Ha fatto un album davvero ispirato, Riccardo Sinigallia, che esce questa settimana con “Ciao Cuore“, un disco particolarmente curato, di una durata rara in questi anni (9 pezzi, ben selezionati) e con punte di estrema bellezza. C’è un pezzo DuDù che sta a buon diritto nella rosa delle canzoni d’autore italiane da preservare per i posteri, così derivativa dalla lezione anni 80 di Battiato ma allo stesso tempo così fedele a se stessa da risultare di un’attualità adatta a un autore come Senigallia.
“Le canzoni sono fotografie ispirate – ci dice il cantautore – riescono a tenere, a volte le tengo ferme per quattro anni, e me le testo per capire e viverle aldilà del tempo. Secondo me è un modo corretto di vedere e provare il tempo sulla musica”.
Oggi Sinigallia, che non pubblica spesso dischi, dai tempi del suo esordio come cantautore (2003), si dice affascinato anche da quello che va al momento. “Per me oggi Salvini è la trap, Di Maio è l’indie. Come volete che si ascolti qualcosa di diverso? I politici, la musica, sono lo specchio del paese”.
Dall’inizio degli anni 80 “il cantautorato e la musica italiana è diventato un franchising degli anglosassoni, siamo diventati una filiale mediterranea dove scaricare tutti i successi, che erano prodotti in maniera formidabile. Anche quando è pop si basa sul testo, sull’artista e sulla musica. E poi noi non la comprendiamo a piena in Italia. Lo subiamo e diventa parte della cultura. Noi siamo poi esponenti unici di un’emulazione venuta male. Vogliamo fare gli inglesi e gli americani, presupponendo la lingua inglese e poi spesso si scrive con i giri del pop straniero cantando finto inglese. L’ho visto fare, so per certo che è così. E quando ci vai a mettere l’italiano, non regge“.
Il risultato quale sarebbe? “Hai perso in partenza. E anche per questo molta della musica che sentiamo oggi non vuol significare niente. Un genere letterario senza senso”.
E proprio perché si capiscono a metà “vengono pubblicate queste canzoni, che piacciono ai discografici”.
“Cerco in qualche modo di rendere quello che sento in musica, senza atto volontario. Credo molto nella frase di Carmelo Bene, in un momento epocale di filosofia diceva: la volontà è sempre nefasta in arte. Io fremo quando la sento, perché so quanto è vero. Tutta la mia creatività musicale si basa sull’involontarietà. E poi c’è l’architettura su quello. Sembra strano ma è così. Io non sto lì le ore a pensare di fare musica. Poi quando succedono cose scrivo. Possono passare anche 8 anni, come in alcuni pezzi di questo disco, la seziono e la contestualizzo diversamente e nasce qualcosa”.
Quindi le perfette canzoni nascono da errori o da flash “a volte trattenute dai dischi precedenti perché avevo paura di ripetermi”.
Il distacco dalla tradizione, il contenuto ero il vessillo per proseguire il cantautorato nel solco tradizionale. Ora si è trasformato in ‘che palle, parliamo del dentifricio e della nostalgia’, che nelle sue prime manifestazioni era anche interessante. Ma adesso c’è una gara alla noia, quando ascolto un pezzo degli anni 80 e 90 mi sembra di sentire Brecht a confronto“.
Riccardo ha una figlia di 11 anni: “Suoniamo tutti a casa e quindi la abituiamo a tutto, io faccio sentire tutto, la trap compresa. Che tra l’altro ho accolto con piacere perché il rap mi aveva stufato già 15 anni fa”.
Ma si sente padre di alcuni successi attualmente in classifica? “Sono primogenito di una forma di relazione tra musica e testo che ho fatto mia partendo da Battisti ai CSI”.
L’artista è anche molto netto nello storicizzare lo splendido periodo per la discografia italiana, quello degli anni 90, in cui la scuola romana ci ha regalato tanto. Nel 1994 cominciò la collaborazione come autore con Niccolò Fabi di cui produsse i primi 2 album, poi la parnership con Max Gazzè nel 1997 e l’exploit con i Tiromancino nel 2000 (con “Due Destini” recuperata nel film “Le fate ignoranti” di Ozpetek l’anno dopo).
Ma perché successe tutto in quegli anni a Roma? “Gazzè, Silvestri, Britti, Tiromancino, c’è un momento in cui alcune congiunture discografiche e geografiche hanno tirato fuori da un insieme di persone e artisti un qualcosa di adatto ai tempi, hanno creato figure esteticamente più adatte a quel periodo storico”.
Riccardo Sinigallia presenterà “Ciao Cuore” dal vivo con un nuovo tour che partirà ad inizio 2019, una produzione di Massimo Levantini per Just Me Levarco. I biglietti sono disponibili in prevendita sul circuito www.ticketone.it e presso tutti i punti vendita abituali. Queste le prime date confermate:
17 GENNAIO TORINO – HIROSHIMA MON AMOUR
18 GENNAIO BRESCIA – LATTERIA MOLLOY
19 GENNAIO BOLOGNA – LOCOMOTIV CLUB
25 GENNAIO MILANO – SANTERIA SOCIAL CLUB
1 FEBBRAIO RONCADE (TV) – NEW AGE CLUB
7 FEBBRAIO NAPOLI – DUEL BEAT
8 FEBBRAIO MODUGNO (BA) – NEW DEMODE’
9 FEBBRAIO LECCE- OFFICINE CANTELMO
15 FEBBRAIO PERUGIA- REWORK CLUB
16 FEBBRAIO ROMA – MONK CLUB