10 Agosto 2024

A casa di Valeria Parrella: il mare di Bagnoli

Una giornata con la scrittrice che vive in una dimora fin de siècle nel quartiere a occidente di Napoli. Il terrazzo, lo studio, gli angoli dello svago. E le stanze dove si legge e si scrive.

10 Agosto 2024

A casa di Valeria Parrella: il mare di Bagnoli

Una giornata con la scrittrice che vive in una dimora fin de siècle nel quartiere a occidente di Napoli. Il terrazzo, lo studio, gli angoli dello svago. E le stanze dove si legge e si scrive.

10 Agosto 2024

A casa di Valeria Parrella: il mare di Bagnoli

Una giornata con la scrittrice che vive in una dimora fin de siècle nel quartiere a occidente di Napoli. Il terrazzo, lo studio, gli angoli dello svago. E le stanze dove si legge e si scrive.

La casa di Valeria Parrella a Bagnoli, guarda dall’alto il mare di Napoli. La pluripremiata scrittrice, 50 anni compiuti quest’anno, vive qui da qualche tempo. Un luogo che ha scelto, dopo anni di immersione nel centro vivace della Napoli storica: “La scelta di una nuova casa è stata dettata dal mio gusto verso le abitazioni antiche dai muri di tufo, con i soffitti alti e con le porte che possono essere restaurate. Odio tutto ciò che è moderno e non di gusto; mi spaventa molto l’edilizia contemporanea; certo se fosse il “Bosco verticale” ci starei benissimo”.

Il mio lavoro è molto vario…”, esordisce accogliendoci in un giorno assolato d’estate una delle voci più autentiche della letteratura italiana contemporanea: scrittrice di successo, drammaturga, giornalista.

La dimora è situata in un palazzo fin de siècle, al centro di un animato viale del quartiere ad occidente di Napoli. La vista dai balconi e dalle finestre spazia, soprattutto dal grande terrazzo, sul mare di Napoli, sui rilevi vulcanici dell’area flegrea. È un luogo magico: permette la visione di Coroglio e del promontorio di Nisida; l’isola dove Valeria Parrella ha ambientato “Almarina”, uno dei suoi recenti romanzi. Dal corridoio, entriamo nel living/pranzo/studio. L’ambiente è connotato dall’alto cielo con un grande lucernaio che illumina la stanza. La parete di fronte evidenzia una libreria spartana ed open con i libri in ordine, mentre su quella opposta, locandine di rappresentazioni tratte dai suoi testi e del marito il regista e drammaturgo Davide Iodice.

Le chiediamo del suo lavoro e dei suoi libri: “A me piace vedermi fuori… Mi piace avere dei feedback e quindi io pubblico molto spesso. Faccio teatro, ho scritto libretti d’opera, mi piace il lavoro di giornalismo perché è un lavoro in cui ti vedi subito fuori, rispetto al labor limae che richiede un libro, ovviamente, che ha un tempo di gestazione molto più lungo”.

Sempre a proposito del suo lavoro, approfondisce: “È molto vario perché io sono pop, faccio recensioni di libri, interviste per la rivista “Grazia”; ho appena condotto un’intervista ad una grande truccatrice che crea le linee per Chanel; ho tenuto per due anni la “posta dei sentimenti” su “Oggi”, sotto la direzione di Carlo Verdelli. Vado a vedere mostre d’arte per “Robinson”; scrivo di politica per “Il Manifesto” e poi il mio rifugio sono i libri, i romanzi dove non ci sono tracce, dove scrivo quello che voglio. Sono anche molto fortunata, questo va detto, perché ho degli editori generosi non solo economicamente, ma anche perché non si impongono mai su cosa scrivere, su quando consegnare. E questo grande senso di libertà me lo regalano gli editori. E non è una cosa scontata”.

Mentre ci muoviamo verso la camera da letto, dalle linee essenziali, pulite senza elementi d’arredo superflui, minimal come tutto l’appartamento, le abbiamo chiesto della sua passione per la scrittura: “Scrivo da quando avevo 6 anni. In prima elementare, mi diedero una poesia per Natale che non mi piaceva e io la riscrissi; ho sempre saputo che volevo scrivere. Poi all’università si è consolidata questa idea perché ho studiato lettere classiche. C’era la cattedra di letteratura italiana, tenuta dal professore Giancarlo Mazzacurati e c’erano degli assistenti molto simpatici che tenevano un corso di scrittura creativa. Ci davano dei temi e noi dovevamo scrivere dei piccoli racconti. E un giorno uno di loro mi disse, ma veramente l’hai scritto tu? Allora io pensai… un momento, se questo fa l’assistente della cattedra di letteratura italiana alla Federico II avrà letto in vita sua e se mi sta facendo questa domanda, io sono proprio brava! Ho sempre saputo che avrei scritto. Non ero sicura che avrei pubblicato, non ero sicura che sarebbe diventato il mio lavoro, ma che avrei scritto; di questo ero sicura, ho sempre scritto”.

Dal balcone della camera da letto, si gode la passeggiata della “rambla” napoletana da Nord a Sud. Notiamo rientrando un piccolo soppalco, quasi uno studiolo segreto. Valeria ci conduce in cucina, dal caldo parquet che si ritrova, senza soluzione di continuità, in tutti gli ambienti. I toni e le cromie vanno dal grigio al nero, dal bianco all’arancio di uno dei lampadari. I pensili hanno le antine ad effetto ondulato e sopra, unica concessione alle tradizioni locali, colorati cache pots di ceramica vietrese.

Gli autori del cuore? “La top 3 della poesia: Leopardi, Montale, Dante, sono proprio quelli che mi fanno battere il cuore. Nel senso, non riesco a leggerli senza piangere. Amo molto i racconti, la misura breve, e forse nella mia top tre dei racconti ci metto Carver, Annamaria Ortese e Carlos Maria Onetti. Sì, direi questi, un italiano, un nord americano, un sudamericano. Per i romanzi lunghi, il mio libro preferito di tutti i tempi è “Resurrezione” di Lev Tolstoj. Però anche “Memorie di Adriano”, “Il diario di Jane Somers” di Doris Lessing. Questi sono proprio i primi tre che mi vengono in mente”.

Un minuto balconcino dalla cucina fa intravedere i palazzi di fronte e il cielo azzurro di Napoli: un tavolinetto e due sedie di ferro sono il posto del caffè mattutino o pomeridiano. E il terrazzo, una rampa di scale più in alto, è il “salotto buono” della casa di Valeria e Davide. Qui, ricevono gli amici nei pomeriggi di primavera e d’autunno, sotto “quel sole del primo tramonto quando è ancora inverno, quello inaspettato” e d’estate, quando il sole declina a ponente e le brezze marine mitigano il caldo che opprime.

Ci sfugge una domanda scontata su come la scrittrice riesca a conciliare lavoro casa, famiglia e quale sia la genesi dei suoi romanzi: ”Concilio benissimo perché non c’è da conciliare. La vita è una sola, è un flusso tanto è vero che molti libri nascono proprio da esperienze autobiografiche, sono trasposizioni di cose che mi accadono e sono dedicate a persone di famiglia ad amici. Poi, ho un marito intelligente, un figlio in gamba, quindi non ho mai avuto la sensazione che una cosa potesse danneggiare l’altra. Anzi, ho sempre avuto l’impressione che le due si collaborassero a vicenda, carriera e famiglia, quindi non è una dicotomia. Non ho mai pensato che le cose fossero in contraddizione. Del resto, ti invito a pensare che questa domanda ad un maschio non l’avresti fatta! Io sono stata fortunata, ho una famiglia che mi ha dato questo imprinting perché mia mamma come sai, era una donna che ha fatto carriera ha lavorato, studiato ha ottenuto dei risultati molto nobili e al tempo ha fatto due figlie libere”.

L’ultima domanda: perché Bagnoli? “Questo quartiere è quello di nostro figlio Andrea nel senso che io sono di Nocera Inferiore, mio marito di Cercola, abbiamo vissuto per 18 anni a via Duomo a Napoli. Andrea frequentava una bella scuola sul mare a Bagnoli e andava e veniva con lo scuolabus per cui ci siamo chiesti perché non trasferirci nel “quartiere di Andrea”?”.

Il tempo del caffè delle 11 è passato da un po’ e la piacevole conversazione cambia rotta, verso il suo novello libro di racconti brevi, “Piccoli miracoli ed altri tradimenti”, edito da Feltrinelli. Nel primo dei 12 racconti, “Mamma”, Valeria afferma che “il quartiere è di chi lo abita”. Esattamente come la sua casa a Bagnoli.

Testo di Teobaldo Fortunato. Foto a casa di Valeria Parrella per gentile concessione della scrittrice.

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