Ha appena aperto una nuova sede nel distretto delle 5Vie a Milano. Deodato Salafia è un gallerista che in città è diventato famoso per il suo fiuto: scopre artisti, lancia tendenze, avvicina i giovani al mondo dell’arte contemporanea. Deodato è quindi l’uomo che il settore, tutt’altro che lontano dal business, premia proprio perché non teme il mercato. Ha portato a Milano Marco Lodola, prima, Mr Brainwash ora. In carnet ha opere di Andy Warhol, Obey e Rotella per grandi collezionisti e neofiti.
La sua esperienza con l’arte contemporanea è relativamente giovane. Prima Deodato era un informatico e in tre anni la Deodato Arte si è espansa, ha consolidato la sua fama (via Nerino 2 ha aperto in questi giorni per la clientela business e affianca la sede storica di via Santa Marta) e ha inglobato un intero filone che da Milano sta contagiando l’Italia. Si tratta del Neo-Pop, genere che il bravo curatore Christian Cangitano sta portando anche in sedi non istituzionali, come il Mondadori Store dove per mesi all’interno di ST-Art si sono avvicendate esposizioni di artisti della nuova ondata pop (Tomoko, Felipe Cardena).
Ecco l’intervista realizzata con Deodato in occasione dell’uscita del suo libro “Le tue prime cinque opere d’arte contemporanea”, un manuale, dice lui “che ti supporta per non sbagliare, per divertirti e per avviarti a diventare un esperto collezionista“.
Come è arrivato ad aprire una nuova sede a Milano?
Deodato Arte è una realtà in evoluzione. Siamo partiti senza sede fissa nel 2010, oggi creiamo sinergie con musei, partecipiamo a fiere nazionali e internazionali e realizziamo tirature d’arte, con particolare focus al mondo Japan Pop e Urban Art. Volevo rafforzare l’offerta culturale della galleria e affiancare la fitta programmazione di mostre personali e collettive della sede in via Santa Marta, che ha recentemente ospitato Joan Miró.

E ora c’ è anche un libro. Motivazione?
Rispondo con l’incipit: Se vuoi orientarti concretamente per i primi acquisti, anche se hai già letto altri banali ed inutili vademecum e continui a pensare che l’arte sia una selva oscura, allora questo è il libro che fa per te!.
La sua esperienza con l’arte come è iniziata?
Volevo distinguermi e avevo l’idea di arredare la mia prima casa. Per 11 milioni di lire feci il primo acquisto ma nessuno mi ha mai aiutato a capire le differenze, io non ero un collezionista. Oggi che mi trovo a vendere a tanti acquirenti che si avvicinano per la prima volta, ho deciso di scrivere le regole, anche forte di una preparazione in comunicazione che deriva dai miei studi. E voglio anche seguire l’acquirente per il dopo, per suggerire il momento giusto per vendere, come conservare al meglio l’opera.
Cosa dovrebbe esserci dietro il perfetto acquisto delle prime cinque opere d’arte contemporanea?
Andate nelle gallerie consolidate, quelle che investono realmente sull’artista. Se non lo pagano, perché dovreste pagarlo voi? Meglio all’inizio non comprare direttamente dall’artista, perché se non ha dietro una galleria, è meno certo come acquisto. E poi, capisco che all’inizio il timore può essere l’aspettativa di rivalutazione di quello che si compra. Legittimo, però bisogna essere anche appagati esteticamente di quello che si è scelto.
Un gallerista serio come agisce?
Basti pensare che i seri considerano la possibilità di restituzione dell’opera, in caso di trasferimento o di mutate condizioni familiari. Questo per le aste online non c’è come opzione. Suggerisco di comprare per esempio, quando alle spalle c’è una residenza, quando cioè l’artista ha lavorato dietro compenso e sponsorizzazione del gallerista.
E le gallerie nuove che appaiono e scompaiono?
La regola è: compra l’artista affermato ovunque, ma quello nuovo solo dalla galleria affermata. Oppure, indaga, parla con l’artista, capisci quello che ha da dire, il concetto che c’è dietro. Anche se ritengo che tra le prime opere comprate da un nuovo acquirente, non ci sarà probabilmente un’opera concettuale.
Come ha organizzato gli argomenti da trattare in un testo necessariamente divulgativo?
Sono partito dalle necessità. Per me che vendo arte contemporanea, e che vedo sempre più giovani o neofiti, è importante non spaventare chi arriva in galleria con discorsi concettuali. Capisco che l’esigenza è arredare, possedere l’oggetto artistico che interessa. Poi arriva la motivazione del collezionare e dell’investimento. Non forzerei mai l’acquisto di un nuovo cliente solo in base alle quotazioni del mercato o alla profittabilità. L’arte che ci si porta a casa anzitutto deve piacere.

C’è poi tutta una parte dedicata alle paure e alle fregature. È riuscito a essere imparziale?
Io ho il coraggio di dire come stanno le cose. Prima spiego cosa è l’arte contemporanea e cosa è l’arte classica. Poi sfato i miti: le fregature dei galleristi, i metodi subdoli con cui si rifilano opere senza valore, il timore di non capirle ma di accettare supinamente quello che viene proposto. E poi la fiducia. Dico al lettore di avvicinarsi, di conoscere il gallerista, di valutare, di non aver paura di chiedere e di scrollarsi di dosso tutte le remore del “non entro perché non conosco”.
Effettivamente in molti pensano: l’arte costa, l’arte è incomprensibile, specie quella contemporanea.
Vede, c’è questo preconcetto per cui bisogna essere esperti per comprare. Però poi tutti si affidano agli chef stellati o ai maghi dell’informatica o comprano con leggerezza macchine costose. Mica bisogna essere esperti di tutto, bisogna affidarsi alle persone giuste. E come le si sceglie? Facendo anche delle valutazioni di buon senso: un gallerista con una certa esperienza è più affidabile, così come un artista che ha una storia.

E come si fa a “capirla”?
Si capisce acquistando. Perché se inizi a comprarti la grafica a 300 euro, poi ti stimola a informarti sull’artista, ne parli con gli amici, magari lo rivedi in altri contesti e ti fai un’opinione. Ne compri un altro, ti documenti, ti si apre un modo, sei attento, vai alla mostra. È un modo per entrare in contatto con persone diverse, è soprattutto una grandissima talking opportunity. Il Porsche lo vede chiunque, il quadro ha un’esposizione più riservata e crea interesse. Specie se è posizionato in luoghi di lavoro, suscita sempre curiosità. Io ho iniziato proprio ad arredare l’ufficio.
C’è anche una parte del libro tutta dedicata ai metodi di vendita. Quanto è cambiato il suo mestiere ultimamente?
C’è una giungla: la tv, le aste, le vanity galleries, che sono quelle che vengono pagate dagli artisti per esporre. E poi l’online. Ma spiego anche che non è impossibile possedere un Warhol o uno Chagall con un budget calmierato. Bisogna sapere che esistono anche le stampe numerate, delle belle opere magari non sempre firmate che però hanno più valore delle riproduzioni che compriamo nei bookshop dei musei.
Il lettore apprezzerà molto il capitolo “Quello che un gallerista non ti dirà mai”.
Se vuoi essere preso in giro da un gallerista prova a dirgli: Voglio un’opera che stia bene col divano. Rideranno perché la considerano una diminutio. E invece io penso che ci sia bisogno di libertà e cerco di far capire che vedere i prezzi non sminuisce il valore dell’opera, per esempio. La mia galleria ha le foto online con i prezzi delle opere perché così quando il cliente arriva è già meglio disposto. E poi le persone non ammettono ma spesso si sentono ignoranti, perché in alcune gallerie non ci sono nemmeno i nomi degli artisti, il che crea distanza.
Il libro è un primo passo della sua voglia di divulgare un nuovo modo di comprare?
Continuerò ad abbattere dei falsi miti. Presto alla Deodato Arte tutte le opere saranno assicurate per un anno a casa del cliente, per abbattere questo timore. La probabilità che vengano rubate è talmente bassa che l’assicurazione costa poco e posso permettermi di pagarla a tutti.