Ha una bella mano Federico Sisti, chef e colonna portante del Ronchettino. Una mano capace, una mano esperta, una mano che confeziona piatti che sanno di tradizione senza essere all’antica, sapori d’un tempo che sono ancora attuali, rivisitazioni che non peccano di supponenza. Il risotto giallo non si può definire tale, bensì “gran risotto alla milanese”. Pieno e morbido, lucido e invitante, al dente e cremoso il carnaroli (by Riserva San Massimo, una garanzia), sa essere apprezzato anche dai palati più avvezzi al re dei risotti. Anche l’altra icona meneghina panata e croccante, la cotoletta, sa farsi piacere per spessore, cottura, panatura e dolcezza.

In una serata dedicata all’Abruzzo, Sisti ha dato significatività e spessore anche alla pasta al pomodoro: uno spaghetto a marchio Rustichella d’Abruzzo che si maritava con passione ai pomodorini varietà pera, che si univano al pecorino stagionato, in un tutt’uno di gran livello. Stesso risultato con i nervetti (sì, i nervetti, piatto povero milanese, si trovano ancora in alcune trattorie o nelle salumerie rionali, caratterizzati dalla tenace gommosità): teneri, succulenti e ben accompagnati da cipolla rossa e fagioli tondini abruzzesi.
Ma al Ronchettino, vecchia stazione di posta, vecchio bar con musica dal vivo e cabaret, vecchia nel senso di storica e antica cascina a metà strada tra Milano e l’Alabama, tra le propaggini meridionali della città e una pianura piatta che fa girar la testa, dicevamo che qui al Ronchettino brillano di luce propria anche i mondeghili (che stranamente acquistano sul menu una curiosa doppia “L”), piccoli, croccanti, morbidi, che come ciliegie carnee si attraggono a vicenda e non si smetterebbe mai di mangiarle.
Parafrasando il Vangelo, fuori dal mondo seppur nel mondo, il Ronchettino attira bauscioni milanesi ad uscire dal loro guscio, li stana per farli espatriare oltre la circonvallazione, li fa sedere comodi in un ambiente caldo, rustico-chic, arredato alla perfezione dal patron, la “sciura” Patrizia Meazza che insieme ai figli Alessia e Francesco da anni porta avanti quest’offerta così partigiana (nel senso territoriale) ed elegante. Una volta conosciuto il locale, ritornarci è quasi scontato.
Testo e foto di Stefano Corrada per The Way Magazine.