La differenza tra l’immagine premiata al World Press Photo di Amsterdam e uno dei capolavori di Andy Warhol è la posa. Solo la posizione della pistola, che Elvis impugnava verso lo spettatore, mentre l’attentatore del 19 dicembre 2016 ad Ankara puntava a terra, è diversa.
Per il resto, i giudici del prestigioso premio di fotogiornalismo di Amsterdam hanno voluto indubbiamente e coscientemente sollevare un polverone. Perché l’attentatore immortalato dal coraggioso reporter turco Burhan Ozbilici il gesto di vittoria farneticante lo fa già nel terribile scatto. Una meta-foto, verrebbe da dire, visto che si tratta di una scena ripresa all’interno di una galleria d’arte dove l’ambasciatore russo ad Ankara stava tenendo un discorso.
Vestito in maniera elegante, capelli composti, fisico asciutto, il terrorista brunetto dall’aria innoqua grida chissà quale vendetta alla storia. E ora lo scatto è premiato, innalzato a icona di un tempo dove le misure si son perse, il terrore è entrato nelle nostre vite, l’esultanza dei fanatici è sempre più associata all’orrore di chi soccombe.
Il Triple Elvis di Andy Warhol (1964) richiamava una posa del film Flaming Star di qualche anno prima. Il padre della pop art voleva consegnare alla storia un’altra faccia dell’icona musicale, ripescando un Elvis attore piuttosto che cantante. La foto del poliziotto assassino Mevlut Mert consegna ai posteri la memoria di questi anni di morte e contraddizioni. Ma rende iconico il deplorevole gesto del protagonista o omaggia il coraggio di un professionista che anche nel momento di maggior terrore non ha rinunciato al suo mestiere?
Troppo presto per dirlo. Le foto premiate per il World Press Photo 2017 sono visibili presso De Nieuwe Kerk dal 15 aprile fino al 9 luglio.
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