Nel nuovissimo volume secondo C’era una volta un rione a Firenze di Fabrizio Borghini (edizioni Masso delle Fate, 2022), è presente una pluralità di voci e di scritture. Il libro prefato da Dario Nardella, riunisce ben 105 fiorentini che raccontano trance de vie della loro esemplare città. I rioni dove hanno trascorso gli anni dell’adolescenza rivivono nei ricordi. Le strade fiorentine sono ripercorse prima e durante il “miracolo” economico ed il boom edilizio degli anni Sessanta e Settanta del Ventesimo secolo. Prende forma un affresco di una delle più singolari città d’arte d’Italia; si ricompongono storie cittadine, cronache familiari in bianco e nero, talora sfuocate, ma altamente suggestive che diventano tutt’uno con le parole narrate come quelle di Alessandra Schlatter: riporta alla ribalta dell’arte il suo antenato, Carlo Adolfo Schlatter, artista e teosofo che decise di “edificare la sua casa atelier, prima costruzione del viale, lì in mezzo al nulla. Il nulla, una parola per tanti versi a lui cara!”. Racconta sottovoce: “vive nel viale, diventato dei Mille, fino al 1958, quando muore, dopo una vita lunga e pacifica…Oggi l’atelier è ancora lì al Campo di Marte, schiacciato tra le costruzioni cresciutegli intorno con l’arrivo della città ed è di nuovo aperto al pubblico e visitabile. “Piazza d’Azeglio per me non esiste, non è mai esistita”, esordisce Leonardo Pieraccioni, “per me c’è solo e soltanto il Giardin D’Azeglio, è questa l’isola che non c’è”. E poi, continua con i suoi giri nel periplo in bicicletta del giardino “più o meno quanto tre cammini di Santiago completi”. Un patrimonio immenso di testimonianze e di scatti inediti. Tutti, saltati fuori dai cassetti o da album familiari di gente comune e di nomi più noti da Carlo Conti a Cristina Acidini, da Marco Masini a Paolo Vallesi a Piero Bargellini fino a Margherita Hack. “Il Bobolino era un giardino pubblico, diviso in tre parti da Viale Machiavelli che partiva da Piazzale di Porta Romana e saliva fino a Piazzale Galileo…il Bobolino di mezzo, invece era il vero paradiso, il paese dei balocchi”, una piccola, esemplare pagina scelta da Fabrizio Borghini dal bel libro della Hack, La mia vita in bicicletta,(Edicicloeditore, 2011).
Più che l’affresco insolito e per tanti versi fuori da schemi d’arte desueti nel mondo contemporaneo, il volume di Borghini accosta memorie dei fiorentini celebri ad altre più ampie tutte tese a ricomporre in un’ottica diversa, l’universo straordinario di Firenze.
Testo di Teobaldo Fortunato