A 52 anni, di cui 30 dedicati all’arte, Alberto Magrin, pluripremiato artista e fotografo, dice di “non dimenticare mai la lezione di Leonardo, che considero come un padre“. Il riferimento è un aiuto prezioso a comprendere il modus operandi del creativo ligure: si ispira a uno scienziato, artista e illustre studioso per cui l’uomo è considerato in diretto contatto col divino. “Cosa ci differenzia da un piccione? Siamo esseri viventi ma siamo noi uomini ad avere contatto con Dio”.
Magrin considera in questo momento la fotografia e l’arte digitale come un mezzo che gli permette di andare oltre il linguaggio. E le sue opere sorprendono e restano impresse perché rivelano una complessità inaspettata al di là del silenzio con cui si pongono allo spettatore.

Magrin ha una autentica passione per la fotografia, quella più poetica e spiazzante nella sua apparente semplicità, che ultimamente stampa solo su supporti ceramici molto voluminosi e costosi, e un interesse costante: l’uomo. Nessuno dei suoi scatti in giro per il mondo e nelle esposizioni ha un senso unico. Sono tutti degli inviti ad avere una molteplice lettura dell’immagine che propongono. E ascoltare la genesi delle immagini, con conseguente nascita del titolo che le completa (ma a volte il procedimento può essere inverso) è un grande esercizio di pensiero acuto.
Le sue fotografie sono irriverenti, a volte destabilizzanti, in qualche occasione anche censurate ma comunque esposte nelle più importanti fiere del mondo, da Paris Photo al Mia Photo Fair di Milano. Quest’anno, Alberto Magrin è stato inserito nell’Atlante dell’Arte Contemporanea per il 2023 e tramite una serie di donazioni ha consolidato una propria rete mondiale di gallerie denominata da lui stesso ‘Magreen Gallery’ le cui opere sono state collocate in istituzioni pubbliche e private.
Lo incontriamo alla vigilia di un ennesimo traguardo. Magrin è stato scelto dalla galleria MA-EC di Milano per portare una sua opera al Photo Festival di Milano, per la sua diciottesima edizione in programma dal 15 settembre al 31 ottobre 2023.

Come ti sei avvicinato al supporto diverso dalla carta per la stampa?
Le fotografie in porcellana sono solitamente legate a eventi luttuosi. Dalla morte del padre che è stato un evento tragico, ho tirato fuori un’esperienza artistica. Ho visto queste immagini con un’ispirazione diversa, ho mandato provini a un foto-ceramista e sono venute fuori fotografie vetrificate con durata millenaria, cotte al forno a 900 gradi che chiaramente hanno una qualità superiore rispetto a quelle normali.
Usi dei supporti speciali per appenderle?
Le cornici sono fatte da un profilo di serramento che ha un valore simbolico. Sono finestre sull’anima. Hanno un formato 40×60 o 30×40 cm e sono pesanti e costose da realizzare.
Ti sei chiesto perché sono state così apprezzate dai critici?
Una di queste, “Me by night” è stata premiata al MIA Photo Fair 2022, credo che Vincenzo Trione, storico dell’arte in giuria che è stato curatore anche alla Biennale di Venezia, ne abbia apprezzato lo stile unico. Proprio quell’opera verrà esposta alla Triennale di Roma a dicembre ai musei di San Salvatore in Lauro con la curatela di Stefania Pieralice.

Come racconteresti quello che fai a chi non ti conosce?
Realizzo pezzi unici come dei figli, l’artista che si ripete non è un artista come diceva Leonardo. Io ho visioni che mi nascono parlando col mio spirito intelligente. In questo momento è la fotografia che mi appassiona di più ed esprimo la mia ricerca così, tra arte scienza e spiritualità. Ricercando il legame col divino da cui peraltro nasce il titolo della mia ultima esposizione, “Between Natural and Supernatural”.
Ci sono state delle controversie intorno alle tue immagine. Ne sei orgoglioso?
“Martire di se stesso” è una foto che ritrae una donna che partorisce bombe a mano ed è finita al Metropolitan di New York. Credo fermamente che l’artista vinca quando fa dimenticare la materia. La scienza è materialistica è basata sulla ripetibilità dell’esperienza e quindi è limitata. E io voglio collegare la vita terrena alla spiritualità, al sacro e al divino.
Credi sia un atteggiamento in linea con i tempi che viviamo?
Non proprio. L’arte dopo le guerre del Novecento ha perso il legame col sacro, tutti dissacrano. Molti creativi sembrano dei serial killer che dissacrano la vita. Io faccio proprio il processo opposto e sacralizzo la vita.

fotografia digitale | digital photography © Alberto Magrin
Come vorresti che fosse percepita la tua arte?
Come la ricerca del punto di unione tra la realtà e l’immaginazione, tra il desiderio e il sogno, tra il corpo e lo spirito, tra la morte e la vita. Ma penso che tutte le leggi, scientifiche, religiose e politiche dovrebbero trarre ispirazione proprio da questo incontro.
In foto di apertura: particolare di Civis romanvs
fotografia digitale | digital photography © Alberto Magrin
L’artista è contattabile qui