Il cibo è di per sé scienza, sta al cuoco farla divenire arte. Ernesto Kouassi lo dice da private chef di 27 anni di Thiene, provincia di Vicenza. Proviene da una famiglia originaria della Costa D’Avorio che l’ha sempre stimolato in cucina, anche se la sua strada, racconta “me la sono fatta rischiando e sbagliando, ma sempre tendendo al miglioramento senza scoraggiarmi“. Nato a Napoli, ad Abidjan, il paese dei suoi genitori, c’è stato poche volte, ma confessa di aver respirato la cultura del suo paese in Italia . Ha iniziato 5 anni fa un percorso grazie ad un amico all’estero che preparava cene in casa dei clienti. Appena si è creato uno spazio su Take a chef, la piattaforma online degli chef a domicilio, la sua cucina “mista” ha avuto subito cinque stelle. Poi è arrivata la tv (“Cuochi d’Italia Campionato del mondo” con Bruno Barbieri) , arrivato ai quarti di finale nell’edizione 2020) e il web (con il collettivo The Good Neighborhood Collective per Converse) . Ma le sfide non sono ancora finite.
Ernesto, le persone come ti trovano e perché ti scelgono in qualità di cuoco a domicilio?
Mi sono iscritto per le prestazioni in cucina a domicilio in provincia di Vicenza e non mi sono pubblicizzato per non caricarmi di visibilità se non sono pronto per soddisfare tutte le richieste. Da quando ho una presenza su Instagram che si chiama Flavors Stylz, proprio per indicare i sapori e gli stili diversi che sintetizzo in tavola, le persone sono molto incuriosite.
Come nasce la tua passione per la cucina?
Sono sempre stato in mezzo al cibo, con mia madre che adorava preparare prelibatezze e a cui intitolerò la mia prossima apertura. Ho avuto anche vicino una zia cuoca e questi esempi mi hanno insegnato a non avere mai timore di esprimere me stesso. In cucina mi ritrovo perché preparo per gli altri e trasmetto amore per quello che faccio.
Come ti definisci?
Sono un appassionato che vuole diventare esperto di nouvelle cuisine e di cucina contemporanea, mista e innovativa. Vorrei essere ricordato come il cuoco che ha aiutato le persone a uscire dal gregge. Conosco chi vuole creare musica o fare iniziative multiculturali, non solo chef, persone che sono spinte a migliorarsi guardando me. La cosa mi inorgoglisce. Trovare ispirazione fuori dall’abitudinarietà è fondamentale in ogni campo.
Il tuo punto di arrivo quale sarà?
Il mio obiettivo è mostrare le mie conoscenze e abilità al maggior numero di persone, che è un fine importante soprattutto per un italiano di adozione come me. Vorrei anche arrivare a fare eventi con altri chef di altre etnie e mettere assieme l’Africa e l’Italia in tavola. Perché la cucina italiana è la base di quello che faccio e la amo, ma sono convinto che è troppo chiusa.
Lavori molto col territorio italiano, vero?
Da quando ho iniziato ho gli stessi fornitori veneti e ho con loro anche dei progetti di business per renderli più conosciuti. E vorrei essere lo scopritore di produttori locali del posto che producono vero prodotto italiano. Creare dei piatti insieme a loro e spingere la loro particolarità sul web con dei video. Si lamentano solo dello strapotere dei supermercati ma non hanno colto le potenzialità di visibilità del web. E io voglio essere conosciuto per dare, non per avere.
Che sensazione hai se ti riguardi indietro e pensi ai tuoi inizi?
Ricordo la prima esperienza a Verona in un appartamento. Preparai un flan di verdure con formaggio Asiago e un risotto elaborato. Anche se uso prodotti tipici italiani quando mi viene richiesta la cucina tricolore, faccio una preparazione molto elaborata e i piatti creati da me sono ricchi di inventiva e contaminazioni.
Chi sono i tuoi clienti tipo?
Sono spesso coppie miste, molti italiani e tanti appassionati di alta cucina, quindi devo essere molto attento. Sono capitato anche in case di danarosi fornitori enogastronomici, persone che hanno molta influenza nel mio campo, ma ovviamente mi dicono solo alla fine del pasto cosa fanno.
Entriamo un po’ nella tua professione….Come sei in cucina?
Quando cucino non mangio, a differenza dei miei colleghi, assaggio poco me la gioco in un modo diverso. Solitamente uso pochi ingredienti che mi stimolano l’assaggio. Piuttosto mi dedico al problem solving e non vado in panico se mi manca qualcosa. Cerco di attivare l’inventiva e usare quello che ho a disposizione. Se voglio far parlare la mia sicurezza in cucina faccio parlare i miei piatti, anche se a volte vado contro le regole.
C’è qualcosa a cui non rinunci nella preparazione?
Basta che ci sia colore, per me è già un gran successo. La cosa che mi piace più fare è creare qualcosa di nuovo ed evolvere, ogni piatto ha bisogno di essere aggiustato fino a un punto. Magari anche quando al cliente è piaciuto a me spesso manca un contrasto e mi invento un tocco di agro-dolce, mi piace far giocare le papille gustative del cliente.
Che trucchi usi per migliorarti in cucina?
Cerco di studiare la sensazione del cliente e mischiare le provenienze. Mi piace anche sorprendere: il risotto generalmente lo si manteca col Parmigiano ma io aggiungo qualcosa di inaspettato. Per esempio, tendo a usare sale naturale, magari essiccando le olive taggiasche.
Come avviene l’accordo tra un private chef e un cliente?
Mi contattano online, mi comunicano il numero delle persone, il budget a persona e mi dicono la tipologia di menu con eventuali intolleranze o allergie. Solitamente creo il piatto secondo le loro indicazioni e le modifico a mio piacimento nei limiti della loro volontà. In ogni caso se mi chiamano sanno già che terrò la tradizione accanto alla contemporaneità.
Hai un prossimo piatto con cui vorrai stupire i tuoi follower?
Sono fissato con le evoluzioni delle presentazioni…vorrei creare un gelato alla carne e lo farò. Mi procurerò l’azoto liquido e realizzerò questo gelato somministrabile agli intolleranti al lattosio. Anche chi fa palestra potrà mangiarselo perché diventerà un gelato proteico. Esiste già un gelato al fegato d’oca in alcuni ristoranti stellati e io lo voglio fare al petto di pollo, speciale alla mia maniera.
Hai un personaggio a cui ti ispiri nella tua professione?
Il mio idolo è lo chef britannico Heston Blumenthal, un piccolo chimico della cucina. Lui ha creato un prodotto, il transglutaminase, che è un collante proteico quindi attacca gli alimenti. Secondo me un cuoco più che prendere dalla tradizione e rifare deve essere bravo a inventare. Quando crei qualcosa, ti migliori, per questo ho in mente un progetto mio.
Di che si tratta?
Sono interessato non solo alla tradizione culinaria della Costa d’Avorio ma anche a quella internazionale fino ad arrivare a creare un mio stile di cucina dove prevale quella italiana. Voglio raccontare i piatti etnici africani e la cucina internazionale su un canale YouTube e Instagram per aumentare il mio bagaglio culturale.
Cosa ti aspetta nel 2021, l’anno della ripartenza della ristorazione?
Quando ho partecipato a “Cuochi d’Italia” è stata una stimolante esperienza che mi ha dato spirito di iniziativa per fare le mie cose e mi ha aperto la mente per i progetti. Quindi sono nel mezzo di parecchi lanci di cose nuove. Tra cui la mia partecipazione, a fine maggio, agli Chef Awards 2021 con un video di candidatura girato nel primo ristorante dove ho lavorato in cucina. Voglio ricordarlo, si chiama “Opera Terza” a Zanè provincia di Vicenza, da dove tutto è inziato per me sei anni fa.