Quando è stata chiamata da Ferragamo per interpretare la sua “San Valentino”, Ruth van Beek (nata nel 1977) artista belga di estrema creatività, ha sprigionato tutto il suo dna. Fotografie in digitale che hanno dalla carta, dai suoi piegamenti, dagli accoppiamenti, la loro vis evidente.
Il suo lavoro è stato esposto in tutto il mondo in varie mostre personali e collettive. Recentemente, il suo lavoro è stato parte di mostre a Londra (Flowers Gallery, 2015), Anversa (Gallery51, 2015) e San Francisco (Fraenkel Gallery, 2014).
RVB Books a Parigi ha pubblicato i suoi libri The Hibernators (2011) e The Arrangement (2013). Il suo libro più recente, The Levitators (2016), è stato lanciato alla New York Art Book Fair e alla Unseen Fair di Amsterdam. Il suo lavoro viene regolarmente pubblicato su riviste, come Time Magazine, The New York Times, Capricious, Foam Magazine, Fantom Magazine, Kunstbeeld, L’Officiel, IMA Magazin (Giappone), It’s Nice That e The British Journal of Photography.
In collaborazione con Centerfold Editions, sta lavorando a una serie in corso di pubblicazioni d’artista chiamata The Manual, di cui tre sono uscite finora.
Il lavoro di Ruth van Beek ha origine nel suo archivio in continua crescita. Le immagini, principalmente da vecchi libri fotografici, sono i suoi strumenti, materiale di partenza e contesto. Van Beek interviene fisicamente all’interno delle immagini. Piegando, tagliando o aggiungendo pezzi di carta dipinta, riorganizza e manipola l’immagine fino a quando i suoi interventi rivelano l’universo che si trova al loro interno.
Solo per suggestione, van Beek innesca l’immaginazione, e quindi il disagio, dello spettatore: le mani umane passive si animano, gli oggetti si trasformano in personaggi e le forme astratte prendono vita.
L’immagine originale potrebbe essere stata presa fuori contesto, ma le immagini familiari – la fotografia formale di un libro di istruzioni, un oggetto chiaramente visualizzato o un’azione messa in scena – rimangono riconoscibili e quindi parlano alla nostra memoria collettiva.
Elementi contrastanti dialogano nel lavoro di van Beek: il passato morto che prende vita; il letterale e l’astratto; mostrare e nascondere espressamente; sia la limitazione che le infinite possibilità di un archivio. Con la presente, van Beek si unisce a una nuova generazione di artisti che, trovando limitazioni negli archivi chiusi, offrono un contrappeso alla disponibilità illimitata di informazioni.