Se si facesse luce su tutti i talenti che giorno dopo giorno animano la nostra amata Italia, i nullafacenti dei reality show sarebbero messi facilmente in fuga. Giancarlo Capito è un personaggio che di talento e carriera ne ha tanto e che meriterebbe le ribalte più affollate dello show biz.
Cantante e musicista pugliese di Palagianello, Taranto, si diploma nel 2005 alla MTS Musical The School di Simone Nardini e prosegue lo studio del canto con Lena Biolcati, la famosa cantante che fece 4 Sanremo negli anni 80. Capito ne è diventato assistente nel 2010 mentre dal 2005 al 2007 è stato nel cast di “Fame” interpretando il ruolo di Joe Vegas e in quello di “Gianburrasca” nel ruolo di Tito Barozzo. Ha militato anche nel family musical “Scooby Doo Live On Stage”, ha partecipato all’Eurovision Song Contest a Belgrado con Paolo Meneguzzi e ha creato show per le crociere della compagnia Costa Crociere.
Con “Happy Days” giunge finalmente nel 2011 nella Compagnia della Rancia per poi proseguire con “Grease” dal 2012 al 2014 con il ruolo di Sonny entrambi per la regia di Saverio Marconi. Altri musical (“Gli Sposi Promessi” e “Dante’s Musical – La Divina Commedia” per la regia di Maurizio Colombi, “Sister Act”, “Elvis The Musical” nel doppio ruolo di Sam Philips e Joe Esposito) gli hanno fatto incontrare un pubblico sempre più vasto.
Oggi Giancarlo affianca l’attività di performer a quelle di docente di tecnica vocale in diverse scuole di musical in tutta Italia, e di direttore artistico di “APULIA MUSICAL” stage e workshop nazionale sul Musical Theater.
Lo abbiamo intervistato prima della partenza per la stagione estiva, visto che è entrato a far parte della società VISION ANIMAZIONE E TURISMO, società leader nell’intrattenimento operante all’interno dei resort del tour operator Nicolaus.
Sei giovane artista, ma hai un curriculum davvero spettacolare. Come guardi, oggi, a tutti i big con cui hai lavorato?
È vero, ho avuto la fortuna di lavorare e conoscere tanto personaggi del mondo della tv e del teatro. Da ognuno ho rubato qualcosa. Lena Biolcati mi ha fatto scoprire l’amore per l’insegnamento, Saverio Marconi la minuziosità e la cura dei dettagli nella realizzazione di uno show. Con Stefano D’Orazio ho invece imparato a essere non solo artista ma anche a ragionare come un manager del mondo dello spettacolo. Potrei citarne davvero a decine di personaggi, dai più famosi ai meno, ognuno ha lasciato un seme che mi ha permesso di essere ciò che sono adesso.
Le tue incursioni in tv sono state in programmi molto popolari. Cosa ti resta?
Le Iene e The Voice sono stati due lavori che mi hanno visto impegnato in ruoli completamente diversi. Il primo per me è stata una vera e propria sfida. Ricordo ancora il casting con gli autori nella redazione, avevo capito di aver fatto una buona impressione ma non mi sarei mai aspettato di registrare il giorno dopo! Registravo un servizio che si chiamava Rimbalzavip con la Iena Laura Gauthier, dove avevo il compito di “rimbalzare i vip” che volevano entrare in discoteca o a eventi mondani dicendo loro di “non essere in lista”. Puoi immaginare la loro reazione. Bene, in un’uscita per registrare questo servizio davanti a una discoteca di Milano il compianto Maurizio Arcieri del duo Krisma, all’epoca al Chiambretti Night non la prese proprio in maniera sportiva e mi tirò un pugno in faccia! Fece abbastanza male ma oggi ricordo quell’episodio con un sorriso.
Per The Voice, invece?
Mi occupavo di intrattenere il pubblico dello show e ho avuto la fortuna di assistere e poter vedere in quell’anno dal vivo artisti che vennero accolti in maniera molto fredda dal pubblico in studio perché non erano ancora conosciuti dal pubblico italiano. Ma stiamo parlando di 2 star internazionali come Ed Sheeran e Sam Smith, vi rendete conto?
Come fai a essere così duttile sul lavoro? Passi da cose ingessate a show molto atletici.
Da un punto di vista di costruzione, che si tratti di uno spettacolo più giovane o a tematica storica, la metodologia di lavoro è sempre la stessa. Solitamente i musical più storici hanno un’impostazione più classica, anche se questa non è una regola generale visto ora ci sono in giro musical come Hamilton che ha dentro addirittura il rap. Studio solitamente l’epoca, lo stile vocale e il personaggio. Poi sono fondamentali le scelte del regista e del coreografo che ti accompagnano in quello che sarà il risultato finale.
Hai un modello a cui ti ispiri?
Da un punto di vista teatrale la persona a cui mi ispiro è sicuramente Saverio Marconi che ha portato il musical in Italia e con cui ho avuto la fortuna di lavorare per ben 3 produzioni: Happy Days il musical e Grease con la Compagnia della Rancia, e Sister Act per il teatro Brancaccio. Senza dimenticare poi un mostro sacro come Gigi Proietti. Per quel che riguarda il mio essere presentatore ed intrattenitore sicuramente mi ispiro allo showman italiano per eccellenza, Rosario Fiorello.
Tutta questa esperienza ti ha portato anche a concepire uno spettacolo tutto tuo. Ce ne parli?
That’s Amore è un idea di spettacolo che mi è venuta mentre lavoravo all’estero sulle navi della compagnia Costa Crociere. Ricordo che la gente veniva in teatro a vedere degli show magnifici, che però avevano poco “gusto italiano”. Allora ho pensato ad un format che fosse allo stesso tempo nazional-popolare e dal gusto internazionale. Ho scelto così quelle che secondo me erano o potevano essere le canzoni più rappresentative della musica italiana dal 1960 ad oggi. Fatto lo spettacolo serviva un nome che rispecchiare questa doppia anima. Mi è venuto così in mente di chiamarlo come il pezzo di Dean Martin That’s Amore.
Dove lo rappresenti?
Sulle navi, all’inizio. Devo dire che dopo averlo testato con un pubblico molto difficile come quello francese e tedesco, lo show è praticamente esploso in sud America con standing ovation ogni sera. Ora che lavoro come direttore artistico per il NICOLAUS CLUB OTIUM ho deciso di riproporlo per tutta l’estate aggiornandolo con coreografie eseguite da eccezionali ballerini e nuove cantanti che si alterneranno con me sul palco, insieme a sputafuochi, mimi e bubble artist. Quest’anno sono davvero soddisfatto del lavoro che ne è venuto fuori.
Raccontaci del tuo passaggio all’Eurovision.
Dieci anni fa l’Eurovision in Italia non lo conosceva nessuno, perché era da anni che non veniva più trasmesso qui. Io ho avuto la fortuna di parteciparvi come corista e led vocal di Paolo Meneguzzi rappresentando la Svizzera con il brano “Era Stupendo”. È stato un mese intensissimo. Al di là del fatto di cantare a Belgrado in un’arena con 20.000 persone, il ricordo più vivo sono i legami che si sono creati, per 15 giorni, ogni sera i musicisti di tutte le nazioni si riunivano per Jam session nell’hotel e si creavano dei veri contenitori artistici in cui esprimersi e divertire.
Ora sei approdato a NoLo, il quartiere dei creativi a Milano e hai fatto subito qualcosa per la comunità. Come ti è venuto in mente?
È da 2 anni che vivo a NoLo mentre sono a Milano da 15. Devo dire che mai mi era capitato prima di avere intorno un fermento culturale e sociale così vivo. Ho deciso di unirmi a quest’onda dando il mio piccolo contributo. Ho quindi risposto ad un annuncio sulla pagina di Nolo Social District dove si cercavano cantanti per formare un coro di quartiere. Mi sono poi offerto di dirigerlo.
Ancora lavoro, quindi, fin sotto casa?
Forse sono un pazzo o un visionario ma quando dopo un mese li ho visti mettersi in gioco e andare in scena, al Festival di San NoLo, beh, la soddisfazione è stata grandissima. Sono nati così i THE CORNOLERS. Nei giorni seguenti poi quando andavo in giro in tanti mi riconoscevano dicendomi che gli sarebbe piaciuto mettersi in gioco e cantare. E allora mi è venuta un’idea, un sogno.
Raccontacela!
Quello di poter far crescere questa realtà con l’aiuto del quartiere e magari allargarla creando una vera e propria scuola civica di musica. Partiremmo dal canto, non solo corale ma anche singoli per poi allargarla magari a strumenti musicali. Magari sarà anche questa l’ennesima follia ma credo di essere pronto anche questa volta. Ho scelto NoLo come casa e sarei fiero di portare avanti con l’aiuto di tutti gli abitanti del quartiere questo progetto.