Il mosaico che raffigura la battaglia con Alessandro fu ritrovato sul pavimento della Casa del Fauno di Pompei, l 24 ottobre 1831 nella cittadina vesuviana durante gli scavi archeologici. Le autorità in seguito agli scavi trasferirono quindi il mosaico nel 1843 a Napoli, lentamente da sito archeologico alla città di Napoli, su un carro trainato da sedici buoi.
Durante il tragitto, all’altezza di Torre del Greco, un incidente minacciò l’integrità del mosaico: l’opera fu sbalzata a terra e, soltanto nel gennaio del 1845, venne aperta la cassa per verificare l’integrità del capolavoro che, fortunatamente, non aveva subito danni. La prima collocazione della Battaglia di Isso fu, dunque, il pavimento della sala CXL, secondo il progetto iniziale di Pietro Bianchi; fu Vittorio Spinazzola, nel 1916, a definirne la nuova sistemazione a parete nelle riallestite sale dei mosaici.

Oggi il capolavoro è il simbolo dei tesori custoditi dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il restauro necessario da parecchio tempo, è stato avviato la settimana scorsa: sarà realizzato con la supervisione dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR); le attività diagnostiche sono promosse in rete con l’Università del Molise (UNIMOL) ed il Center for Research on Archaeometry and Conservation Science (CRACS).
Paolo Giulierini, direttore del Museo archeologico napoletano ha detto: “Tra un anno organizzeremo la grande mostra Alessandro e la via delle indie, con la Regione Campania. Perché il nostro Museo, simbolo dell’archeologia italiana nel mondo, guarda a Oriente e ad Occidente”.
Alla partenza del cantiere hanno partecipato Paolo Giulierini (direttore del MANN), Amanda Piezzo (direttore Tecnico lavori restauro mosaico), Antonio De Simone (direttore Scientifico dei lavori), Maria Teresa Operetto (responsabile Laboratorio Restauro MANN) e Claudia Carrer (Partnership, Alliances/ Project Manager TIM).

Alla luce degli studi realizzati, sembra probabile che i fenomeni di deterioramento siano dovuti essenzialmente all’ossidazione dei supporti in ferro del mosaico ed al degrado delle malte: a questi fattori può attribuirsi l’accentuata depressione che interessa la parte centrale/destra del pannello musivo. Tale stato di fatto è certamente aggravato dal peso del mosaico e dalla posizione verticale, entrambe cause cui può essere ricondotto lo scorrimento verso il basso dello strato più superficiale di malta e tessere. Per avere un quadro esaustivo sulle effettive condizioni dell’opera, è stata prevista una nuova campagna di indagini diagnostiche, effettuate dall’Università del Molise e dal CRACS (Center for Research on Archaeometry and Conservation Science); le indagini interesseranno anche la fase esecutiva del restauro. Un’attenzione particolare riguarderà, inoltre, le condizioni microclimatiche ed ambientali, non soltanto per comprenderne l’eventuale incidenza nel processo di degrado del mosaico, ma soprattutto per individuare le migliori condizioni espositive future, in termini di illuminazione e parametri termoigrometrici. Il progetto di restauro, connotato dal principio del minimo intervento e finalizzato alla conservazione dell’integrità materiale dell’opera nello stato in cui si trova, si articolerà in due fasi diverse: tra i due momenti, sarà effettuata la movimentazione del mosaico. La movimentazione si rende necessaria per esplorare la parte retrostante la battaglia di Isso, verificare lo stato del supporto e definire compiutamente gli interventi conservativi complessivi da realizzare.

“Con l’avvio, nel 2021, del restauro del Mosaico di Alessandro, scriviamo insieme una pagina importante nella storia del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e quindi della conservazione dei beni culturali. Sarà un restauro grandioso, che si compirà sotto gli occhi del mondo. Un viaggio entusiasmante lungo sette mesi ci attende: dopo il minuzioso lavoro preparatorio, studiosi ed esperti si prenderanno cura con le tecniche più avanzate del nostro iconico capolavoro pompeiano, raffigurante la celebre battaglia di Isso. La tecnologia e le piattaforme digitali ci consentiranno di seguire le delicatissime operazioni, passo dopo passo, in una sorta di ‘cantiere trasparente’, come mai accaduto prima. Per realizzare una operazione così ambiziosa e complessa è stata attivata dal MANN una rete di collaborazioni scientifiche e di partnership di grande prestigio“, commenta il Direttore del MANN, Paolo Giulierini.
Nel mosaico compaiono Alessandro, la Medusa che decora la corazza e il muso del cavallo “Bucefalo” – (testa di bue). E’ anche presente Dario Oxyathres, trafitto dalla lancia di Alessandro mentre il suo cavallo è a terra ferito. A destra i soldati persiani con al centro Dario, il re è in piedi su una quadriga che travolge un uomo già ferito, come i tanti i travolti dall’esercito macedone. L’opera è anche nota come La battaglia di Isso. La scena raffigura la battaglia del 333 a.C. tra Alessandro Magno e Dario III, re di Persia. Alessandro Magno è giovane e dall’espressione fiera con capelli mossi dal vento ed occhi grandi, definito il Grande per le sue conquiste. Alessandro e Dario III si scontrarono anche in altre occasioni: nel 334 presso il Granico, quindi a Isso nel 333 ed a Guagamela nel 331 a.C.. Gli storici, a causa delle aste delle lance molto lunghe e la testa di Alessandro spoglie dell’elmo, hanno individuato nel mosaico la Battaglia di Isso ed è la raffigurazione di una concitata scena nel momento di battaglia.

In oltre un secolo, il “Mosaico dei record” ha catturato, con la sua bellezza magnetica, l’attenzione dei visitatori di tutto il mondo: dietro il fascino di un’opera senza tempo, si sviluppa il lavoro di scienziati ed esperti per garantire manutenzione e conservazione del nostro capolavoro. L’attività di restauro del mosaico è ontologicamente complessa: conservazione, collocazione, peso (verosimilmente sette tonnellate) e rilevanza storico-artistica del manufatto enfatizzano la necessità di un progetto esecutivo puntuale e delicatissimo. Il mosaico di Alessandro presenta, infatti, diverse criticità conservative, consistenti sostanzialmente in distacchi di tessere, lesioni superficiali, rigonfiamenti ed abbassamenti della superficie. In particolare, la zona centrale destra è affetta da una visibile depressione; rigonfiamenti puntuali sono presenti lungo il perimetro del mosaico, probabilmente dovuti a fenomeni di ossidazione degli elementi metallici dell’intelaiatura lignea posta in opera durante il trasferimento del 1916. Sono presenti, inoltre, microfratture ad andamento verticale e orizzontale, nonché una lesione diagonale, già oggetto di velinatura nel corso di precedenti restauri. Negli ultimi venti anni, la necessità di un restauro complessivo si è resa chiara grazie anche alle indagini diagnostiche eseguite: alle ragioni conservative si sono associate le esigenze di una migliore lettura organica dell’opera.
E’ evidente che la parte sinistra dell’opera è quella più danneggiata.
Non vi sono totali certezze ma attribuzioni: per una prima ipotesi il mosaico è ispirato ad un dipinto del IV secolo a.C di Filosseno di Eretria; un’altra ipotesi lo identifica come un originale greco, staccato e portato a Roma. Il mosaico non è integro ma è maestoso e gli esperti gli attribuiscono oltre due milione di tessere, di cui oggi ne contiamo almeno un trenta per cento in meno.. Di seguito alcuni dettagli.
L’opera visibile si compone di oltre un milione e seicentomila tessere di varia misura e che coprono una superficie di oltre 3 metri in verticale e quasi 6 metri in orizzontale. Le piccole tessere sono composte da pochi colori predominanti (rosso, bianco, giallo ed un bluscuro) e seguono la tecnica dell’opus vermiculatum, i cui primi esempi sono presenti in molte opere del 200 a.C. esposte nel museo greco-romano di Alessandria d’Egitto.
Fotoservizio e video a cura di Maurizio De Costanzo – The Way Magazine