Alla fashion week milanese di settembre 2022, Martino Midali sceglie per la sua sfilata, la storica e maestosa sede di Palazzo Turati di via Meravigli, in pieno centro città.
Per il noto stilista di Mignete (provincia di Lodi), la settimana della moda, diventa anche un momento importante per festeggiare un ambito traguardo: 40 anni di carriera, sottolineati da tanti successi.
Midali fa sfilare solo abiti in jersey, declinati in una sinuosità di righe ipnotiche bianche e nere: un doveroso tributo di chi ha sdoganato un tessuto, prima di lui mai sollevato, alla nobiltà di un vestito d’alto profilo.
Ed il pubblico presente, specie quello attento e critico della stampa e dei buyers, gli ha tributato convinti applausi.

tendenze e completamente abbinabili tra di loro. Un guardaroba perfetto sempre, anzi, per 12 mesi all’anno.
Online su www.martinomidali.com
Quarant’anni di carriera e non sentirli: cos’è per te indimenticabile, in un percorso affascinante e carico di soddisfazioni?
Indimenticabile, è essermi innamorato del jersey che producevano a Gallarate, in puro cotone naturale. Da lì, ho costruito la mia storia, iniziando a creare magliette con immagini richiamanti la pop art. A quel successo così strepitoso, è seguita l’intuizione di adoperarlo per gli abiti e i pantaloni, fino a creare un total look. Se avessi brevettato la mia invenzione del pantalone con l’elastico in vita, oggi sarei plurimiliardario. In ogni caso, resta il capo cult più venduto: un prodotto intuitivo e di tendenza, imitatissimo. E dire che il leggendario negozio Biffi di Milano, impiegò cinque anni per convincersi a metterlo in vetrina.
Qual è il tuo colore preferito?
Dipende dall’umore: su me il blu, non indosserei altro. Per le collezioni, amo molto i colori della terra dispiegati nelle più infinite sfumature: li trovo etnici, sensuali, e soprattutto, indossati, raccontano la geografia di territori esotici e misteriosi.
Un altro capo che ha fatto epoca è la tua gonna “primitiva”.
È una gonna irregolare, carica di personalità, vendutissima, di cui non posseggo foto, ma le clienti me la chiedono di continuo, e finirò per accontentarle, ridisegnandola e inserendola nella produzione.
C’è un no che ti dispiace aver detto?
In realtà no. Ho vissuto vita professionale e privata in armonia, e in continua evoluzione, con amore e convinzione assoluta, accettando ogni sfida, e rifiutando di essere irregimentato dalla grande industria. Passo dopo passo, mi sono fatto guidare dall’istinto, e ad ogni metro calpestato, ho costruito il percorso professionale. Ho compreso da subito che non potevo solo dedicarmi all’aspetto creativo del lavoro di stilista. Amo talmente tanto questo lavoro, che devo seguirlo dalla nascita fino alla fase finale di una collezione: da quella ideativa, alla scelta delle stoffe, dei colori, fino alla concretizzazione e al momento della distribuzione. La moda, è un lungo viaggio che confluisce dentro i miei abiti: scintille di passione sul corpo delle donne.




Mi racconti la sfilata a Palazzo Turati del 20 settembre, il tuo ritorno alla fashion week milanese?
Io non faccio una semplice sfilata: mi appassiona raccontare dietro gli abiti una visione precisa della moda. Così le danzatrici hanno indossato le mie lunghe magliette iconiche in jersey, che nel 2000 ho esposto in due musei della moda di Hong Kong e di Singapore. Hanno giocato danzando con quel jersey, imprigionandosi, sciogliendosi, raccontando i passi di danza. Il trucco rosso che imbavagliava gli occhi in una benda, è l’orrore contro ogni forma di violenza femminile.
Poi ci sono state dodici uscite in jersey a righe bianco e nero, abiti di varia foggia e lunghezza, tra cui alcuni caffettani lunghissimi con il cappuccio, molto etnici, infine due capi rossi. Ho salutato il pubblico con un lungo laccio di raso rosso stretto al polso, tenendo per mano una modella con indosso una maglietta, nata dall’idea della texile designer Debora Delli con scritto “l’amore non fa male”. Questo, è un messaggio che deve sempre veicolare chi, come me, lavora per, e con le donne.
Porterai altrove questa sfilata?
Sicuramente in Sicilia e a Napoli, dove ho un pubblico particolarmente attento ed affezionato alla Maison Midali.
Quest’Estate a Messina, hai ricevuto un “Premio alla Carriera”. Che significato dai a questo riconoscimento?
Ho avuto questo premio all’interno della manifestazione “Premio Messina Cinema” diretta da Helga Corrao, per la “MePa production” di Pippo Scattareggia, e nella suggestiva sede del Monte di Pietà, ho anche presentato una capsule di kimoni in seta e velluto. Messina, mi è rimasta talmente nel cuore, che sto organizzando l’apertura di un altro mio punto vendita, e vorrei anche prendervi casa, per fare una base. Ricevere questo riconoscimento alla carriera, dato che festeggio quarant’anni di attività, mi ha emozionato e reso felice, ma non lo vivo come una conclusione. Per me, è un’ennesima porta che si apre ad ulteriore creatività: ogni giorno che il destino mi mette davanti, sono ore che trasformo in stoffe danzanti.