Margó Volo, è la protagonista di In stato di Grazia, uno spettacolo teatrale scritto da Tobia Rossi, e reso possibile da una bella squadra formata da Chiara Valli, Mariano Jaime, Giuseppe di Falco, Cristian Quinto e Roberta Gerli della GerliMusic Production.
Cosa succede quando Grazia, donna di mezza età rigida e perbenista, in seguito a un “incidente” si trasforma in una “milf” spregiudicata e iper-sessuale, talmente libera da mettere in imbarazzo quelli che prima la accusavano di essere una bigotta?
Da questa premessa surreale nasce, In stato di Grazia, monologo che con ironia e autoironia, parla di tabù e pregiudizi, di scoperta di sé e libertà sessuale, di menopausa e gioia di vivere, attraverso il monologo-testimonianza di un personaggio bizzarro e senza peli sulla lingua, che affronta il pubblico provocando la reazione che più di tutte caratterizza il rapporto col nostro corpo, i nostri complessi, la nostra intimità: l’imbarazzo. L’incontro tra due generazioni, quella di Tobia e Margó, che “magicamente” creano un vero (In) “stato di Grazia” perfettamente in equilibrio tra ironia e comicità, dramma e commedia.
Margó Volo sei un’attrice dalla lunga carriera e dotata di una grande esperienza. Come è stato lavorare con un giovane autore come Tobia Rossi?
Ho sempre sognato di lavorare con Tobia e per un allineamento di costellazioni è arrivata l’occasione giusta per farlo. Un attore non si ferma mai e ha bisogno di continuare a confrontarsi ed i “maestri” devono essere, necessariamente, anche i giovani. Tobia Rossi come un abile sarto, ha disegnato e realizzato su di me, un testo che mi ha colpito per la sua schiettezza, per la semplicità e la forza di parole che mai tradiscono la loro missione: quella di arrivare dritte, senza inutili giri. Un vero crossover tra generazioni, una bomba!
Margó, ci sveli l’insolita trama di In stato di Grazia?
Oggi i corpi sono sovraesposti e di segreto non c’è più niente, tutto viene reso pubblico: siamo davvero così liberi e consapevoli? In stato di Grazia parla di tutto questo attraverso la strampalata epopea di Grazia, un’eroina kitsch, che viene raccontata miscelando i generi (black comedy, sex comedy, melò, persino musical e fantascienza) e i linguaggi, per restituirci la straordinaria – assurda e meravigliosa – complessità di un essere umano alle prese (come tutti) con paure e fragilità, passioni furibonde e desideri di riscatto. In un immaginario paesino del Nord Italia, Grazia, donna tutta d’un pezzo, moglie del sindaco e preside dell’unica scuola superiore del paese, è temuta da tutti: studenti, colleghi, genitori. Con fermezza e austerità, Grazia guida non solo il suo istituto ma in qualche modo l’intero paese, regolato dai suoi princìpi: rigore, perbenismo e soprattutto repressione sessuale. Questo fino a che, dopo un “incidente”, a Grazia la situazione esplode letteralmente in mano, disintegrando la corazza che si era costruita nel tempo, rivelando l’altra faccia di una stessa medaglia…con risvolti comici che fanno riflettere.

Cosa ti ha colpita di Grazia?
Mi sono innamorata subito della sua libertà di pensiero, e la sua capacità di trasformazione, che è anche la mia. Un vero viaggio caleidoscopico insieme a undici personaggi, così diversi tra loro, che mi hanno costretta a cercare dentro di me.
Quanto c’è di Margó in Grazia?
In me ci sono aspetti sia di Grazia rigida che di Grazia svelata. La Grazia dell’inizio è una Margó nascosta, quella parte di me che vuole le cose fatte bene. Nella Grazia rivelata è quasi tutta Margò, soprattutto quando scende dalla collina avendo scoperto il suo corpo, solo che lei fa in venti minuti, quello che ho fatto in vent’anni. Anche la sua parte come educatrice mi appartiene, sia come madre che con i miei allievi che so-spingo a cercare la loro direzione. C’è praticamente tutta me stessa, anche i personaggi più giudicanti, perché talvolta anch’io ho giudicato e come tutti, ho pregiudizi. Per riuscirci ho dovuto “scavare e scovare” anche nelle zone più critiche del mio io in un esercizio importante e di certo, molto utile.
Tra gli undici personaggi ce n’è uno in particolare che non ti appartiene, ma al quale ti sei ispirata…
L’unico personaggio che non è pescato in me è Cacciari, che ho volutamente omaggiato. Un personaggio che ho studiato a fondo e che ho scelto perché mi intrigava la sua flemma, la lucidità e non ultima, questa erre particolare che lo contraddistingue. Per il personaggio del marito di Grazia è perfetto.
Quanto è importante avere il coraggio di guardarsi dentro?
È fondamentale, per sapere riformarsi, affrontando ogni problema, dai più semplici ai più complessi. Guardarsi dentro è il modo migliore per accettarsi, imparando ad abitare anche le cose che sembrano scomode. Evolvere lasciando da parte qualcosa di noi, mettendo anche un mezzo chilo di ego in freezer, è sempre utile. Non mi sono mai accontentata, ma ho sempre camminato, cercato dentro di me, così come Grazia.
Quanto è difficile stare in scena da sola?
Io non mi sono mai stata sentita sola in scena, erano tutti con me. Questo spettacolo, meraviglioso e sorprendente, lo abbiamo creato sputando sangue e sudore. C’è voluto un grande lavoro tecnico e artistico, ma anche umano su noi stessi. Il successo di In stato di Grazia è frutto della sinergia che si è creata tra tutti noi, che è armonia tra le nostre diverse energie che si completano.
Grazia di spettacolo in spettacolo continuerà a crescere?
Dopo essere andata in scena e con Tobia aver rivisto alcuni brani, mi sono guardata, ho guardato il rapporto tra un personaggio e l’altro e mi sono detta, Margó puoi essere molto più folle. Ogni personaggio poteva essere più forte, più preciso, andando oltre il personaggio, facendo qualcosa che mandasse anche me nell’altro mondo di quel personaggio. Questa settimana saremo in scena al Teatro Bello di Milano, e metterò da parte la tecnica per essere più tutto. Voglio poter sorprendere e sorprerder-mi. La follia attoriale è questa: cambiando un personaggio, inevitabilmente si scatena una reazione a catena in tutti gli altri. Io posso provare fin che vuoi, ma in scena lo spazio fra me e tutti i personaggi e il pubblico diventa uno spazio di co-creazione. Un percorso emozionale condiviso che continuerà ad evolversi.
Come ci saluterebbe Grazia?
Il corpo è il più grande strumento di libertà che ci sia stato dato. Le regole le fate voi. Ascoltate i vostri desideri. Siatene padroni, rivendicateli.