Briga è uno di quegli artisti che polarizzano il pubblico. A 27 anni, noto alla grande platea per l’esperienza televisiva di Amici 2015, Mattia Bellegrandi si porta dietro tutto il bagaglio mediatico di quella esposizione da reality che te lo fa sentire come uno di casa. Pregi, difetti, sogni: sembra di conoscerlo già quando lo incontri. “Vero, ho un caratteraccio – ci dice il cantautore romano all’appuntamento per presentarci il nuovo disco, Talento (Sony Music), dove duetta con Gianluca Grignani, Lorenzo Fragola, Clementino e Alessio Bernabei – ammetto di aver fatto tanti sbagli per questo. Ma mi sono sempre rialzato in piedi. Da solo. Perché per me quello che conta è l’indipendenza di pensiero”.
Come l’hai raggiunta?
Mi piace essere completo in ogni cosa che faccio. La musica mi ha formato, la curiosità per l’arte dei miei idoli mi ha sempre spinto in avanti. Quando uscì Destinazione Paradiso ero un bambino, ascoltavo Gianluca Grignani in walkman mentre i miei coetanei sentivano lo Zecchino D’Oro.
Oggi Grignani canta con te in Nudo. Che effetto fa?
Lavoro tutti i giorni per formarmi, per andare avanti e migliorare. Se sono riuscito a cantare con Antonello Venditti, Gigi D’Alessio e Grignani significa che la sostanza c’è. Sono partito dal rap ma questo disco, Talento, è tutto tranne che rap, ed è un bene perché ho preso tante ispirazioni diverse e le ho rielaborate a modo mio.
Già intitolarlo Talento non è un atto di umiltà…
Ma il mio talento nasce dal caos, dalla confusione. Mi sono cacciato nei guai per via del talento. Ho scelto la strada più tortuosa al posto di essere condotto per mano. A 16 anni me ne sono andato in Danimarca per un anno senza mai tornare in Italia. Un’esperienza che forma molto un ragazzo, quella di vedere come si vive fuori dai confini. Ho privilegiato l’indipendenza di pensiero, che spesso mi ha portato a scontri e porte in faccia.
Come vivi il successo oggi?
Certamente non con la paura di non piacere. Essere su Canale 5 ogni giorno ad Amici mi ha dato una grande mano. Il precedente disco, Never Again, non avrebbe venduto così tanto se non ci fosse stato il talent. Ma la mia unità di misura è il brivido. Vorrei fare un disco solo di piano e voce. Oppure uno totalmente rock, tipo Oasis, Placebo, Nirvana, che sono stati parte dei miei ascolti. Vivo con la gioia di scoprire cose nuove, l’entusiasmo dell’ignoto. Ho una predisposizione all’avventura, senza dubbio.
Non è una predisposizione comune a molti dei tuoi colleghi. Ti senti diverso?
Beh, sento di dover trainare il pubblico verso le mie conclusioni artistiche. E se questo passa da cambiamenti di stile, mi sono convinto di una cosa: conta più chi resta con te convinto che quelli che si perdono per strada perché sei cresciuto.
Che rapporto hai con gli artisti che appaiono in Talento?
Rispetto e ammirazione. I featuring sono stati scelti da me e me li sono conquistati, nessuno me li ha imposti. Ho profonda stima per un ragazzo come Lorenzo Fragola, che ha voluto non solo duettare con me su Rimani Qui, ma si è preso l’impegno come se fosse un disco suo. Ci siamo visti per incidere, avevo solo due ore e poi dovevo andare a esibirmi al Coca Cola Summer Festival. Sono tornato dopo 8 ore e lui era ancora lì che provava col mio chitarrista.
Sembri uno che crede molto nel potere comunicativo della musica. Cosa ti muove?
Credo che l’essenza venga notata. E magari se fai qualcosa di diverso e sei fortunato di questi tempi, vieni pure ascoltato. La versatilità per me è tutto. Son passato dagli ascolti dei grandi cantautori italiani, poeti come Battisti, De Gregori, Venditti, a incidere con Tiziano Ferro. A me piace proprio abbandonarmi all’ascolto. Anche se metto un disco dei Verdena o di Cesare Cremonini che conosco a memoria, ogni volta mi comunica emozioni diverse, scopro cose nuove. È questo il potere della musica.
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