È affascinante sentire un rocker che è stato parte di un momento storico italiano come Omar Pedrini, riprendere in mano la sua carriera e rivolgersi ai giovani. Perché Pedrini lo fa in maniera spontanea ed entusiasmante, ti trascina dentro il suo desiderio di sovversione anche nel 2017 a 50 anni. E soprattutto dopo vari ostacoli e problemi di salute seri. Che non hanno intaccato la sua voglia di musica, tanto che il suo sito si apre con la scritta: “Rock will never die”. Oggi esce il suo nuovo disco, Come se non ci fosse un domani e ce lo siamo fatti raccontare.
Come mai hai deciso di usare un titolo così vicino al linguaggio dei giovani, Come se non ci fosse un domani, per il tuo nuovo disco?
Volevo dire che è un punto di partenza, riaprire gli occhi e capire che le mille ansie non sono niente in confronto alla fortuna di poter andare avanti. Mi è venuto in mente nell’ultimo ricovero in ospedale. In tutti i testi del disco c’è una ricerca di dialogo con i giovani a cui dico: prendete in mano il vostro futuro.
Che rapporto hai con le nuove generazioni?
Ai concerti ultimamente vedo un sacco di ragazzi che mi chiamano Zio Rock. E infatti uso questo nickname per i miei social. Ho un figlio di 20 anni con cui ho scoperto di avere più libertà a scrivergli su WhatsApp che parlagli dal vivo. Mi adeguo e son contento di entrare nella loro dimensione.
Come vivi quando non fai il musicista?
Penso sempre alla musica, ma posso lavorarci quando le condizioni lo permettono. Il medico mi ha detto: questa volta puoi andare in tour, ma con calma. È come dare le chiavi di una Ferrari a Schumacher, come faccio a contenermi? In verità le mie passioni mi hanno salvato, insegno all’università, faccio l’autore tv, faccio radio. E quando posso ritorno sul palco.
Che disco è questo?
È il disco in cui faccio i conti con la mia ribellione, è la prima volta che faccio un singolo che riprende il nome dell’album perché c’è tutto in quel titolo. Io per natura mi sento incazzato, provo rabbia, mi devo sfogare quando le cose non vanno. Trump? Come si fa a restare calmi, a non potestare? Suggerisco un grande party hippy per reagire allo sconforto, del resto sono nato nella summer of love del 67 e mi resta dentro quella natura ribelle. Le influenze sonore sono tutte anni 70, infatti alla Warner mi hanno detto: finalmente fai musica che piacerà ai primi fan dei Timoria. Così non mi chiederanno più della reunion!
Parli di ribellione, ma questo non sembra un momento in cui ci si ribella molto. Che ne pensi?
È la prima generazione di giovani che non si rivoltano contro i padri. Strano, per noi era normale così, oggi i ragazzi restano in casa, magari in piccoli gruppi, ma non escono. Per questo l’otto marzo scorso mi ha stupito la marcia delle donne che ho visto sotto casa mia. La foto che ho usato per il singolo è stata scattata in quell’occasione.
Raccontami del pezzo “Il Cielo Sopra Milano”.
Come Wim Wenders per Berlino, io descrivo Milano a modo mio, guardandola da ragazzotto provinciale che è arrivato qui due decenni fa e ora l’ha vista crescere verso l’alto. Conosco i tic e le ossessioni ma anche le grandi opportunità della città. Continua a crescere, ti spinge a importi e a emergere. Mi stupisce sempre. Ma non è rassicurante come pezzo, non scrivo favole.
Nell’album ci sono le partecipazioni di Noel Gallagher e Ian Anderson. Come hai fatto?
Non mi piacciono i featuring separati, anche se sarei stupido a rifiutare una proposta dei Radiohead se arrivasse. Ma con Noel siamo diventati davvero amici, dopo che me l’hanno presentato dopo un concerto a Firenze. Mi ha preso nella sua agenzia per scrivere per artisti inglesi. Per me è un sollievo visto che mi hanno sempre detto che in Italia ero troppo British nella scrittura. E frequentando lui a Londra ho conosciuto Ian Anderson. Incredibile, mi son ritrovato alle stesse cene con Kate Moss, i Beckham. Questo è il suo ambiente. Ian mi ha regalato addirittura un pezzo in più del suo intervento, mi ha scritto: ti ho registrato qualcosa in più, se non ti piace cancellalo. Ti immagini se io cancellavo un solo secondo della performance del mio idolo?