Diana Her Fashion Story, la mostra sugli abiti di Diana Spencer, sta diventando la main attraction di Kensington Palace, la residenza della principessa già visitabile regolarmente.
Aperta da poco più di una settimana, la retrospettiva sul glamour di un’icona del Ventesimo secolo sta incantando turisti e londinesi. È un percorso che si snoda e si sviluppa lungo tutto la sua vita da personaggio pubblico. Ci sono abiti delle sue origini di principessa (la camicetta del primo ritratto, il famoso completo in tweed, l’abito per una foto/ritratto con Carlo), abiti “da lavoro” o comunque “da giorno”, quelli che indossava per le cerimonie o le attività di charity per cui era famosa.

L’allestimento si conclude in una stanza/sezione che porta il suo nome, con le bellissime foto che Mario Testino le fece l’ultimo anno della sua vita, splendida, sorridente, spensierata. Accanto ai ritratti, alcuni degli ultimi abiti che indossò quell’anno, quando oramai non era più “Altezza Reale” ma una figura pubblica di grandissima popolarità internazionale.
Siamo in grado di mostrarvi alcune immagini e descrizioni della mostra che sicuramente lascerà un segno nella cultura popolare mondiale.
Victor Edelstein le cucì un vestito che nel 1985 le servì da ingresso alla Casa Bianca. Pochi sapevano che nella storia sarebbe entrato proprio come il Travolta Dress, nominato dopo l’esibizione improvvisata in un ballo con John Travolta.
Catherine Walker fu la stilista che Diana cercava: una persona che si interessasse a lei come persona. Walker arrivò a coniare anche una descrizione del loro stile in sviluppo: the royal uniform. Come si vede bene nel ritratto ufficiale accanto al Principe Carlo del 1983, dove la gonna sontuosa di questo abito fu una ventata di femminilità composta che ci voleva per l’immagine di diana. A scattare, Terence Donovan, un fotografo in gran voga negli anni 60 che ebbe una carriera reinvetata proprio negli 80. Diresse il mitico clip di Robert Palmer Addicted To Love (con le modelle in mini-dress come band).

Emanuel fu ingaggiato per una visita in Italia nel 1985. A quanto pare Diana era abbastanza nervosa di presentarsi all’opinione pubblica di un Paese molto fashion-conscious come il nostro. E il tentativo di accettazione fallì. Il cappotto a quadri con cappello largo aizzò le critiche più feroci. Era il 1985, le squadrature dei volumi erano accettate socialmente. Ma non lo stile british.
Come i completi di Bill Pashley, troppo countryside per essere la faccia di una nazione che si poneva come faro moderno per i giovani di tutto il mondo.
Ci sono anche degli aneddoti nascosti nelle didascalie della mostra. Come quello del servizio fotografico di Vogue nel 1981, quando Diana fu presentata come Upcoming Beauty. Dopo qualche tempo annunciò il suo fidanzamento con il principe Carlo. E la blusa new romantic che indossò nel servizio le servì per conoscere Emanuel, lo stilista che la seguì per un periodo cruciale della sua evoluzione pubblica.
Impossibile rimanere insensibili davanti a tre pilastri del Novecento che si mettono assieme per una fotografia: Diana Spencer, Gianni Versace e Patrick Demarchelier. La foto è per Harper’s Bazaar, siamo nel 1991, e il brutto anatroccolo è decisamente sbocciato a icona di stile. La mostra ricorda come la consuetudine per i reali inglesi di servirsi solo di stilisti del regno fu interrotta proprio da Diana. Ma siamo negli anni 90, e il suo matrimonio con Carlo è finito. E così finiscono anche i suoi obblighi di tutti i tipi.
Orari di apertura e biglietti qui
Testo e foto dal nostro inviato a Londra Federico Neri