Spregiudicata, irriverente, ribelle ed eternamente giovane. Rettore, la mitica Donatella vanta anche un duo pop intitolato a suo nome. Nome che continua a non volere nominare, come cantava nella sua leggendaria hit (“Non capisco perché tutti quanti continuano stramaledettamente a chiamarmi Donatella” del 1981). Ha dimostrato di saper salire e scendere nei favori del pubblico senza mai sgomitare o abbassarsi a compromessi. E le è andata bene. La sua “Chimica” con Ditonellapiaga presentata all’ultimo Festival di Sanremo di Amadeus, è attualmente disco d’oro. Mercoledì 27 aprile alle ore 21.00 presso il Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano si terrà la tappa del tour teatrale dell’artista di Castelfranco Veneto. Seguirà Varese (29 aprile), il Brancaccio di Roma (21 maggio) e poi una sezione estiva all’aperto.
Rettore, non solo sei reduce da un buon Sanremo, ma quest’anno ricorrono i 40 anni da “Lamette” e “Kamikaze rock’ n’roll suicide”. Che messaggio lanci col tuo ritorno live?
Un messaggio di speranza e di ripartenza dopo un periodo buio per tutta la musica live. Voglio regalare attimi di leggerezza aiutando i più giovani a vivere questa fase importante della loro vita, sfogandosi con la musica e lo stare insieme e non con la violenza. Bisogna ripartire, sotto un palco, dove c’è vita, non dietro a uno schermo.
Hai un’immagine molto potente da sempre. Ti inorgoglisce o ti pesa?
Non sono più bella come un tempo, le foto le conservo gelosamente perché oggi mi rendo conto di quanto sono stata veramente bella. Ne ho avuto consapevolezza solo adesso, temevo che avessi la scuffia, figurati. E così mi sono convinta a rifarmi le labbra cancellando quella forma a cuore che avevo prima…ma sono le sciocchezze che fai a 25 anni.
La chirurgia estetica è stata anche protagonista di una tua canzone, molto all’avanguardia per il 1979…
Ti facevano delle punture sulle labbra per gonfiare i volumi e deformavano. Allora tutti guardavano molto l’estetica ma in effetti io in ‘Splendido Splendente’ non parlavo solo del cambio estetico, ma anche delle mutazioni più profonde. Infatti nella canzone c’è la strofa ‘faccio i cerchi con la mente, io mi amo finalmente‘. Credo sia attuale perché gli adolescenti non si amavano mai completamente, né allora né oggi. Io e le donne della mia generazione dovevamo confrontarci addirittura col mito della fotomodella meravigliosa, a volte più inseguita e imitata delle cantanti. Anzi, ora che ci penso erano le cantanti che copiavano le modelle. Una mia collega voleva essere una famosa modella tedesca, per esempio, ma meglio che non dico chi è.
Cos’è per te la musica oggi?
L’amore e la musica mettono d’accordo tutti. Dovremmo fermarci per cercare la musica vera, quella che ci allontana dalle brutte notizie che ci propinano quotidianamente dalla televisione. Non mi sono mai replicata nella musica, non cercherò mai di rifare la formula di un mio successo. Posso dire che nella vita e nella musica sono per il modello unico.
La cosa bella del tuo successo “Chimica” è che sta bene nel tuo repertorio, crea continuità, è coerente…
Sì e poi tutti la stonano tanto, non riescono a prendere le note esatte. Credo derivi da come è stata missata, non è precisa nell’ascolto del disco. Secondo me viene meglio dal vivo, perché il sound dell’incisione è sempre un po’ manipolato. Per le discoteche, visto che è fatta per ballare, va bene così.
Che effetto ti fa tornare a Milano a fare live?
Prima di me nello stesso posto si esibirà Claudio Baglioni, più fortunato di me visto che è riuscito ad annunciarlo in tv. Per me Milano è la Madonnina, gli inizi, una scuola per imparare il mestiere davanti al pubblico. In questa città ho imparato che delle volte bisogna scuoterlo e a volte coccolarlo, mi hanno insegnato tanto Ric e Gian, Enzo Tortora.
Hai fatto qui molta tv negli anni Ottanta…
Sai, credo di non essere stata simpatica a Tortora, riconosco di essere stata una rompiballe, facevo delle domande scomode. All’epoca arrivavano pacchi di lettere, migliaia di persone a settimana mi scrivevano, la maggior parte erano positive e lui mi diceva: ‘adesso voglio proprio vedere cosa ti scrivono’. Certo, qualcuno mi scriveva ‘sei una stronza’, ma dopo facevamo 5 milioni di audience. Il programma si chiamava “Secondo me”, lui dopo fece “Cipria” ma non l’ho mai digerito perché faceva domande che non mi piacevavo.
Chi ti è rimasto nella vita da quel periodo?
Ivan Cattaneo per esempio, siamo amici, lui mi dava tanti consigli, molto prodigo di suggerimenti ma non ascoltava mai me. ‘Dovresti fare le tue canzoni, non puoi farti manipolare troppo’ gli dicevo, infatti con tutte quelle cover poi si è arrestato. Amavo Polisex, una canzone molto bella. Sai che penso? Che lui aveva imprinting dell’impresario più che del cantautore, infatti il personaggio di Anna Oxa l’ha inventato lui.
E un duetto che vorresti fare in futuro?
Sono amica da sempre di Red Canzian, lui suonava, io cantavo ed eravamo nessuno. In verità lui era più vicino a Treviso, che all’epoca, parlo degli anni Settanta, era molto meglio di Milano e Roma, c’era più spazio per la musica. A Castelfranco Veneto ci facevano cantare nel cinema parrocchiale e le suore ci facevano recitare Moliere. Adesso non c’è più questo fermento, perché il massimo che si può fare da giovani è andare a farsi umiliare in un talent show in tv.
Ne hai attraversate di epoche quindi immagino tu parli con cognizione di causa…
Beh, ricordati questo: molto spesso la Rettore ha ragione. Mi fa piacere cavalcare i ricordi dei decenni, capire che poi ritorna sempre la stessa esigenza di comunicare. Si chiamava desiderio di proiettare immagine, poi look, oggi outfit. All’epoca mi ribellai a Roberto D’Agostino che in tv faceva il lookologo. E io gli dissi: ‘Sei un mammalook’, e finì male.
Un look a cui ti senti più legata?
Ero vestita da Rossella O’Hara, alla finale del Festivalbar, l’anno dopo che Loredana Berté cadde sullo strascico di vestito da sposa e ridemmo tutti. Oggi il mio look è bianconero, sono ritornata a ‘Cobra’ in un certo senso. Eppure, ho sempre delle costanti come il rosso, l’argento, l’oro perché mi portano fortuna. Indosso pantaloni larghi a zampa e stretti a coscia, o i pantaloncini che non ho mai abbandonato sin dagli anni Settanta.
La testa è rimasta uguale…
Ti riferisci ai capelli? Sono molto fedele al platino, anche se sono stata anche fuxia e rossa, ero punk, erano i colori di quei momenti, ma ora mi sembrano vintage quando li rivedo addosso alle signore a cui spuntano i primi capelli bianchi. Non sembra un’innovazione, i capelli bianchi prima si coloravano mogano.
Pensiamo assieme a chi dire grazie. Che nome ti viene in mente?
Grazie a Pippo Baudo che nel 1994 da solo mi ha capito, e mi ha fatto presentare ‘Di notte specialmente‘ a Sanremo. Mi vedevano tutti come la cantante ritmica che ballava col corpo di ballo. Nessuno immaginava che potessi fare una ballad. E poi dico grazie ai testi del disco ‘Danceteria‘ che nel 1985 non è stato promosso bene ma era pieno di anticipazioni. Non si possono dimenticare quei testi.
Tra l’altro magnifico titolo ispirato a un tempio del divertimento americano…
Ero stata a New York e mi avevano portata in questo club, Danceteria, con vari piani e ho preso l’ascensore con una hostess che mi chiedeva: dove vuoi andare? Punk, Rock, Jazz. Io me li sono fatti tutti.
Hai lavorato molto all’estero. Chi hai incontrato?
Madonna che faceva la corista con Patrick Hernadenz, e nel 1988 ho fatto l’immagine del Fantafestival con il protagonista di Arancia Meccanica, dopo aver fatto il film con Paganini. Una immagine molto di rottura, ero un’aliena con tubi che uscivano dal collo.
Se guardi indietro, cosa pensi di te e delle tue mise?
Il mio look preferito adesso è quello di Kamikaze, perché era tutto farina del mio sacco ed era stato studiato. Agli inizi invece quando viaggiavo in Francia ricordo il look di ‘Splendido Splendente’, vestivo Montana, Westwood, mi sono sfogata. Alberto Tarallo invece mi disegnava quello che non trovavo. E poi i capelli…sono nata quasi albina con le punte molto chiare e quando ho potuto e non ero sotto osservazione di mamma mi piastravo, mi decoloravo e facevo tutto per avere capelli drittissimi, mentre in realtà li avevo riccissimi.
E dei tanti trionfi al Festivalbar che ricordi?
Ricordo lo sconcerto di quanti non capivano “Io ho te” dopo “Lamette”. Una canzone struggente dopo una irriverente. Ma ho vinto i Festivalbar con tante gettonature anche se penso che a volte facevo fatica a impormi. Magari se fossi stata con la discografica giusta, avrei potuto fare successo internazionale, più forte. Pensa che Vittorio Salvetti mi voleva come superospite perché avevo vinto troppe volte.
Pochi hanno avuto una carriera variegata come la tua. Come lo spieghi?
Ho una carriera ingombrante, sono sempre stata abituata a dire cose pesanti. A chi dice che ero simbolo del disimpegno dico: ‘Vattele a leggere le mie canzoni e poi ne parliamo’. Per fortuna sono sempre stata autoironica, mi ha sempre salvato l’ironia ma in Italia non è capita. Giorgio Gaber mi diceva: ‘Non perdere mai il gusto di riderti addosso’ e credo ci penserò quando a Milano mi esibirò nel teatro a lui dedicato.
Info & prevendite www.ticketone.it – www.joeejoe.com e su www.rettore.com
Normalmente nei cinema e nei teatri si applicano le riduzioni per bambini fino ai 12 anni: Rettore, che incontra un forte seguito anche tra i più piccoli lancia una promozione che prevede la gratuità per i piccoli consumatori di musica fino a 15 anni se accompagnati dai genitori.