disco davanti a una platea. Certo, spero che il pubblico esprima gradimento“.
Dei suoi fari professionali, Ranieri racconta con dovizia di particolari tutte le sensazioni che l’hanno accompagnato nelle varie fasi della sua carriera: “All’epoca degli esordi, cantavo canzoni scritte e pensate per me, “Quando l’amore diventa poesia”, il mio secondo Sanremo, fu straordinario perché anche io ebbi una canzone di Mogol. Il mio rapporto con Charles Aznavour è stato un sogno divenuto realtà. Quando sono in palcoscenico e canto, penso a lui, a come si muoverebbe. Il primo disco che ho comprato è il suo disco doppio dal vivo del 1974. Quando mi capita di fare qualche regia, invece, unico riferimento per me è Giorgio Strehler. Mi fa stare con i piedi per terra ma mi fa perdere giornate intere per una luce su una canzone“.
I riferimenti nella canzone sono dei cardini per Massimo Ranieri ancora oggi: “Adriano Celentano, con il suo girare le spalle al pubblico su ’24mila baci’ ha scardinato tutte le regole. E poi c’è Domenico Modugno, mi intrufolavo al Politeama a Napoli e lui era in coppia con la Vanoni e si metteva in platea nelle prove ad ascoltarla. E io prendevo posto proprio dietro di lui e gli sussurravo nelle orecchie le sue canzoni. E lui: L’ho capito che canti bene ma non posso fare niente, coltiva la tua voce”.
Massimo Ranieri, come dimostrerà in tv quest’anno, ha anche un rapporto molto stretto con le correnti musicali attuali. “L’amore viene cantato con rabbia e disperazione dei rapper, sentono sulle loro spalle questo momento pesante, sentono che può essere una sera e poi è finito. Noi volevamo che le donne divenissero le mamme dei nostri figli. I loro testi mi piacciono molto, mi fanno sentire paterno. Ma poi, in fondo, anche negli anni Sessanta c’era la stessa rabbia in alcuni cantautori. Il momento storico è così, è pieno di incertezza e la musica è in mano a loro. Sono bravissimi a raccontare le loro sensazioni, anche se mi fa male sentire questa disperazione”.
Un suo estimatore dichiarato è Tiziano Ferro, con cui Ranieri ha duettato a Sanremo 70 su “Perdere l’amore”. “Lui ha detto che mi ha visto a Sanremo e voleva fare questo mestiere. Volevo cantare Reginella con lui al San Paolo a Napoli ma per la pandemia il progetto si è arenato. Mahmood, Ghali e Mahmood non sono più ragazzini e mi interessano molto per le loro tematiche, le trattano con grande coscienza sociale. Irama è ospite della mia trasmissione, pensavo che fosse montatello invece è molto umano, carino, dolce, perbene, ha un sorriso solare. Ci siamo messi a cantare Fabrizio De Andrè che lui ama molto. Marinella e abbiamo letto un suo scritto sul rapporto col padre. Il titolo è “Rolex”, nome di una ragazza”.
A Sanremo, che ha vinto nel 1988, non pensa proprio: “Quando ho vinto scappai a Napoli perché mio padre svenne quando seppe la notizia. Credo di essere l’unico vincitore a non aver partecipato alla Domenica In successiva. Sono troppo vecchio per la gara, oggi, non c’entro niente con Sanremo…magari da conduttore in smoking o direttore artistico ci farei un pensiero. Anzi no, direttore artistico no, non posso scegliere le canzoni, non posso giudicare colleghi”. L’idea di un trio con Al Bano e Gianni Morandi, chiamati scherzosamente “il napoletano, il pugliese e il bolognese” è nata da Al Bano. Ma incredibilmente non si è mai concretizzata, anche se Ranieri è convinto che se si mettessero d’accordo “potremo fare un disco triplo o un concerto lungo ore”.
Con tutti i nuovi progetti e le attività che bollono in pentola, Massimo stesso ormai non si sorprende più per la longevità del suo repertorio: “Le mie canzoni si sono tramandate di nonne in mamme, il mio pubblico era a un certo punto fatto di cinquantenni. Nel 2006 sono tornato a 55 anni a cantare dopo 18 anni di ritiro dall’attività live e ho notato un cambiamento ulteriore. Più passano gli anni, più la fascia si abbassa, in platea ci sono trentenni, quarantenni, anche ventenni e teenager. A volte vengono nel camerino e mi dicono: questa canzone l’ho sentita da mamma, da papà. Mi fa piacere perché è la grande canzone all’italiana che si tramanda. E vive”.