Non basta essere popolari, bisogna “saper essere popolari”. E lo sanno bene Red Canzian, Donatella Rettore, Marcella Bella, Fausto Leali, Orietta Berti, tutti artisti portati avanti dal manager musicale italiano Pasquale Mammaro, presidente di Starpoint Corporation.
Una carriera iniziata nel 1975 dalle radio private di Roma, per poi passare alla discografia fino ad arrivare alla grande particolarità che lo contraddistingue oggi: Pasquale Mammaro riporta in auge le vecchie glorie della canzone italiana, riesce a restituire loro appeal, smalto e freschezza come nessuno mai.
Viviamo in un’epoca di continui ritorni e amarcord, ma spiccare di nuovo il volo dopo anni di carriera musicale è un privilegio che tocca a pochi. Mammaro ci è riuscito con artisti giovani, che stentavano a decollare (a Sanremo con Il Volo nel 2015 e Diodato nel 2020) e quest’anno con Orietta Berti, che a 55 anni di carriera ha meritato al suo 12esimo Festival l’appellativo di “vincitrie morale”. A portarla alla ribalta, sempre lui, Pasquale Mammaro.

Pasquale, come hai iniziato nell’ambito musicale?
Quando collaboravo con Radio Montesacro a Roma e andavo a cercare le pubblicità, ancora da minorenne, facevo le interviste nelle case discografiche, alla RCA in particolare. Così sono entrato nel mondo del dietro le quinte che mi ha cominciato ad appassionarmi. Andavo a incontrare gli artisti come speaker, mi davano il materiali discografico e mi sono fatto i primi amici nell’ambiente. Mi interessava creare i successi, lo faccio come lavoro oggi, il promoter discografico all’inizio l’ho fatto con la Cinevox Records, che era molto incentrata sulle colonne sonore ma che aveva tra gli artisti Orietta Berti. Iniziai con lei a organizzare le interviste con le radio e tv e partivamo in macchina per Napoli, per esempio, per le esibizioni a Canale 21 con marito e figli. C’era un boom all’epoca di queste tv private e noi andavamo ovunque per promozione.
E poi hai proseguito con fondare una società di management tua?
A metà anni Ottanta ho fondato la Starpoint come riferimento promozionale su Roma delle maggiori aziende del settore. Nel 1986 ho creato, prodotto e realizzato la prima canzone cantata dai più grandi calciatori del momento. Il progetto ‘Alleluia pro Caritas’ che raggiunse il primo posto in classifica e il mezzo milione di copie vendute.
Eppure si sa che pochi credevano in quel progetto…
Io ero testardo, pensai che c’erano i campionati del mondo e c’era molta attenzione sul calcio. Ero andato da Aldo Biscardi che mi diede una grossa mano per contattare i calciatori attraverso le squadre per farli cantare su un singolo benefico. In quel momento solo io ci credevo, e forse i preti paolini che mi diedero soldi per costruire l’operazione di beneficenza. Poi mi accordai con Pippo Baudo che voleva lanciare la canzone al suo ‘Fantastico’ in tv il sabato sera. Era il weekend che i calciatori maggiori stavano a Roma per una partita Juve-Roma.
Ma il sabato sera i calciatori potevano uscire con una partita il giorno dopo?
Quello era il problema. Baudo mi disse: portamente due della Roma e due della Juve e lanciamo il video. Non sapevo dove sbattere la testa. A quel punto Baudo chiamò due giorni prima Giulio Andreotti e gli chiese: ho una grande operazione di beneficenza, mi devi sbloccare Boniek, Conti, Platini e Cabrini. E il sabato arrivarono al Teatro delle Vittorie presentando il video.
Fu un boom di visibilità….
A quell’epoca ‘Fantastico’ faceva share da Sanremo. Il lunedì pomeriggio dalla RCA mi convocarono, pensai: è la volta buona che litighiamo visto che inizialmente volevano stampare mille copie del 45 giri giusto per far un favore ai preti. All’epoca c’era il direttore artistico Riccardo Michelini. Entrai nella stanza con tutti gli onori e mi rasserenai. Lui che era stato lo scopritore di Claudio Baglioni mi disse: stamattina per quella canzone abbiamo avuto 30mila ordini in poche ore, abbiamo dovuto sospendere la stampa di altri dischi per far posto ad Alleluia. Fu un successo anche in Francia per via della presenza di Platini nel cast.
La tv è stata sempre una tua fidata alleata. Cosa ti attira del mezzo?
Io tratto artisti che sono amati dal pubblico televisivo, quindi è uno sbocco naturale. Nel 1996 l’allora direttore di Rai Uno Brando Giordani mi approvò un rotocalco televisivo estivo di 10 puntate in seconda serata, ‘Isole & Dintorni‘ condotto da Clarissa Burt, e poi il dicembre seguente proposi per Rai Due la ‘Beatles Anthology‘, edizione italiana della storia del gruppo più famoso nel mondo.
Molti fan della band non videro bene quella trasmissione. Soprattutto perché decideste di far doppiare i musicisti da attori italiani.
Beh, quella è stata un’idea di Giorgio Verdelli, che all’epoca era mio socio, grande autore che sapeva tutto dei Beatles. Io stavo producendo programmi tv, ci mettemmo assieme e abbracciai il progetto. Andava in tv qualcosa che era già in commercio, dobbiamo ricordare. Vero, alcuni fan ebbero da ridire, ma non andò male, riuscimmo a mettere in piedi un grande cast di voci. Fabrizio Frizzi era il ‘ bravo ragazzo’ Paul McCartney, Claudio Amendola era il ribelle John Lennon, al disc-jockey Zap Mangusta fu affidato George Harrison, Piero Chiambretti doppiava Ringo Starr. Brian Epstein aveva la voce di Claudio Cecchetto, George Martin di Andrea Ward.
Poi per te arrivò il grande passo per riportare in auge le vecchie glorie della canzone.
Nel 2000 curai la direzione artistica del programma televisivo di Canale 5 ‘I Ragazzi Irresistibili’ condotto da Adriano Pappalardo, Rita Pavone, Little Tony e Maurizio Vandelli. Fu un successo che aprì la porta a molti programmi di revival successivi. Direttore artistico era Marco Ravera figlio di Gianni, all’epoca c’era Giorgio Gori alla direzione del canale principale di Mediaset. Per due anni di seguito ci vedemmo Saint Vincent per due mesi, andavamo d’accordo e ci divertivamo tanto. Al Grand Hotel Billia portavo anche artisti stranieri, Josè Feliciano e Ben E. King di ‘Stand By Me’ su tutti.


Nel frattempo continuava anche la tua attività di talent scout.
Nel 2001 la Starpoint entrò per la prima volta al festival di Sanremo con una canzone destinata ad ottenere un successo internazionale ‘Turuturu’ cantata dalla giovane coppia Francesco Boccia e Giada Caliendo qualificandosi al terzo posto di Sanremo Giovani, ma al primo posto nella classifica popolare. Sono stati i miei primi giovani a essere lanciati.
Poi sono arrivati i vecchi amatissimi cantanti italiani…
Un grande artista che ho gestito, Mino Reitano, vinse il programma televisivo di Canale 5 ‘La Notte Vola’ nei primi anni 2000, era una trasmissione che si rifaceva agli anni d’oro della musica. Nel 2003 ancora al Festival di Sanremo con un’altra coppia vincente Little Tony & Bobby Solo con il brano ‘Non si Cresce Mai’. Riportai una seconda volta nel 2008 Little Tony al Festival di Sanremo con il brano ‘Non Finisce Qui’.
Di quel ripescaggio eccellente in coppia, Pippo Baudo favoleggiava cifre astronomiche…
Certo, sulla carta Tony e Solo avevano richieste per un anno intero in tutto il mondo, ma non volevano lavorare assieme. Credo perché Bobby Solo pensava che l’immagine del collega fosse più forte della sua. Sai, antiche rivalità mai sopite, soprattutto quando non si ha abbastanza fiducia in se stessi. Insomma, dopo Sanremo i due non si esibirono mai assieme, e Pippo Baudo ovunque mi vedesse mi presentava come il manager più ricco dell’anno. Invece non mi fecero guadagnare niente, la canzone arrivò sedicesima. In realtà vendette a ritmo sostenuto, ma dai live nulla arrivò semplicemente perché manco una serata fecero assieme!

Ma perché hai scelto la musica, Pasquale?
Perché ho sempre avuto a che fare con artisti musicali. Ero innamorato di quel mondo, fin da quando con un registratore della Grunding regalatomi alla prima comunione, ascoltando ‘Alto gradimento’ con Gianni Boncopagni e Renzo Arbore, la ‘Hit parade’ di Lelio Luttazzi, e ‘Dischi Caldi’ di Giancarlo Guardabassi. Reregistravo le prime compilation per uso personale. Nel 1971 già compravo i 45 giri a Roma e facevo la mia hit parade in casa, quasi simulando le radio private. Che poi davvero sono arrivate nella mia vita, nel 1975 con Radio Alpha International da Minturno, il paese dei miei dove andavo d’estate e successivamente a Roma con Radio Montesacro.
Chi erano i tuoi preferiti?
I miei primi amori sono stati i gruppi italiani, I Cugini di Campagna, i Collage, La Bottega del Sole, Il Giardino dei Semplici, i Pooh. Per gli stranieri amavo molto Barry White e Gloria Gaynor con cui ho lavorato successivamente, e ovviamente i Beatles di cui avevo tutto.


C’è stato un momento di svolta nello spettacolo italiano, un passaggio che ti ha fatto capire che quello che proponevi incontrava i gusti del pubblico?
Music Farm nel 2004, all’epoca feci partecipare Riccardo Fogli a questo talent in Rai e fu un rilancio molto azzeccato. Purtroppo, sono anni che suggerisco inascoltato, un festival di Sanremo alternativo: i cantanti contemporanei si potrebbero esibire a febbraio e le vecchie glorie, con una nuova canzone, in un altro momento. Ci sono delle gemme che vanno ascoltate, che meritano ancora ribalte prestigiose. Come la voce di Fausto Leali che ha un passato glorioso ma può dare ancora molto, e gli stessi Pooh singolarmente, hanno grande carica, parlo di Riccardo Fogli e Red Canzian che sono grandi cantanti, così come Dodi Battaglia. Fanno parte della storia e sono tutti molto amati. Ho sempre pensato che questi personaggi che hanno avuto grande successo fossero talmente forti da poter riprendere i loro successi per far conoscere il proprio repertorio alle nuove generazioni. E dopo averlo fatto con Little Tony che è diventato mio grande amico, nel 1990, molti mi hanno seguito.

E ora dicci della tua operazione del 2021 con Orietta Berti. Da quanto tempo ci lavori assieme?
“La barca non va più” era andata a Sanremo 1981 e lì c’ero io, poi siamo rimasti in contatto per anni. Negli anni Duemila, Orietta mi disse che voleva lavorare con me. Così 12 anni fa abbiamo ricominciato a ricostruire il personaggio e l’ho portata nei programmi televisivi giusti. Pensa che lei a Sanremo 2021 non voleva andarci, ho trovato io la canzone giusta, ho convinto Amadeus, e le ho detto: secondo me vai a fare una bella figura.
Come hai costruito la comunicazione?
Tu parli di costruzione ma sai che non è mai certa la riuscita in questo mestiere. Questa volta ha funzionato perché è il coronamento di una carriera, lei è stata la vincitrice morale del Festival 2021 e ora in qualsiasi occasione pubblica vada mi ringrazia sempre. A Sanremo 2021 si è parlato solo di lei, anche quando ha chiamato i Måneskin Naziskin, li ha aiutati a vincere. Io ero con lei quando li ha incontrati e loro si sono inginocchiati, per quell’affermazione siamo andati su tutti i social. Io non pensavo di piazzarla nei top 10 in mezzo a tanti giovani. Quando ho fatto Sanremo con Bobby Solo e Little Tony o Marcella e Gianni Bella, oppure lo scorso anno Michele Zarrillo e Rita Pavone, non siamo mai arrivati nei top 10 della classifica finale. Eppure tutti questi personaggi funzionano sempre perché hanno il nome e una storia speciale.
Si può avere qualcosa di speciale nel mondo dello spettacolo anche a 77 anni?
Non c’è una regola per fare successo, il suo è stato gestito bene nel tempo. Ora è anche icona gay e certamente ha un appeal su vari tipi di pubblico. Il trionfo di Sanremo di Orietta è nato lì perché era l’unica a rappresentare la sua generazione, non aveva rivali. E mentre molti di questi giovani non hanno saputo cantare bene, lei ha cantato e ha ammazzato tutti. Tanti artisti hanno avuto difficoltà, anche perché pochi cantano dal vivo di questi tempi. Si è notata la differenza, il fatto che una signora di 77 anni non abbia mai sbagliato una nota e sempre affrontato il palco con determinazione e la stampa con educazione ha giovato. Orietta è stata sostenuta dalla sua esperienza, grazie al maestro Renzo Campagnoli che ha congegnato un arrangiamento classico ma fresco. Tutti i pezzi del suo album sono a quel livello.
La sua canzone ha una storia strana. Ce la racconti?
Senza essere presuntuoso credo che “Quando ti sei innamorato” sia la canzone vincitrice di questo Sanremo anche per il riscontro che sta avendo nel tempo e all’estero. Ce l’avevo da un po’, si chiamava “Innamorato” e l’avevo data a Il Volo nel 2015. Questo brano non li convinceva ma Gianluca Ginoble se lo ricordava e me l’ha pure cantato in albergo a Sanremo quest’anno. Ho chiesto a loro di fare una versione in spagnolo e in inglese perché secondo me funzionerebbe, ci credo tantissimo. Ha gli stessi autori del loro grande successo ‘Grande Amore’ che vinse Sanremo nel 2015, ovvero Francesco Boccia, Ciro Esposito de Il Giardino dei Semplici con l’aggiunta di Marco Rettani.
Anche per Il Volo a Sanremo tu hai delle responsabilità, vero?
Carlo Conti nel 2015 ascoltò ‘Grande Amore’ e mi disse che gli piaceva l’idea di farla cantare a un duo lirico che avrebbe gareggiato nei giovani che si chiamavano Opera Pop. Purtroppo il tenore aveva appena compiuto i 36 anni e non poteva partecipare, da regolamento. Io feci fare provini a tanti artisti giovani ma non sembrava mai un pezzo lirico. Carlo Conti quindi mi richiamò con l’idea di portare Il Volo con Celso Valli come produttore che capì subito la potenza di quel brano. Dopo aver vinto Sanremo sono andati all’Eurovision e attraverso quel passaggio è arrivato il successo mondiale. Tutti mi riconoscevano per ‘Grande Amore’, all’estero, è una delle ultime grandi canzoni italiane conosciute nel mondo.

Certo che ultimamente non ne sbagli una!
È il momento che gira bene, mi considero anche io a 60 anni un giovane fresco. Anche se degli errori sono stati commessi, secondo me quando alcuni artisti si incaponiscono sulle loro posizioni, non funziona sempre. Nel nostro ambiente non ci sono profeti, ma se offro un mio giudizio interpreto il gusto del popolo perché ho fatto il dj, come Carlo Conti e Amadeus. Noi abbiamo un orecchio diverso.
A cosa lavorerai a breve?
Marcella Bella è molto amata e potenzialmente può dare molto, sto lavorando seriamente per un grande ritorno l’anno prossimo. Purtroppo per la pandemia non è facile incontrarsi. Fisicamente non dimostra la sua età e dobbiamo trovare la canzone giusta. Rettore freme dalla voglia di tornare. Fausto Leali potenzialmente può tornare, riemergere, ha una storia incredibile, che non è stata scalfita dalla sua partecipazione al Grande Fratello Vip 2020.

Si sviluppano rapporti di amicizia in questo ambito?
Ce ne sono tanti della vecchia generazione che vogliono tornare e mi stanno contattando, ma ci vuole un rapporto di fiducia se non di amicizia. Al momento Orietta è stata una cosa diversa dal solito, è fuori dal coro. Orietta mi ha dato la più grande soddisfazione, il suo successo quest’anno montava di giorno in giorno e me ne accorgevo strada facendo, il mio telefono impazziva, la volevano tutti. La mia idea di accoppiarsi con le Deva, 4 donne giovani con lei regina in mezzo, è stata facilitata da un rapporto di amicizia che ho con Marco Rettani che produce le ragazze. Quindi sì, l’amicizia è fondamentale in questo ambiente.

Un’altra grande reunion italiana è stata bloccata dalla pandemia: i Ricchi e Poveri.
Io ho lavorato con loro come promoter, dopo che fossero gestiti da Giorgio Tani, il loro manager che era prima batterista. Io li seguivo per la tv in Italia ma ne facevano molto poca. Perché erano sempre in giro per il mondo. Pensa che anche quando Franco si è ritirato, erano rimasti in due e lavoravano da matti, sono amati dal popolo e hanno delle canzoni che hanno fatto la storia veramente in tutto il mondo. Il segreto è che sono davvero bravi con un’immagine che piace al popolo. Hanno gli ingredienti giusti per poter fare delle cose grandi nuove, non solo in certi paesi dell’Est dove sono dei numeri uno assoluti.
Chi tra i giovani che hai seguito ha un destino di successo lungo secondo te?
Antonio Diodato è destinato a rimanere nel tempo, la Carosello non lo sta facendo esporre troppo e lo aiuta a selezionare molto. Sono prudenti e io mi sono adeguato, se fosse stato per me gli avrei fatto fare molta più tv ma loro hanno avuto ragione. Fa canzoni che sono tutte belle, è benvoluto da stampa e radiofonici, è sempre accolto bene. La canzone che ha vinto Sanremo nel 2020 ‘Fai Rumore’ era alla Carosello, l’avevo sentita e l’ho proposta ad Amadeus, con un ritornello simile e solo incisa con piano e voce di Antonio Diodato. Funzionava anche così.
Tra le donne chi potrebbe prendere il posto delle dive evergreen che segui?
Apprezzo molto Annalisa, Arisa, che è un’amica, Noemi. Ma al momento in loro non vedo la stoffa delle dive. Vedo più diva Elodie per come si sta gestendo, la vedo in quel solco, per le canzoni che canta, per come si pone. Se ancora esistono le donne come Berti, Cinquetti, Zanicchi e sono amate vuol dire che un ricambio generazionale non c’è stato del tutto. Forse Emma si sta gestendo bene la carriera e potrebbe aspirare a un futuro duraturo sulla breccia. Ma non so se fra decenni parleremo ancora di queste ragazze.

Il tuo tocco ha funzionato anche per le vecchie glorie straniere?
Tony Hadley degli Spanday Ballet l’ho riportato in Italia per concerti, tv importanti, programmi di capodanno, non l’avrei portato a Sanremo con Arisa se devo essere sincero. Sono in ottimi rapporti, con lui, col suo manager inglese e con la cantante italiana tra le più stimate interpreti. Ma non capivo l’operazione, visto che lui per quel festival 2019 fece un album nuovo di canzoni inedite, ed era giusto che rimanesse mito. Invece per ‘I migliori anni’ partito nel 2008, un programma perfetto per me, riuscì a portare Bobby Farrell dei Boney M prima che morisse nel 2010. Esiste oggi un gruppo dove c’è l’ex cantante donna ma quella è stata l’ultima occasione di vederli assieme in Italia.