C’è un posto a Roma che è un suggestivo e intrigante isola spagnola nel cuore della capitale. E ora le porte aperte alla Real Academia de Espana a Roma permettono di visitare gli studi degli artisti e ricercatori che vi risiedono.
Appuntamento in quell’angolo del Gianicolo conosciuto come “l’isola spagnola” per la presenza della sede di rappresentanza dell’ambasciata iberica, del Liceo Cervantes e dell’Accademia, in una enclave ricchissima di arte e di storia che iniziò a svilupparsi nel XV sec. per iniziativa dei cattolicissimi re Isabella e Ferdinando con la costruzione della chiesa di San Pietro in Montorio e del tempietto del Bramante nel chiostro adiacente. Successivamente, nel 1873 nel convento confinante donato dallo Stato italiano ai sovrani spagnoli venne organizzata l’ “Accademia di Belle Arti nella quale alloggiare artisti spagnoli per un periodo di studi”.
In questo ambiente impregnato di cultura e pensiero i vincitori del Concorso del Ministero degli affari esteri spagnolo su progetti in sinergia con il panorama artistitico e culturale italiano, romano in particolare, studiano e sviluppano i loro progetti che spaziano dall’arte figurativa alle performance, dalla storia dell’arte alle tecnologie multimediali. Progetti che abbiamo avuto modo di osservare in anteprima.
L’Accademia si articola intorno al “chiostro nord” del convento, arricchito da un prezioso ciclo di affreschi dedicati a San Francesco, ed è un’avventura emozionante inoltrarsi per corridoi, saloni, cappelle, anditi oscuri, su e giù per scale ripide e tortuose, in una straordinaria stratificazione di arte e cultura, con abbaglianti squarci di luce e panorami che irrompono dai finestroni, alla ricerca degli studi aperti per vedere i 23 progetti con l’assistenza degli ideatori. Avventura che sicuramente ripeteremo il prossimo 22 giugno durante la presentazione dei progetti finali.
“Le giornate di porte aperte costituiscono un’opportunità per avvicinarsi ai residenti dell’Accademia e condividere e capire meglio le chiavi dei loro processi creativi, nonché analizzare insieme tutto ciò che può offrire l’Accademia come spazio di incontro, creazione e innovazione culturale aperto e plurale” spiega la ‘Directora’ Angeles Albert, che ci piace chiamare ‘directora’ perchè sembra rendere meglio il calore e la passione che mette nel suo lavoro e l’amore che dimostra verso la città che ospita l’Accademia.
Roma “eterna ma mai eguale”, che ispira e forma gli artisti che hanno la fortuna di lavorare qui. Come è avvenuto in questo inverno anomalo che ci ha regalato lo spettacolo raro “di una Roma bianca, in cui i sampietrini sono scomparsi offrendoci tappeti di cotone” e “cielo e terra si fondevano, mentre svanivano le centinaia di campanili e si nascondeva il Tevere”, “immagini che accompagneranno per sempre i residenti di questa Accademia e di cui godremo tutti attraverso il loro sguardo, pennelli o obiettivi“.
PROGETTI – Illustriamo solo alcuni dei progetti presentati, tutti di grande interesse e che aprono squarci di riflessioni inedite su le più svariate tematiche.
Nella splendida sala dei ritratti ci accoglie Abel Paùl, musicista e compositore, il cui progetto consiste in quattro opere musicali, ognuna scritta per un luogo concreto dell’Accademia, per esplorare la natura acustica di diverse stanze e spazi. Il critico d’arte Javier Hontoria ha svolto una ricerca su Gianfranco Baruchello, uno dei maggiori artisti italiani del XX secolo, che “ha costruito un corpo d’opere di enorme singolarità, al margine delle tendenze normative”. Culmine della ricerca una Mostra “in cui artisti spagnoli entreranno in dialogo con l’immensa eredià di Baruchello”.
Marìa Esteban Casanas ha potuto realizzare proprio a Roma un’analisi dell’ornamento del barocco studiando in particolare la cupola di S. Carlino. Miguel Leiro ha approfondito la società e l’arte nell’Impero romano del periodo della dinastia Giulio-Claudia per arrivare a creare opere di design contemporanee che “servano da omaggio al passato“.
Miguel Marina ha elaborato un progetto incentrato sul paesaggio di Roma. Intrigante Fuimos di Leire Mayendìa, che indaga l’influenza dell’immigrazione italiana nella costruzione del tango ipotizzando che senza il contributo di quegli uomini, del loro modo di sentire la lontananza dal proprio paese, dalla famiglia, dalle proprie radici, sarebbe diventato un’altra cosa.
È partito dall’ “Articolo delle lucciole” di Pasolini sulla “metafora delle piccole luci di resistenza davanti alla luce accecante della cultura che uniforma le masse” il progetto scenico di Cecilia Molano.
Santiago Pastor analizza la “singolarità del restauro delle opere pubbliche moderne spagnole” del XIX e XX sec. prendendo come riferimento l’evoluzione storica del paesaggio culturale costituito dai ponti che attraversano il Tevere. Elena Trapanese ha raccolto testimonianze e documenti, materiale giornalistico e radiofonico, fotografico e televisivo sulla presenza degli esuli spagnoli a Roma negli anni cinquanta/settanta del secolo scorso. L’influenza italiana nella nascita della commedia spagnola è analizzata da Ana Zamora. Propone un ritratto di Roma attraverso i racconti di Gianni Rodari Nuria Nùnez Hierro, compositrice, con il suo Sotto l’ombrello della fantasia.
Un discorso a parte merita il coraggioso lavoro di Julia De Castro, giovane e bella plurilaureata e diplomata in violino, che ha studiato la Retorica delle puttane, di Ferrante Pallavicino, non casualmente decapitato nel 1642 come eretico.
Ferrante Pallavicino, destinato alla vita monastica che abbandona per il suo spirito ribelle e dissacrante verso la Chiesa e il potere costituito, ha parafrasato il “De arte rethorica” di Cipriano Suarez, cioè il testo adottato nelle scuole dei Gesuiti. Per Pallavicino, i bisogni sessuali dell’uomo vanno eguagliati agli altri bisogni corporali, e quindi la funzione della prostituzione è semplicemente di soddisfare quel particolare bisogno.De Castro illustra la sua posizione con una performance in cui una “puttana”, dietro pagamento di una moneta, esalta la sua “professione”: “In questi mesi di ricerca” confessa Julia “ho vissuto un’insoddisfazione costante: non trovo risposte a ciò che è il piacere sessuale né nelle retoriche di Pallavicino né nelle mie coetanee abolizioniste della prostituzione né nelle lavoratrici del sesso“. A cosa l’ha portata la sua analisi? “Che dare piacere è un’abilità e che chi desidera farlo e farsi pagare non deve essere demonizzato. È sbagliato dire che il corpo si vende, la prostituzione è una transazione in cui si compra un lasso di tempo” sostiene Julia De Castro. “Tuttavia non è uno scambio comune. Stiamo parlando di un rituale, il corpo ha memoria“. E tutto deve avvenire senza alcuna costrizione e forzature. Ma, come a dimostrare che il problema non è poi di così semplice soluzione, Julia si chiede “Che cosa cerco con quest’opera?”, senza riuscire a darsi una risposta esaustiva: “Sono ancora alla deriva. Quest’opera è una domanda in quanto tale”.
Al termine della nostra visita ci tornano in mente le parole della Directora: “da tempo immemorabile la magia, la creatività e il lustro di chi dimora qui fanno la storia“. L’accademia si avvia al 150° anniversario e continuerà a sostenere creatori, ricercatori e gestori culturali nella realizzazione dei loro progetti che costituiscono un valore aggiunto nella creazione di conoscenza.