Era il 1983 quando sul palco di Sanremo il cantante Vasco Rossi in uno dei suoi brani più famosi intonava questi versi: ‘voglio una vita spericolata, voglio una vita come quella di Steve McQueen’. Quando questa canzone venne pubblicata in Italia, il leggendario attore hollywoodiano era già scomparso da tre anni a causa di un raro tumore, che lo aveva colpito nel 1979. Era il 7 novembre del 1980 quando se ne andò a soli 50 anni. Come altri tre suoi grandi colleghi, che abbiamo omaggiato in un articolo di due mesi fa, era nato anche lui nel 1930, ma il giorno 24 marzo a Beech Grove nella Contea di Marion dello Stato dell’Indiana.
Quindi, per lui, in questo 2020 c’è una duplice ricorrenza da celebrare: 40 anni dalla sua scomparsa e 90 anni dalla sua nascita.
Eppure, nel breve verso del brano di Vasco Rossi c’è tutta la sintesi dell’esistenza stessa dell’attore americano. Figlio di uno stuntman, che lo abbandonò quando era piccolo, Terence Steven MCqueen, questo il suo nome per esteso, iniziò presto la sua vita ribelle senza ancora sapere di cosa voler fare del suo futuro. All’età di 14 anni entrò a far parte di una gang di strada e la madre, l’unica rimasta a badare a lui, lo mandò in un istituto di correzione. Dopo questa esperienza cambiò vita decidendosi di arruolarsi nei Marines, rimanendovi fino al 1952. Tre anni più tardi le sue idee incominciarono ad essere più chiare: frequentò l’Actor Studios e sempre nello stesso si fece notare sui palcoscenici di Broadway.
L’esordio sul grande schermo avvenne un anno dopo, con un cult dal titolo: ‘Lassù qualcuno mi ama’. A seguire fu ingaggiato solo per B-movie. In modo particolare ne interpretò uno che quasi nell’immediato divenne un cult: Blob – Il fluido che uccide. La consacrazione, però, giunse qualche anno più tardi e anche in quel caso era l’assoluto protagonista, insieme ad altri pezzi grossi di Hollywood, di un western entrato nella storia del cinema: I magnifici sette. In quell’occasione divise le scene con gente del calibro di Yul Brynner, Robert Vanghun ed un altrettanto giovanissimo Charles Bronson. In quella pellicola aveva poche battute ma era in tutte le scene mostrando la sua forte personalità davanti alla macchina da presa.
Una personalità da anti-eroe e con atteggiamento spericolato mostrato, a più riprese, anche nella vita privata. La sua più grande passione erano i motori e venne confermata anche attraverso le sue abilità come pilota; mostrate per la prima volta, nel 1963, sul grande schermo con La Grande Fuga. Anche in quell’occasione lavorò con i grandi di Hollywood.
Cinque anni più tardi il regista Peter Yates gli fece guidare una Ford Mustang del 1968 per la pellicola Bullit del 1968. In quell’occasione divenne l’assoluto protagonista del primo inseguimento della storia del cinema. C’è di più: nel ruolo del protagonista, un poliziotto, si narra che lo stesso attore non si sentiva adatto a causa delle sue disavventure giovanili proprio con la legge. La sua interpretazione fu ugualmente convincente ed altrettanto iconica.
Ma i ruoli iconici di Steve McQueen sono talmente tanti che si potrebbe andare all’infinito menzionando Gateway del 1972, dove incontrò la sua futura seconda moglie dopo un primo matrimonio andato male, Ali MacGraw; e nel 1973, in coppia con Dustin Hoffman, recitò nel mitico Papillon. Per non dimenticare, poi, quando divise le scene con Paul Newman, nel 1974, nella pellicola L’inferno di cristallo. In quel frangente volle recitare lo stesso numero di battute di Paul, più gli stessi minuti. Lo schema si è poi ripetuto molti anni dopo con Al Pacino e Robert De Niro.
Nonostante abbia vissuto solo per cinquanta primavere, il suo mito, la sua leggenda, ancora oggi, non tramontano; grazie proprio al suo temperamento che lo ha contraddistinto nel corso del suo percorso, anche il gruppo musicale Prefab Sprout intitolò un long playing con il suo nome (era il loro secondo disco nel 1985) e, nel 2002, la cantante Sheryl Crow con il singolo omonimo.
Restano di lui l’allure trasgressivo, l’immagine che ha dato a tanti sport agonistici da corsa e tanti ripescaggi della sua persona, non ultimo quello famoso dello sport Ford Puma e la linea di abbigliamento di Triumph Motorcycles Ltd.
Testo a cura di Vincenzo Pepe.
In foto d’apertura: “In The Life: Steve McQueen” libro di Dwight Jon Zimmerman (2017) disponibile sui negozi online.