Al Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina per la 27esima edizione è arrivato anche Willem Dafoe.
La kermesse 2017 a Milano ha visto riempirsi l’Auditorium San Fedele per l’incontro con la stelal del cinema dopo la proiezione di My Hindu Friend, evento speciale in omaggio a Héctor Babenco.
Dafoe ha ricordato il maestro brasiliano recentemente scomparso, parlando del loro rapporto di amicizia e nella lavorazione del film, nel quale nonostante sia narrata la vicenda personale della malattia del regista, l’attore aveva ampia libertà di interpretazione.
Nella settimana appena passata ci sono stati incontri e mostre (Where Future Beats, la fotografica presentata dal LagosPhoto Festival) alla Casa del Pane nel quartiere multietnico di Porta Venezia. Una location molto appropriata dove si è parlato di incontri culturali e di scambi. Come nell’incontro con Daniele Tamagni, una delle colonne della rivista Africa, che per primo nel 2005 con un viaggio nel Benin, ha svelato una nuova generazione di africani che vivono una socialità a noi occidentali ancora sconosciuta.
“Quando sono arrivato per la prima volta in Africa – dice il fotografo amato dalle star della moda e della musica – mi sono concentrato su altri aspetti della società, ho iniziato con la religione, con le lotte civili. Poi mi sono accostato ai fenomeni giovanili ed è stato allora che ho scattato per tutte le fashion tribes dei Paesi centro-africani”.
Personaggi come Michael Soi, un artista di Nairobi che ha polemizzato contro la mancanza di un padiglione d’arte africana alla Biennale, sono stati prima fotografati da Tamagni e poi son diventati popolari nel mondo. Oggi il fotografo milanese lavora per le star della black music mondiale, ha girato e fotografato per esempio con Solange Knowles e per l’ultimo disco di Tinie Tempah. Anche l’Africa ha le sue band, i suoi blogger, i suoi artisti di rottura.
Il merito di Tamagni, che oggi a ben ragione è considerato un capostipite nel suo genere, è stato quello di aver squarciato un velo sulla realtà giovanile africana della middle-class, che si veste all’occidentale e vuole assomigliare nel divertimento e nelle passioni alle generazioni di coetanei che vivono alle altre latitudini. Merito e onore agli organizzatori di un festival come questo (Simona Cella e il reposnsabile programmazione Simone Sapia) la scelta di averlo come ospite. Una fotografia può svecchiare l’immagine di un intero continente più di mille dibattiti.
In apertura, foto della premiazione:
Nella Gallery, le foto dei film premiati al festival.