La critica gastronomica va presa molto seriamente se in fondo a un pezzo giornalistico c’è la firma di Valerio Visintin. Temutissimo e ammiratissimo per la sua indipendenza (non si conosce la sua faccia), a Milano Visintin prima del lockdown ha imposto uno stile di amabile obiettività che rappresentava uno status già solo per il fatto di essere presi in considerazione da una penna di tal raffinatezza. Tutto fa il giudizio: il piatto, la tavola, l’ambiente. Ora in webcam con il primo corso online tenuto dal noto critico mascherato del Corriere della Sera, con una serie di appuntamenti che partono il 14 maggio, Valerio racconterà questa professione e i suoi scenari articolati, la deontologia e la modalità di questa di questa professione.
Si chiama “Scrivere food” (3 lezioni, 2 ore ciascuna), per iniziare a muovere i primi passi nel mondo della critica gastronomica. I temi trattati riprendono alcuni degli argomenti portanti di “Scrivere di gusto”, scuola di critica gastronomica etica. Per Visintin arriva in un momento appropriato “perché saremo sempre affamati di informazione”.
Valerio come hai pensato di calare la maschera sulla tua professione?
La piattaforma che hanno scelto è Zoom già usata da me per delle lezioni per l’università Suor Orsola Benincasa a Napoli. Cercherò di essere esaustivo in ogni appuntamente di un’ora e mezza su com’è lo stato dell’arte della critica gastonomica. Voglio raccontare il mondo del food e poi mettere alla prova i partecipanti con esercizi.
Sai che ti addentri in un ambito insolito? Ormai la critica nel giornalismo sembra scomparsa…
Purtroppo la critica gastronomica non esiste. Esisteva una volta, per ragioni legate anche alle condizioni economiche dell’editoria è ormai svanita. C’è anche una costruzione piramidale dei rapporti tra giornalisti e soggetti da recensire. Ci sono troppe connessioni tra giornalisti, sponsor e cuochi, io reputo questo scambio di influenze improprio. Queste sono entità che non dovrebbero essere in contatto.
Cosa si legge di questi tempi in questo ambito?
Non leggiamo mai una critica gastronomica, leggiamo piuttosto delle lodi infinite. Spesso sono descrizioni dei piatti che passano o la vita dello chef ma la critica dovrebbe tener conto di vari fattori e di come è costruito il menù, per esempio.
Sai di essere il solo in questo?
Sono un unicum, forse è vero, ma credo deontologicamente sia una posizione etica corretta. Se l’articolo viene pagato pochi euro è normale che il giornalista sia disposto a regali o a recepire lusinghe.
Hai pubblicato diverse guide con l’apporto di giovani che hai allevato professionalmente. Sei ancora in contatto con loro?
Quasi tutti li sento ancora. Se non ci fosse stato questo stop, con i ragazzi avrei continuato a fare corsi e avremmo potuto avviare il magazine su cibo e agricoltura che avevamo in mente di lanciare. Voglio parlare della filiera in una maniera diversa e spero di riprenderlo a breve.
La ristorazione è tornata a essere centrale nel dibattito post-lockdown. Come si risolve secondo te questo grande congelamento?
Anche io come molti mi chiedo come sia possibile riaprire in Italia in queste condizioni attuali, probabilmente si può ricominciare ad aprire, ma non è come calare il sipario sull’emergenza. Bisogna fare gradualmente dei passi e non inciampare come è successo con i bar aperti, forse gestita con molta ingenuità. Non vorrei che accadesse la stessa cosa coi ristoranti. Bisogna pianificare la sanificazione ogni volta che si entra in bagno o lo stoccaggio delle merci fuori dalla cucina. Una serie di problemi sui quali non abbiamo avuto indicazione. Capisco che ci sia preoccupazione e disagio, ma capisco pure che i ristoratori siano parte di una categoria che si fa molto sentire e quindi a molti sta antipatica.
Il food delivery risolleverà il settore?
Il problema del delivery è l’uso di plastica e degli imballaggi. Ho scoperto che a Verona c’è il cuoco campano Fabio Tammaro che si sta occupando di questo argomento e ha avviato utilizzo di confezioni bio ed eco-compatibili. Per una consegna si stima però un aggravio anche di 4 o 5 euro e quindi in questo caso un aiuto potrebbe essere determinante a rimettere in moto il comparto rispettando quello che avevamo raggiunto come consapevolezza. Non è che col Coronavirus ci dimentichiamo come eliminare la plastica. E il vetro, come dicono al ristorante stellato Innocenti Evasioni, pur essendo ingombrante e pesante, costa poco, e si può riciclare.
Nella ristorazione è proprio vero che nulla sarà come prima. Sei d’accordo?
Il mondo della ristorazione può cambiare ma io farò lo stesso il mio lavoro e le regole saranno uguali, magari i primi tempi applicherò un supplemento di indulgenza. Sai, le difficoltà le abbiamo tutti, nessuno è escluso, anche noi giornalisti. Mi rendo conto che è un settore che piange perché vale 85 miliardi di euro. Mi aspettavo comunque che ci fosse più solidità. Invece molti dei grandi chef già dopo due mesi di fermo hanno iniziato a piangere miseria.
Come te lo spieghi?
Erano già un sacco in crisi da prima, è l’unica spiegazione. Perché questo è un mercato drogato, parlo soprattutto per Milano. Una città che aveva nel 2015 4mila ristoranti e da quel momento a oggi ne ha avuto 9mila. Si tratta di un incremento davvero considerevole e ora si sono rotte le regole. Mi vien da pensare che in questo calderone si sono nascoste molte magagne.
Ci sono delle altre responsabilità?
C’era molta fuffa, diciamocelo. Il mercato era alterato, i media erano euforici, non si mangiava bene ovunque e per il rapporto numerico le eccellenze erano proprio poche. Chi scrive o chi fa le Instagram stories sui posti nuovi dove si mangia proiettava un’impressione fallace. Pompare, soprattutto a Milano, questo settore era diventato un mestiere. Che ha reso per un po’, visto che l’aspettativa media di vita di un nuovo ristorante era di 18 mesi.
Cosa dirai agli entusiasti aderenti al tuo corso di scrittura del food?
Che la girandola di novità riprenderà ma forse è il caso di spostare il focus. I ristoratori devono capire che non si può aprire pensando di dover conquistare i media. Occorre lavorare bene, in primis. E i giornalisti del food devono capire che enfatizzare solo per sperare di essere pubblicati non fa bene alla professione. Non si può essere prolunghe degli uffici stampa. Anche perché quando si riaprirà tutto il pericolo che il circolo vizioso si ripresenti è forte. Saremo tutti più in diffcioltà, più affamati di prima.
Parli di riaperture, ma chi se le potrà permettere?
Mi sembra duro ammetterlo ma è così: si salveranno solo i proprietari delle mura, i ristoranti a conduzione famigliare e chi ha un buon giro di guadagno.
Il docente
Valerio M. Visintin è critico gastronomico del “Corriere della Sera” da 30 anni. Premio Ischia per la “narrazione enogastronomica” nel 2017, ha scritto guide ai ristoranti, opere di narrativa e saggistica. Visita i ristoranti in incognito: chef, camerieri e osti non conoscono il suo volto e, nelle occasioni pubbliche, si presenta mascherato da uomo nero.
I contenuti
Si parte con una panoramica sullo scenario della ristorazione e sul settore gastronomico per arrivare a conoscere gli strumenti del mestiere del critico: la recensione, le guide, i blog. Le lezioni, in video conferenza con il docente, alterneranno teoria e pratica.
Quando
Giovedì 14 maggio – 21 maggio – 28 maggio. Dalle ore 18:00 alle 20:00.
Dove
A casa, attraverso il proprio pc, tablet, cellullare, sulla piattaforma Zoom.
L’organizzatore
Editrice Bibliografica è una casa editrice che si occupa di formazione nel settore editoriale e bibliotecario. Da più di quarant’anni lo fa con pubblicazioni di saggi e manuali, da oggi anche con i corsi online per aspiranti scrittori e operatori del mondo editoriale.
Iscrizioni
Iscriversi è semplice, basta seguire la procedura di acquisto sul sito: https://bit.ly/CorsoVisintin
Costo: 120 euro. Per ulteriori informazioni scrivere a corsi@bibliografica.it