Perché Sanremo è Sanremo recita il claim inventato negli anni 90 da Pippo Baudo. Il verso della sigla del Festival della Canzone Italiana, anche se tradizionalmente si continua anche a dire “era meglio l’anno scorso”, non è mai stato così attuale. Questo Sanremo 2020 ha messo d’accordo pubblico e critica, non ci sono stati fischi al verdetto, e per una volta dopo tanti anni, i giovani e gli anziani hanno visto la stessa cosa davanti alla tv.
L’elemento commerciale torna a essere protagonista per il programma tv: record di ascolti per la finale: 11,4 milioni e il 60% di share. Bisogna ora vedere come va nelle “vendite” musicali, o quel che ne rimane. A giudicare dalla presenza in Riviera di Spotify (una redazione, videomaker e tante occasioni di incontro a cui nessuno dei vip si sottraeva), la musica che esce dal Festival si ascolterà specialmente in streaming.
Anche sulle piattaforme digitali TIM, main sponsor dell’evento, ovviamente. E questo favorisce soprattutto gli idoli dei giovani. Guardate le prime tre posizioni all’indomani della proclamazione del vincitore (Diodato, in foto d’apertura di questo servizio) su Spotify:
1 – Pinguini Tattici Nucleare “Ringo Starr”
2 – Fasma “Per Sentirmi Vivo”
3 – Achille Lauro “Me Ne Frego”
L’elemento portante, la musica quindi, non viene mai meno. Ossia quel punto di riferimento che ci fa parlare della manifestazione anche se non la si guarda. Fa discutere, insomma. Francesco Gabbani è uno dei tanti che erano a un passo dal traguardo (è arrivato primo sia nella classifica della giuria demoscopica che nel televoto).
I Pinguini Tattici Nucleari, oltre ad esser stati l’effettiva sorpresa, avrebbero meritato quel suggello che di sicuro non sarebbe parso soffiato a qualche altro artista meritevole. La grinta, per esempio, di Piero Pelù con il suo ‘inno’ pieno di carica, orecchiabile, dedicato al nipote; l’entusiasmo dell’energica Irene Grandi, con un brano scritto da Vasco Rossi con Gaetano Curreri degli Stadio, “Finalmente Io”.
Apprezzata anche la poetica de Le Vibrazioni con la loro ‘Dov’è’ scritta col bravo Roberto Casalino (alleato storico di Tiziano Ferro) con Francesco Sarcina. Forse hanno partorito la canzone più orecchiabile e canticchiabile di tutte.
Tra i giovani, al trionfo di Leo Gassman grida vendetta però anche Marco Sentieri. La sua “Billy Blu” meritava di più per il testo (sul bullismo, argomento trattato con disarmante semplicità) e simbolicamente perché era il simbolo del riscatto di una terra di confine (Casal di Principe, Caserta). Entrambi i ragazzi hanno X Factor nel loro background: Gassman versione italiana del talent, Sentieri versione Romania.
Un applauso, rimanendo sempre fra le nuove proposte, lo merita anche la giovane Tecla con la sua ‘8 marzo’: rimarrà nel tempo.
Sarà ricordato come il Festival del “fai contenti tutti”. Le vecchie glorie, i ragazzini presi dal rap o trap, le star in cerca di seconda giovinezza.
Il direttore artistico, Amadeus, con figlio e moglie in platea, in fondo, da tempo stava facendo le prove per quella che l’ha sempre ritenuta l’occasione della sua vita. Ha chiamato con sé, nella piccola ed iconica cittadina ligure, un amico di vecchia data: Fiorello, con cui sussiste un’intesa che ha riportato in auge la spensieratezza del buon vecchio ‘varietà’.
Unico rammarico, Morgan e Bugo, presentatisi con una canzone buona che però ha perso un’occasione, data il loro plateale disaccordo, sfociato in squalifica per auto-sabotaggio. Certe conflittualità dovrebbero rimanere entro il confine del backstage, senza suscitare ulteriori straschichi.
Incredibile constatare il seguito che un programma così lungo ha suscitato. In era Baudo o Bonolis, si sa, la fetta di popolazione davanti agli schermi era molto più alta. Ma per Sanremo 2020 gli ascolti sono stati alti fin dalla prima serata senza mai diminuire. Le serate, lunghe quasi cinque ore a puntata, non hanno comunque scalfito l’interesse per un evento che continua a unire l’Italia.
Testo a cura di Vincenzo Pepe